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Patto di Stabilità e Crescita, i nuovi orientamenti della Commissione europea

Lo scorso 9 novembre, la Commissione europea ha adottato una comunicazione in cui ha enunciato un nuovo quadro di governance economica per l’UE. Quali novità?


Il dibattito politico sul quadro relativo alla governance economica dell’Unione Europea (UE) ha assunto – specie negli ultimi anni – una posizione di assoluta rilevanza, soprattutto alla luce delle sfide che hanno caratterizzato il panorama comunitario a partire dal 2008, con l’avvento della Grande Recessione. Sin dall’entrata in vigore del Trattato di Maastricht del 1992, il quadro in esame ha contribuito a creare le condizioni per la stabilità economica, per la crescita economica sostenibile e per l’aumento dell’occupazione, pur dimostrandosi non adeguato – in termini di strumenti e di procedure – ad affrontare le sfide economico-sociali passate.

Per tale ragione, la Commissione europea ha ritenuto necessario avviare – già a partire dal 2020 – un riesame delle norme che lo compongono, nel tentativo di incrementarne l’efficacia e l’idoneità applicativa, in relazione allo status economico dei singoli Stati membri dell’UE, in particolare quelli facenti parte dell’Eurozona. Il nuovo ciclo politico che ne è scaturito si è articolato attraverso l’analisi dei principali elementi che costituiscono il quadro della governance economica comunitaria, come il Patto di Stabilità e Crescita (PSC).

Cos’è il Patto di Stabilità e Crescita?

Approvato dal Consiglio europeo di Amsterdam del 16 e 17 giugno 1997, il PSC rappresenta il principale corpus normativo che disciplina la governance economica dell’Unione e che venne adottato in virtù dell’esigenza di prevedere per gli Stati membri un quadro giuridico più cogente in materia finanziaria. Tale strumento consta di diversi atti legislativi comunitari, che hanno subito – nel corso degli anni e in relazione agli shock finanziari passati – diverse modifiche.

Con riguardo alla struttura, il PSC poggia su un’articolazione bifronte che include un novero di norme volte a governare il coordinamento delle politiche fiscali dei Paesi dell’UE, con l’obiettivo di salvaguardare una finanza pubblica solida. Nel dettaglio, da un lato sussiste il braccio preventivo, che supporta gli Stati membri nel perseguimento di politiche fiscali sane e virtuose, attraverso la previsione di un obiettivo di bilancio che tenga conto delle evoluzioni del ciclo economico; dall’altro lato vi è il braccio correttivo, tramite il quale vengono stabilite le azioni che i Paesi devono intraprendere nel caso in cui il loro debito pubblico o disavanzo di bilancio venga considerato eccessivo.

Attualmente, le norme del PSC risultano sospese, poiché la Commissione europea ha proposto, il 20 marzo 2020, l’attivazione della clausola di salvaguardia generale (general escape clause) nell’ambito della strategia adottata al fine di prevedere una risposta rapida, decisa e coordinata all’emergenza epidemiologica del Coronavirus (SARS-CoV-2).

I nuovi orientamenti della Commissione europea

Sulla scorta del dibattito occorso in sede comunitaria e delle criticità emerse durante i precedenti shock finanziari – Grande Recessione e crisi dei debiti sovrani – e l’emergenza pandemica, la Commissione europea ha adottato, lo scorso 9 novembre, una Comunicazione in cui ha delineato gli orientamenti per una riforma del quadro di governance economica dell’UE, con l’obiettivo di rafforzare la sostenibilità del debito e promuovere una crescita sostenibile e inclusiva attraverso investimenti e riforme.

In particolare, nella propria proposta di modifica del PSC, l’esecutivo comunitario ha suggerito il passaggio a un quadro di sorveglianza dell’UE trasparente e basato sul rischio, che operi una distinzione tra gli Stati membri tenendo conto delle rispettive situazioni concrete in materia di debito pubblico; strategia, questa, con cui l’Istituzione dell’Unione intende dare attuazione ad un processo più coerente, equo e semplificato rispetto a quanto accadeva in passato, dove vi era una stringente applicazione – priva di flessibilità alcuna – dei valori di riferimento contenuti all’interno del Protocollo (n. 12) sulla procedura per i disavanzi eccessivi allegato ai Trattati UE, ossia il 60% del rapporto debito pubblico/Pil e il 3% del rapporto deficit/Pil.

