Grecia, la fine della sorveglianza rafforzata
Lo scorso 20 agosto ha avuto termine il periodo di sorveglianza rafforzata sovranazionale a cui la Grecia è stata sottoposta a partire dal luglio del 2018.
Il 20 agosto 2022 rappresenta una tappa significativa per il processo di ripresa economica della Grecia nell’ambito dell’Eurozona, poiché ha segnato la fine del periodo di sorveglianza rafforzata sovranazionale cui lo Stato ellenico è stato sottoposto in virtù dell’assistenza finanziaria ricevuta – nel contesto del Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) – per far fronte agli effetti negativi derivanti dalla Grande Recessione del 2008 e dalla successiva crisi dei debiti sovrani del 2011.
La Commissione europea, nel suo 14° Rapporto sulla sorveglianza rafforzata sulla Grecia, ha confermato il rispetto, da parte dello Stato ellenico, della maggioranza degli impegni assunti a livello comunitario al momento della sua uscita dal rispettivo programma di assistenza finanziaria nel giugno 2018. A tal riguardo, l’Istituzione europea ha riconosciuto, altresì, la sussistenza delle condizioni necessarie per dare il via libera all’erogazione della settima tranche delle misure relative al debito in funzione delle politiche, pari a 748 milioni di euro.
Gli anni degli shock finanziari
In Europa, nei decenni successivi alla Seconda Guerra mondiale, la disuguaglianza economica che gravava su molti Paesi cominciò a diminuire grazie al sostegno di sistemi di welfare e previdenziali, finanziati da un’imposizione progressiva sui redditi, capaci di attenuare, così, le differenze generate dal mercato. Con il passare degli anni, tuttavia, diversi fattori, come il miglioramento delle condizioni di vita, l’aumento demografico e il crescente aumento dei bisogni, hanno determinato scenari in cui il welfare non è più riuscito ad assolvere la funzione che aveva sino ad allora svolto: ridurre la crescente disparità generata dai mercati.
Lo scenario appena descritto aveva subito un aggravamento a causa del forte livello di indebitamento pubblico in alcuni Stati dell’Unione Europea (UE), che era piuttosto elevato già prima che l’onda della crisi esplosa negli Stati Uniti – la Grande Recessione – investisse l’Europa. L’origine di tale situazione è da rintracciarsi nella combinazione di diversi elementi, come la scelta di procedere all’unificazione monetaria fondata sulla convinzione che la coesistenza di una pluralità di politiche monetarie nazionali ostacolasse il corretto funzionamento del mercato unico ed esponesse molti degli Stati membri a instabilità durante le crisi economiche o valutarie, episodiche o cicliche che fossero.
Per fronteggiare la Grande Recessione e la successiva crisi dei debiti sovrani, tenuto conto dell’insufficienza delle risorse di bilancio dell’UE e dei limiti imposti dal Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) in materia di politica economica, i Capi di Stato e di Governo avevano deciso di agire al di fuori del diritto comunitario, tramite strumenti di diritto internazionale, eludendo così anche la resistenza di alcuni Paesi – in particolare il Regno Unito – non favorevoli all’utilizzo di risorse dell’Unione per aiutare gli Stati dell’Eurozona in difficoltà.
Tra queste rientra proprio il MES, uno strumento permanente di sostegno finanziario volto a salvaguardare la stabilità finanziaria della zona euro nel suo complesso, le cui risorse sono state sottoposte – in termini di erogazione – ad uno stringente criterio di condizionalità.
I programmi di assistenza finanziaria
A partire dal 2010, la Grecia ha beneficiato di tre programmi di salvataggio da parte della Troika, composta da Commissione europea, Fondo Monetario Internazionale (FMI) e Banca Centrale Europea (BCE), erogati tramite prestiti, per un totale complessivo pari a circa 289 miliardi di euro; finanziamenti, questi, che hanno richiesto l’adozione di politiche di austerità molto severe, determinando così il sacrificio della dimensione sociale dello Stato ellenico.
Sebbene l’azione posta a favore della Grecia negli anni delle crisi possa assumere i connotati di una scelta di solidarietà economica, in realtà gli strumenti creati e utilizzati sin dagli albori – come il Meccanismo Europeo di Stabilità Finanziaria (MESF) e il relativo Fondo (FESF) – e i programmi di aiuti sono stati ispirati dal timore che l’urgenza ellenica – soprattutto bancaria – potesse diffondersi negli altri Stati UE, coinvolgendo negativamente i relativi istituti di credito.
