Economia e Diritto

I Fondi interprofessionali, un’opportunità per le aziende

Oggi per le aziende, i Fondi paritetici interprofessionali sono uno strumento significativo per incrementare il proprio know-how senza alcun onere aggiuntivo.


Il rapido e continuo sviluppo delle realtà aziendali, l’inarrestabile progresso tecnologico e la necessità di orientare il cambiamento organizzativo, impongono un costante allineamento delle competenze con standard qualitativi in continua evoluzione. Le competenze diventano infatti obsolete molto in fretta ed è indispensabile per ciascun lavoratore avere accesso a programmi professionalizzanti flessibili e inclusivi. 

La crisi pandemica ed economica ha reso ancor più necessario il consolidamento di quella che si può definire “cultura formativa”, atta a garantire il diritto alla formazione continua di ogni lavoratore, indipendentemente dalla propria condizione contrattuale, e adeguare le competenze riducendo le disomogeneità esistenti sia tra categorie produttive che tra Stati Membri.

Infatti, uno dei problemi per il quale l’Italia è stata più volte richiamata a livello europeo è proprio il gap nella partecipazione alle attività formative da parte dei lavoratori. Secondo l’ultimo rapporto pre-pandemia BES ISTAT 2019, l’Italia occupa solo il 18° posto, con un tasso dell’8,1% di individui che partecipano ai programmi di formazione continua, contro l’11,1% della media europea. Lo stesso rapporto del 2020 non appare più incoraggiante, attestando al 7,2% il tasso di partecipazione, diretta conseguenza delle disposizioni nazionali per il contenimento della pandemia.

Formazione e lavoro sono un binomio imprescindibile per acquisire e consolidare conoscenze nuove e permeare così in un mercato del lavoro sempre più esigente. In questo contesto, la formazione finanziata rappresenta per le aziende una notevole opportunità di crescita che, se colta sapientemente, permette la fruizione di corsi di formazione e sviluppo grazie all’adesione a uno dei Fondi interprofessionali ad oggi attivi. 

Cosa sono i Fondi interprofessionali

I fondi paritetici interprofessionali sono organismi istituiti per finanziare la formazione continua di lavoratrici e lavoratori delle aziende che intendono aderirvi (art.118 della L. 388/2000 e smi). 

La costituzione dei Fondi interprofessionali risale all’accordo del 1993 tra Governo e Parti Sociali, sancito poi nei successivi accordi tripartiti del 1995-1996 nei quali è già individuata la loro funzione chiave per lo sviluppo delle imprese attraverso la formazione continua. 

Tali accordi divengono norma nel 1997, con l’emanazione della legge 196. Ed è nell’art. 17 – riordino della formazione professionale – che l’attività formativa viene identificata «quale strumento per migliorare la qualità dell’offerta di lavoro, elevare le capacità competitive del sistema produttivo, in particolare con riferimento alle medie e piccole imprese e alle imprese artigiane e incrementare l’occupazione» (art. 17, comma 1, lett. a).

Tuttavia, è solo nel 2000 che si ha una disciplina legislativa che avvia ad una organica costituzione dei Fondi, ad opera dell’art. 118 della Legge n. 388/2000 (Finanziaria per il 2001), modificato poi dall’art. 48 della Legge n. 289/2002 (Finanziaria per il 2003). 



Tale normativa prevede che i Fondi interprofessionali siano istituiti tramite Accordi interconfederali stipulati dalle Organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano nazionale e affida alle Parti sociali, e alla loro bilateralità, la gestione di una quota del contributo obbligatorio contro la disoccupazione involontaria versato dalle singole imprese

Effettivamente operativi dal 2003, i Fondi possono finanziare in tutto o in parte progetti di formazione continua presentati dalle imprese, senza che esse incorrano in ulteriori oneri a loro carico. Difatti, le imprese versano ordinariamente una quota quale “contributo integrativo per l’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria”, pari allo 0,30% della retribuzione lorda per ciascun dipendente, all’Istituto di Previdenza Sociale tramite modello UNIEMENS (art.25 della L. 845/1978) nel quale sono raccolte tutte le informazioni retributive e contributive a livello individuale per ogni lavoratore. Le quote, in questo modo, saranno stanziate al c.d “Fondo per la disoccupazione”.

