Ucraina: la guerra di Caino. Intervista a Mario Corti

Dalla pagina de L’Ora – Edizione straordinaria, un’intervista di Claudia Palazzo a Mario Corti, ex direttore del Servizio Russo della leggendaria emittente statunitense Radio Free Europe/Radio Liberty. Negli anni più caldi della Guerra Fredda fino ai tragici anni ’90 dell’URSS si è anche occupato di Samizdat e dissenso sovietico.


Per cominciare, facciamo chiarezza: cosa sta succedendo in Ucraina?

Nelle ultime settimane abbiamo sentito le opinioni di analisti, opinionisti, dei cosiddetti Russlandversteher. Ridevano delle previsioni Usa, ci rassicuravano che Putin non avrebbe mai attaccato l’Ucraina. Poi ci hanno detto che si sarebbe limitato ad appoggiare le due repubbliche di Luhansk e Doneck. Al massimo avrebbe preso le città di Mariupol, Berdiansk, Melitopol e Kherson per crearsi un corridoio tra il Donbas e la Crimea. Poi qualcuno ha detto che si sarebbe fermato ai confini con l’Ucraina Occidentale. Ora sappiamo quanto valevano le loro previsioni.

L’Occidente, secondo alcuni, avrebbe umiliato la Russia. La NATO non avrebbe dovuto allargarsi. Abbiamo sentito strateghi da tavolino ed esperti di geopolitica dibattere quale avrebbe dovuto e debba essere la collocazione internazionale dell’Ucraina, con un disprezzo inaudito per la sovranità di uno Stato e la volontà di un popolo.

È ovvio che in passato sono stati commessi errori da ogni parte. Ma ora è il momento di scegliere da che parte stare. La realtà è che la Russia prima ha invaso la Crimea rimangiandosi gli impegni presi a Budapest nel 1994, ha dato più di una mano ai separatisti del Donbas fomentandone la rivolta e con ciò interferendo negli affari interni di uno stato sovrano. Adesso ha aggredito l’Ucraina intera. È sotto gli occhi di tutti. E ha minacciato noi più volte anche con le armi nucleari. 

Malgrado ciò oggi, a più di una settimana dall’invasione e di fronte alle stragi che sta compiendo l’esercito russo in Ucraina, c’è ancora qualcuno che cerca di giustificare l’invasione.

mario corti ucraina
Mario Corti

Era dunque un piano premeditato, cosa ha spinto Putin ad agire? 

Perché qualcuno fa qualcosa? La risposta più semplice è: perché la può fare. Se mi si domanda perché Putin ha scatenato la guerra in Ucraina, invadendo uno stato sovrano e, pur con tutti i suoi difetti, democratico, rispondo allo stesso modo: perché ha potuto farlo. Perché gliel’hanno lasciato fare, nessuno gliel’ha impedito. Perché il suo potere in Russia evidentemente non ha limiti. Abbiamo visto tutti il capo dello spionaggio estero Naryshkin impappinarsi balbuziente pubblicamente umiliato da Putin. 

L’obiettivo dichiarato da Putin è “la demilitarizzazione e la denazificazione” dell’Ucraina. Ecco, soffermiamoci un momento su questa parola. È noto che Putin è un seguace di Ivan Ilin, un filosofo russo della prima emigrazione, ammiratore di Mussolini prima e poi di Hitler, e fautore di una forma autoritaria di potere in Russia una volta che si fosse liberata dal comunismo. Ilin è stato citato più volte da Putin nei suoi discorsi, è stato studiato e propagandato dai membri del suo partito Edinaja Rossija (Russia Unita).

Un altro ideologo cui secondo gli esperti si ispirerebbe il presidente russo è il filosofo Aleksandr Dugin, uno che definire ultranazionalista è un eufemismo. Non dimentichiamoci che già nel 2008 Dugin si era fatto promotore dell’annessione della Crimea e nel 2014 aveva definito inevitabile la guerra tra Russia e Ucraina. E allora dove stanno i nazisti e dove stanno i fascisti? Ci sono neonazisti in Ucraina? Certo. Un’esigua minoranza. Forse ancor più piccola dei neofascisti in Italia, dei neonazisti in Germania e dei suprematisti bianchi in America. Invece in Russia i fascistoidi sono al Cremlino.

Un’altra delle idee fisse di Putin è la convinzione della sostanziale unità dei popoli russo e ucraino. Abbiamo sentito più volte il presidente russo sottolineare che Russi e Ucraini sono due popoli fraterni, anzi un unico popolo, accomunato da una fede comune. Nel qual caso siamo di fronte a una guerra fratricida. La guerra di Caino, come l’ha definita senza mezzi termini il Metropolita Onofrio, capo della Chiesa Ortodossa Ucraina rimasta fino ad oggi fedele al patriarcato di Mosca.

Quali scenari futuri si possono prefigurare adesso? Fino a che punto intende arrivare Putin?

Vuole arrivare fin dove non sarà fermato. Non abbiamo ancora capito che siamo in guerra, forse sull’orlo di una terza guerra mondiale, e non sono io il primo a dirlo. E una guerra richiede sacrifici enormemente maggiori di quelli che dovremmo affrontare per il rallentamento dell’economia e la crisi energetica: fame, freddo, morte, condizioni igieniche insopportabili, scarsa assistenza medica, niente elettricità, niente acqua corrente.

Cose che ho visto con i miei occhi nella Grozny distrutta dai bombardamenti nel 1995 durante la prima guerra cecena. Invece sento ancora parlare di preoccupazioni per l’impatto negativo che avranno le sanzioni sulla nostra economia e il nostro stile di vita. Noi italiani in particolare, se ci soffermassimo a riflettere quando cantiamo l’Inno di Mameli e pronunciamo le parole “siam pronti alla morte”, dovremmo provare vergogna di fronte al coraggio del popolo ucraino.

