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Guerra in Ucraina, i possibili scenari economici per l’Italia

Quali saranno le possibili conseguenze del conflitto tra Russia e Ucraina per l’economia italiana? Analizziamo i vari scenari ipotizzati da Banca d’Italia.


Il primo trimestre del 2022, a livello globale, si è contraddistinto per il perdurare di significativi fenomeni inflazionistici determinati dal manifestarsi di numerosi shock di offerta negativi dovuti alla forte ripartenza post-pandemica dell’economia. La diminuzione dell’offerta di beni – dovuta alla difficoltà a reperire manodopera, ai colli di bottiglia nelle filiere produttive internazionali e alla scarsità delle materie prime – ha provocato, in piena applicazione del modello “Aggregate Supply – Aggregate Demand, lo spostamento verso sinistra della curva di offerta aggregata, il che determina nel medio periodo un nuovo punto di equilibrio a una produzione più bassa e a un livello di prezzi più alto. 



Il conflitto attualmente in corso tra Russia e Ucraina, che si protrae dallo scorso 23 febbraio, sta ulteriormente deteriorando il complesso contesto economico internazionale, acutizzando alcuni fenomeni già presenti e creandone di nuovi:

– l’inasprimento ulteriore dei prezzi dei beni agricoli e delle materie prime, in particolare gas e petrolio;

– le maggiori difficoltà a reperire materie prime, soprattutto quelle provenienti dai Paesi coinvolti nel conflitto;

– la crescente incertezza e volatilità dei mercati finanziari, che potrebbero peggiorare drasticamente in caso di un default della Russia;

– le ripercussioni indirette delle sanzioni applicate alla Russia per quei Paesi che hanno con essa una stretta interdipendenza commerciale ed energetica. Tra le principali economie mondiali, la Germania e l’Italia mostrano la maggiore dipendenza dalle materie prime provenienti dalla Russia; le stesse economie potrebbero, inoltre, essere tra le più colpite, in via diretta e indiretta, attraverso le catene globali del valore, da un blocco delle esportazioni verso la Russia; 

– il significativo incremento dell’incertezza tra gli operatori economici (quantificabile ad esempio tramite l’Economic Policy Uncertainty Index), che penalizza le decisioni di investimento delle imprese e di consumo delle famiglie. 

L’analisi di Banca d’Italia

Il conflitto è giunto al 62esimo giorno e, allo stato attuale, il cessate il fuoco sembra molto lontano. Banca d’Italia, nel suo Bollettino Economico n. 2 – 2022 di aprile, dedica un approfondimento all’impatto della guerra in Ucraina sull’economia italiana sviluppando, con l’ausilio del modello econometrico della Banca d’Italia, tre scenari illustrativi. 

Tali scenari – definiti sulla base di ipotesi tra loro alternative sull’andamento dei prezzi delle materie prime, del commercio internazionale, dell’incertezza e della fiducia di consumatori e imprese, nonché delle forniture di gas naturale – tengono conto:

– delle dinamiche dei prezzi al consumo e all’attività economica più recenti, e in particolare delle stime sul PIL nel primo trimestre dell’anno;

– degli effetti delle misure di politica di bilancio già adottate per contrastare i rincari delle materie prime e quelli dell’evoluzione futura dei tassi di interesse desunti all’andamento recente dei mercati finanziari. 

Di seguito si propongono i tre scenari sviluppati da Banca d’Italia dettagliando, per ognuno di essi, i) le ipotesi di base su cui sono stati costruiti e ii) la crescita del PIL e l’inflazione stimata per il biennio 2022-2023. Per ogni scenario si propone, inoltre, una comparazione di dette stime con quelle formulate, prima dello scoppio del conflitto, nel Bollettino Economico n. 1 – 2022  dello scorso gennaio (il “precedente Bollettino Economico”), al fine di evidenziare al meglio le possibili implicazioni macroeconomiche del conflitto.