Il singolo datore di lavoro ha però la possibilità di scegliere di destinare diversamente le suddette quote: iscrivendo la propria azienda ad uno dei Fondi Interprofessionali operativi (ad oggi 19), investendole in formazione per i dipendenti, puntando alla qualificazione del personale interno e a una conseguente implementazione della loro competitività coerentemente con le strategie aziendali. La formazione, quindi, è intesa come investimento utile e mai un costo, esordio di un efficiente sistema di welfare aziendale. 

L’adesione al Fondo interprofessionale è totalmente volontaria, gratuita e revocabile, espressa tramite flusso UNIEMENS. Con l’iscrizione, la quota dello 0,30% del salario dei propri dipendenti che le imprese versano all’INPS, sarà destinato al Fondo interprofessionale scelto. Nello specifico, sarà l’INPS – in qualità di tesoriere – a raccogliere e trasferire i suddetti contributi al Fondo eventualmente indicato, il quale dovrà finanziare le attività formative dell’azienda aderente.

Come avviene l’erogazione del finanziamento

Il finanziamento dei progetti formativi avviene sulla base del criterio di redistribuzione delle risorse versate dalle aziende aderenti. È il Fondo stesso che stabilisce la modalità di erogazione del finanziamento ma generalmente, le aziende aderenti possono disporre di tre distinte modalità:

– Modalità avvisi e conti di sistema: attraverso gli avvisi, che possono essere territoriali o settoriali, le imprese che godono dei requisiti richiesti possono presentare un progetto che verrà poi valutato dal Fondo stesso. Questa modalità risulta più congeniale per imprese di minori dimensioni, poiché gli avvisi spesso aggregano un elevato numero di piccole imprese che quindi vedono finanziato un progetto formativo di importo superiore a quello realmente accantonato. Questa modalità, dunque, esprime in toto la finalità mutualistica del Fondo. 

– Modalità conto formazione o conto individuale: qui confluisce la maggior parte delle risorse accantonate. Esso si riferisce alle imprese di maggiori dimensioni che accumulano di conseguenza un più importante volume di contributi. Le imprese possono attivarlo presentando direttamente le loro proposte formative condivise, attingendo ad interventi ad hoc.

– Modalità voucher: alcuni fondi interprofessionali mettono a disposizione dei veri e propri voucher formativi individuali. Le imprese aderenti possono acquistare singoli corsi professionali ed offrire ai propri dipendenti la possibilità di usufruirne. 

Quali sono le attività formative

Per quanto riguarda il contenuto delle attività formative, il ventaglio è molto ampio ed è basato su aree di intervento, comprendendo sia tematiche di generale interesse come la sicurezza sul lavoro, la privacy o l’acquisizione di competenze informatiche, che quelle di più specifico riferimento come contabilità, paghe, utilizzo di applicativi gestionali specifici, fatturazione elettronica, certificazioni ISO, innovazione dei processi, digitalizzazione e innovazione tecnologica. 

I fondi interprofessionali hanno anche notevolmente adeguato le loro attività formative, dapprima principalmente svolte in presenza, adesso mediante anche apprendimento a distanza o la più interattiva modalità e-learning, rispondendo così alle nuove esigenze legate principalmente all’emergenza sanitaria. 

Essi rappresentano ad oggi il principale strumento di sostegno alle iniziative di formazione che, ponendosi nella qualità di interlocutori privilegiati, fanno sì che le imprese possano ricoprire il ruolo di attivo motore di ripresa economica.

La formazione cambia, si evolve, così come si evolve la nostra società e il mercato del lavoro. Ci troviamo di fronte ad una sfida di fondamentale importanza: affrontare la crisi economica cogliendo l’opportunità di intendere la formazione come concreta leva di occupabilità in un panorama lavorativo in continua evoluzione, cosicché investire sul capitale umano non sia uno slogan accattivante, ma imperativo aziendale per aumentare la competitività valorizzando l’acquisizione di competenze nuove e trasversali.

Lilly Di Nolfo

Redazione

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