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La procedura

Secondo quanto previsto dalla Comunicazione sopra indicata, la Commissione europea avrà il compito di presentare percorsi di aggiustamento del bilancio quadriennali in relazione a ciascun Stato membro alle prese con problemi di debito significativi o di media entità, garantendo una roadmap discendente plausibile e il mantenimento del rapporto deficit/Pil al di sotto del valore di riferimento del 3%. In tale analisi, l’Istituzione comunitaria avrà, quale unico indicatore operativo, la spesa primaria netta, ossia quella soggetta al controllo di un Governo; indicatore, questo, che dovrà essere considerato sia in relazione alla definizione del percorso di aggiustamento, sia in sede di sorveglianza annuale del bilancio.

Delineati i percorsi sopra menzionati, spetterà i Paesi UE presentare piani strutturali nazionali di bilancio che illustrino le diverse tappe da raggiungere a medio termine e gli impegni prioritari in materia di riforme e investimenti pubblici. In tale ottica, tuttavia, gli Stati membri avranno la possibilità di prorogare il percorso di ulteriori 3 anni, purché tale richiesta sia supportata da un novero di riforme ed investimenti che favoriscano la sostenibilità del debito e rispondano alle priorità e agli obiettivi comuni dell’UE.

Completata la redazione dei piani strutturali nazionali, la Commissione europea procederà alla relativa valutazione e, in caso di parere positivo, verranno sottoposti all’approvazione del Consiglio dell’UE. Durante la vigenza dell’esecutività di tali piani, inoltre, l’esecutivo comunitario dovrà assicurare un monitoraggio continuo in merito alla loro attuazione, con gli Stati membri che saranno tenuti a presentare annualmente una relazione sui progressi ottenuti, così da facilitare la sorveglianza della Commissione europea e garantire, per ciò stesso, una maggiore trasparenza nell’espletamento della procedura di aggiustamento dei bilanci.

Le sanzioni

Sebbene i Paesi UE disporrebbero, secondo il progetto della Commissione europea, di un margine di manovra più ampio nella definizione delle rispettive traiettorie di bilancio, l’Istituzione comunitaria starebbe perfezionando alcuni strumenti di esecuzione più rigorosi a livello dell’Unione, per assicurare il rispetto delle regole, come l’attivazione automatica della procedura per i disavanzi eccessivi (PDE), che entrerebbe in funzione solo se uno Stato membro con un rapporto debito pubblico/Pil superiore al 60% dovesse discostarsi dal percorso di spesa concordato.

Si prevede, altresì, una riduzione degli importi previsti a titolo di sanzioni finanziarie, contemperato, tuttavia, da un inasprimento di quelle che incidono in termini di reputazione; fattore, questo, che si aggiunge alla concreta possibilità che il finanziamento derivante dall’UE potrà essere sospeso anche nel caso in cui gli Stati membri non abbiano adottato misure efficaci per correggere il disavanzo eccessivo.

Per finire, nel nuovo quadro di governance economica comunitaria sembrerebbe mancare il riferimento all’obbligo previsto dall’art. 4 del “Trattato sulla Stabilità, il Coordinamento e la Governance nell’Unione Economica e Monetaria” (TSCG o Fiscal Compact), secondo cui «quando il rapporto tra il debito pubblico e il prodotto interno lordo di una parte contraente supera il valore di riferimento del 60% di cui all’articolo 1 del protocollo (n. 12) sulla procedura per i disavanzi eccessivi, allegato ai trattati dell’Unione europea, tale parte contraente opera una riduzione a un ritmo medio di un ventesimo all’anno come parametro di riferimento».

Tra rigorismo e flessibilità

Come si evince da quanto descritto, il nodo nevralgico dell’intero assetto prospettato dalla Commissione europea è costituito dai piani strutturali a medio termine degli Stati membri dell’Unione, con conseguente rafforzamento della titolarità nazionale delle traiettorie di bilancio. Se, da un lato, la nuova architettura delineata dall’esecutivo comunitario ricalca – seppur solamente in parte – il funzionamento del Next Generation EU, i valori di riferimento di cui si è discusso rischiano di divenire un ulteriore ostacolo alla convergenza delle economie dei Paesi UE.

Le crisi che hanno investito l’Unione e i rispettivi Stati membri hanno evidenziato la necessità di progredire all’interno del processo di integrazione europea, dotando l’UE stessa di quelle apposite competenze e di quegli strumenti permanenti essenziali per poter incrementare la relativa resilienza economica: si tratta di rintracciare il giusto bilanciamento tra solidarietà responsabile e flessibilità delle regole.