Putin si fermerà sa faremo ben più di quanto stiamo già facendo, se daremo un appoggio più efficace in armamenti agli ucraini che già stanno combattendo per noi.

Oggi molti dei nostri osservatori danno l’Ucraina per spacciata. Accusano Zelensky di mandare al massacro il suo popolo. Ho sentito dire da un opinionista alla TV che il mondo dovrebbe premere su Zelensky per costringerlo a trattare, ma intendeva dire “arrendersi”. Molti nascondono la propria impazienza per il protrarsi del conflitto dietro pretesti falsamente umanitari e apparentemente filoucraini: “Prima si arrendono e più vite si salvano. Perché prolungare l’agonia del popolo ucraino con l’invio di armi?” Molti gridano “pace, pace” e intendono resa incondizionata.

Avverto una certa stanchezza in giro, sembra che, dietro la maschera di un’ipocrita ammirazione per l’eroismo del popolo ucraino e le manifestazioni di solidarietà, si augurino in cuor loro la resa imminente così da poter tornare, come ingenuamente si illudono, alla quotidianità e tirare un sospiro di sollievo. 

Anche su queste reazioni ha fatto i suoi calcoli Putin, influenzato dallo slavofilismo russo dell’Ottocento che ha coniato l’espressione “il marcio Occidente”. Un altro dei pilastri dell’ideologia cui accennavo prima. È convinto, non senza ragione, che siamo un popolo di smidollati disposti a cedere pur di non rinunciare a un minimo delle nostre comodità. Putin calcolava di dividere gli europei e di dividere l’Europa dall’America. Per fortuna non ci è ancora riuscito. Anzi, ha ottenuto l’effetto opposto. Ma quanto durerà? 

Come si può concludere quest’invasione? A cosa possono servire i negoziati? Quali proposte potrebbero realisticamente mettere d’accordo le due parti consentendo una cessazione delle ostilità da parte della Russia?

Quando sento parlare di negoziati mi vengono in mente le parole del condottiero Fabrizio Colonna ne “L’arte della guerra” di Niccolò Machiavelli riferite ai principi italiani convinti che bastasse “pensare una acuta risposta, scrivere una bella lettera”, mostrare nelle parole “arguzia e prontezza”, “ne si accorgevano i meschini che si preparavano a essere preda di chiunque li assaltava”. Abbiamo visto una interminabile fila di negoziatori negli ultimi mesi, quando Putin già aveva deciso di invadere.

Cosa abbiamo ottenuto quando si è preso la Crimea in violazione degli impegni presi dalla Russia a Budapest nel 1994 di rinunciare all’uso della forza contro l’integrità territoriale e l’indipendenza politica dell’Ucraina e di non usare mai le armi contro quel paese eccetto che per autodifesa? Niente. Se l’è presa e se la sta tenendo. Cosa abbiamo da negoziare ora, da mediare, cosa abbiamo da offrire? La volontà degli ucraini che non ci appartiene? Territori che non ci appartengono? Qualcuno parla di una nuova Yalta. Dobbiamo dunque dirgli che si prenda pure tutta l’Europa Orientale? I russi cesseranno le ostilità solo quando gliele faremo cessare.

La Russia adesso. Cosa sanno i russi della guerra, cosa ne pensano? Crede che lo scenario da bunker sia vero? Crede sia una possibilità?

L’unico bunker che mi viene in mente al momento è quello in cui Putin se ne sta asserragliato, seduto all’estremità di un tavolo di esagerata lunghezza tenendo a ragguardevole distanza i suoi scagnozzi e i capi di stato stranieri.

Purtroppo, molti russi sono vittime della propaganda, davvero diabolica, e credono veramente che in Ucraina si stia conducendo un’operazione per difendere la Russia dai nazisti appoggiati dalla NATO. La parola “guerra” è stata bandita dal linguaggio. Un esempio delle tecniche di propaganda l’ha raccontato la giornalista Yulia Latynina sul suo profilo Facebook. Abbiamo visto la presa della centrale atomica di Zaporizhzhya e l’incendio provocato dagli assalitori.

Cosa hanno fatto i media russi? Hanno retrodatato il giorno della conquista e poi hanno attribuito l’incendio ai sabotatori ucraini. L’invasione viene presentata come una missione di pace. E in questi giorni, è documentato, la TV via cavo della Metropolitana di Mosca informa i viaggiatori che Putin è stato candidato per il premio Nobel per la pace, premio, così è detto nei sottotitoli, “che viene assegnato per il contributo eccezionale nel rafforzamento della pace”. 

Dopo la chiusura di Ekho Moskvy, del canale Dozhd, non ci sono più media liberi a parte il giornale Novaya Gazeta letta da pochissimi. Hanno anche bloccato Facebook e Twitter. Alcuni riescono ancora a usarlo dopo avere installato il VPN (Virtual Private Network). Ma pochi ne sono a conoscenza e sanno come fare. 

Certo, non tutti in Russia si lasciano ingannare. Moltissimi giovani continuano a scendere impavidi in piazza a dimostrare contro la guerra. Qualche parlamentare, tra cui due deputati del Partito comunista russo, si è dichiarato contrario alla guerra. Qualche oligarca ha fatto lo stesso. Molti scienziati hanno condannato pubblicamente l’intervento. E anche, nell’assordante silenzio del Patriarca, parecchi ecclesiastici della Chiesa ortodossa.


(Foto di Copertina: Davidson.edu)


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