Scenario A: il più favorevole

In questo scenario si ipotizza una risoluzione del conflitto entro la prima metà del 2022 che i) conduca a un importante ridimensionamento delle attuali tensioni che sostengono i prezzi delle materie prime e ii) contribuisca a diradare l’incertezza e a sostenere la fiducia. 

Al verificarsi di dette ipotesi, nel secondo semestre 2022, i prezzi del gas e del petrolio dovrebbero attestarsi nuovamente ai livelli attesi all’inizio di gennaio, rendendo di fatto nulli gli incrementi impliciti nelle attuali quotazioni dei futures pari a circa +40 punti percentuali nel 2022 e a circa +50 punti percentuali nel 2023 per il gas e a circa +30 punti percentuali nel 2022 e a circa +20 punti percentuali nel 2023 per il petrolio. L’evoluzione del commercio internazionale si assume in linea con la dinamica alla base delle proiezioni per l’area dell’euro formulate in marzo dagli esperti della BCE

In questo scenario assisteremmo a una crescita del PIL italiano pari al +3,0 per cento nel 2022 e al +3,1 per cento nel 2023. Per quanto riguarda l’inflazione, questa si attesterebbe in Italia al 4,0 per cento nel 2022 e si contrarrebbe fino all’1,8 per cento nel 2023. Tali stime si discostano in modo non troppo significativo da quelle formulate, prima dello scoppio del conflitto, nel precedente Bollettino Economico:

– crescita del PIL: rispetto a quanto precedentemente stimato, si prevede una variazione di -0,8 punti percentuali per il 2022 (+3,0 per cento contro +3,8 per cento) e di +0,6 punti percentuali per il 2023 (+3,1 per cento contro +2,5 per cento);

– inflazione: rispetto a quanto precedentemente stimato, si prevede una variazione di +0,5 punti percentuali per il 2022 (4,0 per cento contro 3,5 per cento) e di +0,2 punti percentuali per il 2023 (1,8 per cento contro 1,6 per cento).

La riduzione della crescita nell’anno in corso sarebbe pertanto ascrivibile principalmente all’andamento peggiore delle attese nel primo trimestre di quest’anno, che rifletterebbe solo parzialmente gli sviluppi seguiti allo scoppio del conflitto.

Scenario B: intermedio

In questo scenario si ipotizza il protrarsi della guerra ben oltre il primo semestre 2022. Infatti, le ipotesi tecniche relative ai prezzi delle materie prime prefigurano un ritorno delle quotazioni su livelli prossimi a quelli medi registrati all’inizio di gennaio 2022 non prima della seconda metà del 2023. Si assume, inoltre, una compressione nei prossimi due anni della domanda estera di beni e servizi italiani (di circa l’1 per cento), ripercussione diretta della prosecuzione della guerra sugli scambi con la Russia e l’Ucraina. Si valuta anche un deterioramento della fiducia e un incremento dell’incertezza, che dovrebbero comunque esaurirsi nei primi mesi del 2023. 

In questo scenario assisteremmo a una crescita del PIL italiano pari al +2,2 per cento nel 2022 e al +1,8 per cento nel 2023. Per quanto riguarda l’inflazione, questa si attesterebbe in Italia al 5,6 per cento nell’anno in corso e si contrarrebbe fino al 2,2 per cento nel 2023. Tali stime si discostano in modo abbastanza significativo (soprattutto nel 2022) da quelle formulate, prima dello scoppio del conflitto, nel precedente Bollettino Economico:

– crescita del PIL: rispetto a quanto precedentemente stimato, si prevede una variazione di -1,6 punti percentuali per il 2022 (+2,2 per cento contro +3,8 per cento) e di -0,7 punti percentuali per il 2023 (+1,8 per cento contro +2,5 per cento);

– inflazione: rispetto a quanto precedentemente stimato, si prevede una variazione di +2,1 punti percentuali per il 2022 (5,6 per cento contro 3,5 per cento) e di +0,6 punti percentuali per il 2023 (2,2 per cento contro 1,6 per cento).