Si tenga presente, infatti, che l’aumento del rapporto deficit/PIL sino al 12,5 per cento, annunciato dal governo greco nel 2009, aveva provocato una pesante reazione dei mercati finanziari, con un forte deprezzamento dei titoli di debito pubblico ellenici. Per effetto di questo processo, Atene si è ritrovata nell’impossibilità di emettere nuovi titoli di debito a un tasso accettabile.
L’aver agito al di fuori del diritto comunitario per fronteggiare gli shock finanziari, nonostante vi fosse la possibilità di procedere alla revisione dei Trattati UE per eliminare i relativi vincoli imposti alla solidarietà economica, costituisce un’ulteriore conferma di quanto affermato in precedenza: è vero che l’Unione, per il tramite dei suoi Stati membri, non è rimasta inerte dinanzi agli effetti delle crisi; è altrettanto vero, purtroppo, che le sfide degli anni passati avevano offerto un’occasione – non colta – ai Paesi UE per aumentare la resilienza della propria struttura politico-istituzionale, intervenendo per eliminare quei limiti di governance economica e monetaria che gli shock finanziari hanno rivelato.

Il retaggio della Troika
I programmi di salvataggio posti in essere dalla Troika nel corso del decennio passato in favore di Atene, se da un lato hanno consentito l’erogazione di risorse finanziarie, dall’altro hanno determinato alcuni specifici effetti che ne hanno messo in discussione la funzionalità.
In primo luogo, pur essendo stati adottati per risanare il Paese da quelle gravi condizioni economico-sociali dettate dagli shock finanziari passati, hanno in realtà svolto un ruolo di scudo nei confronti delle banche tedesche e francesi che, a seguito dell’introduzione della moneta unica, si sono esposte in modo poco virtuoso nel territorio ellenico.
In secondo luogo, l’aver subordinato l’erogazione dei fondi al rispetto di rigide logiche di condizionalità economica, mediante la firma di un apposito Memodandum of Understanding (MoU), ha costretto la Grecia a perseguire politiche di austerità che hanno distrutto lo stato sociale del Paese, riducendo altresì il PIL ellenico a 216,2 miliardi di dollari (355,9 nel 2008) e incrementando notevolmente il rapporto debito pubblico/PIL al 200 per cento (110 per cento nel 2012).
Un terzo elemento di criticità, infine, lo si rinviene nei negoziati politici che hanno condizionato i finanziamenti in favore di Atene. A ben vedere, la pervasiva difficoltà economica che ha caratterizzato la Grecia nell’ultimo decennio, ha imposto all’esecutivo ellenico di partecipare alla redazione del MoU con un peso negoziale nettamente inferiore rispetto alla Troika, vedendosi in tal senso obbligato a sottoscrivere delle condizioni rafforzate pur di beneficiare dei programmi di aiuto.
Letta in questi termini, l’azione della Troika e delle Istituzioni che la costituiscono ha assunto i connotati di una vera e propria intrusività nella sovranità della Grecia. Queste dinamiche hanno posto degli interrogativi circa l’idoneità delle modalità del processo di determinazione delle condizioni suddette ad essere qualificate come un’interferenza internazionale negli affari interni dello Stato ellenico.
Prossime tappe
In considerazione dei risultati raggiunti, nonostante gli effetti tanto della pandemia da COVID-19 quanto del conflitto in Ucraina, Atene passerà al ciclo di Sorveglianza Post-Programma (SPP) e del regolare semestre europeo per il monitoraggio della situazione economica, fiscale e finanziaria; circostanza, questa, che consente allo Stato ellenico di riacquistare la piena autonomia nell’attuazione della propria politica economica, dopo anni di austerità in cui i cittadini greci hanno perso circa il 25 per cento del loro reddito.
Le riflessioni sopra riportate consentono di comprendere come l’azione posta in essere in passato dall’Unione abbia fornito i giusti elementi per poter apprendere quella consapevolezza che richiede un ripensamento della governance economica comunitaria, delle regole di bilancio, nonché del regime delle competenze per come sancito nei Trattati UE.
Sebbene la risposta comunitaria alla crisi pandemica abbia costituito un punto di svolta rispetto a quanto accaduto con riferimento alle precedenti sfide, prevedendo per la prima volta l’emissione di debito comune nell’ambito del Next Generation EU (NGEU), i limiti dell’Unione Economica e Monentaria (UEM) richiedono ulteriori scelte coraggiose, volte a dotare l’Unione di maggiori competenze per incrementare la propria resilienza e sfuggire alla logica intergovernativa posta a protezione degli interessi prettamente statali.