Oltre all’andamento peggiore delle attese nel primo trimestre di quest’anno, la riduzione della crescita è da ricondurre, in particolar modo, agli effetti derivanti dall’aumento dei prezzi delle materie prime; la più elevata inflazione rispecchierebbe pressoché per intero il profilo dei prezzi di queste ultime.

Scenario C: il più severo

In tale scenario – oltre a ipotizzare, come nello scenario B, il prolungarsi delle ostilità – si prende in considerazione l’aggravarsi delle ostilità, determinando una minore disponibilità di gas per l’Italia a seguito un’interruzione totale delle importazioni dello stesso dalla Russia della durata di un anno a partire da maggio 2022.  

Per far fronte a tale interruzione, si ipotizza che nel breve termine si faccia ricorso ad altri fornitori e all’estrazione nazionale in misura tale da compensare, in media nell’anno considerato, circa due quinti delle mancate importazioni dalla Russia. Tale ipotesi determinerebbe una riduzione di circa il 10 per cento della produzione del settore della fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata. Ciò comporterebbe una diminuzione del valore aggiunto complessivo dell’economia di circa -1,5 punti percentuali. Una tale perdita diretta di produzione avrebbe dei risvolti indiretti anche in termini di occupazione, redditi e quindi di domanda aggregata. 

La più bassa disponibilità di gas determinerebbe, molto probabilmente, anche un significativo incremento degli effetti riconducibili agli altri canali di trasmissione. Si ipotizza, infatti, che i prezzi del gas e del petrolio dovrebbero attestarsi a livelli molto più elevati di quelli attesi all’inizio di gennaio e ben oltre gli incrementi impliciti delle attuali quotazioni dei futures.

Nello specifico, si stima un rialzo dei prezzi pari a circa +130 punti percentuali nel 2022 e a +90 punti percentuali nel 2023 per il gas e a circa +40 punti percentuali nel 2022 e a +30 punti percentuali nel 2023 per il petrolio. Si valuta, inoltre, che la prosecuzione del conflitto comporti un significativo incremento dell’incertezza e una maggior perdita di fiducia di consumatori e imprese, simili a quelli registrati nei maggiori episodi recessivi recenti. 

L’ultima ipotesi alla base di un tale scenario così avverso riguarda la contrazione della domanda estera dell’Italia, pari a circa il -2,5 per cento nel biennio 2022-2023, che determinerebbe un significativo peggioramento del conto delle partite correnti. Tale stima prende in considerazione sia l’impatto diretto di una contrazione della domanda proveniente dalla Russia e dall’Ucraina, che si ipotizza pari al 50 per cento, sia un più generale rallentamento del prodotto globale e del commercio mondiale.

In questo scenario non assisteremmo ad alcuna crescita del PIL italiano, bensì a una diminuzione pari a circa -0,2 per cento nel 2022 e pari a circa -0,5 punti percentuali nel 2023. Per quanto riguarda l’inflazione, questa si attesterebbe in Italia circa al 7,8 per cento nel 2022 e si contrarrebbe fino al 2,3 per cento nel 2023. Tali stime si discostano in modo molto significativo da quelle formulate, prima dello scoppio del conflitto, nel precedente Bollettino Economico:

– crescita del PIL: rispetto a quanto precedentemente stimato, si prevede una variazione di -4,0 punti percentuali per il 2022 (-0,2 per cento contro +3,8 per cento) e di -3,0 punti percentuali per il 2023 (-0,5 per cento contro +2,5 per cento);

– inflazione: rispetto a quanto precedentemente stimato, si prevede una variazione di +4,3 punti percentuali per il 2022 (7,8 per cento contro 3,5 per cento) e di +0,7 punti percentuali per il 2023 (2,3 per cento contro 1,6 per cento).

Le conseguenze dirette e indirette del conflitto sull’economia italiana dipenderanno anche in larga misura dalle politiche economiche che potranno essere adottate per contrastare le spinte recessive e frenare le pressioni sui prezzi evidenziate negli scenari presentati da Banca d’Italia. 


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