Il carretto siciliano: come è diventato simbolo di una terra e del suo popolo

Con i suoi colori sgargianti e i suoi intagli, il carretto siciliano è l’emblema di un intero popolo, ma non è sempre stato così.


Quando nel corso dell’evoluzione storica delle strade siciliane i percorsi frequentati erano rappresentati principalmente da “trazzere” – tratturo in lingua italiana, ed etimologicamente via dritta – non erano molti i mezzi che potevano agevolmente attraversarli. Alla fine del XVIII secolo, dopo una corposa operazione di rifacimento delle strade, in Sicilia ebbe inizio la diffusione di alcuni particolari carri, o per meglio dire, “carretti”. 

I carretti siciliani che cominciarono ad apparire sulle strade (seppur dissestate e dall’aspetto ben lontano dalle strade odierne) non erano ancora quelli che conosciamo oggi, variopinti, caratteristici appunto, vere e proprie opere d’arte. Presentavano tinte uniche ed essenziali, e si muovevano su due grandi ruote, anche loro non ancora abitualmente intagliate a farne pregiati manufatti d’artigianato. Il “culto” del carretto siciliano arriverà più tardi.

Com’è fatto il carretto siciliano

Il carretto siciliano è un mezzo a trazione equina ed è rimasto ampiamente in uso fino all’inizio del XX secolo, periodo nel quale crebbe la motorizzazione del lavoro nelle campagne. Divenuto obsoleto, il carretto siciliano diventa oggetto di personalizzazione, estrema in certi casi, e autentica “tela” per gli artisti siciliani. Viene fregiato da intagli bucolici e arricchito da colorazioni sgargianti, tinte che vanno ad animare personaggi e scene spesso appartenenti all’iconografia folkloristica siciliana. 

Il carretto si compone di sezioni ben precise, che chiameremo con i loro nomi originali, in dialetto: ‘u fonnu di càscia, ossia il pianale di carico prolungato anteriormente e posteriormente – il lato destinato di fatto ad accogliere l’oggetto del trasporto – e delimitato dai masciddari, ovvero le tavole di legno che costituiscono le fiancate. Qui si trovano gli “scacchi”, i quadranti che accolgono le raffigurazioni. ‘U puttèddu ri rarrieri (il portello posteriore) removibile per rendere agevole il carico e lo scarico. Al di sotto delle alle assi e alle strutture che formano il “telaio” del mezzo, sono montate le due ruote che sono tradizionalmente composte da 12 raggi, li iammòzzi (da iammi, le “gambe”). 

Le ruote (rrote), debitamente decorate e intagliate, sono diventate uno degli elementi emblematici del carretto siciliano, oltre ovviamente alle tipiche raffigurazioni, protagoniste del catalogo “turistico”.

Una Sicilia e tanti carretti diversi

I carretti si differenziano per aree di provenienza, ed è proprio la ruota uno degli elementi che la fa da padrona sulla contestualizzazione del mezzo: ogni tecnica di costruzione richiede saperi particolari che vengono tramandati di padre in figlio e, quindi, differenti di comunità in comunità. 

I temi rappresentati sulle fiancate (in generale in ogni superficie piatta disponibile per la pittura) vanno da quelli biblici a quelli storico-leggendari. Ma sono le differenze cromatiche tra i carretti siciliani quelle più evidenti e utili a collocare i mezzi nelle diverse parti dell’Isola: sono enfatizzati i gialli e i rossi nella Sicilia occidentale, mentre i viola e gli azzurri – quindi il versante “freddo” – con decorazioni antropomorfe sono più diffusi nella Sicilia orientale. 

Il carretto siciliano tipico del palermitano, ad esempio, è quello con le sponde trapezoidali, una tinta di fondo gialla e decorazioni principalmente geometriche. I temi rappresentati sugli scacchi variano tra cavalleresco e religioso con colori accesi che variano dal rosso al verde, dal giallo al blu, con sfumature ridotte all’essenziale, tecnica che inevitabilmente rende la visione “bidimensionale”.

Nel catanese le sponde sono invece nettamente rettangolari, la tinta di fondo è rossa, mentre intagli e decorazioni si presentano più rifiniti, altra cosa rispetto all’immediatezza e alla semplicità del carretto palermitano. Le tonalità e le sfumature, in maggior numero, vanno alla ricerca di una maggiore tridimensionalità delle immagini dipinte sugli scacchi. Ma ci sono altri stili, meno diffusi, che sono tipici del ragusano o del trapanese. La possibilità di personalizzazione, comunque, restano pressoché infinite. 

Un concentrato di arte e praticità

La pittura del carro assolve due importanti funzioni, una certamente più dell’altra: la prima attiene al mondo della superstizione, utile in qualche modo a scongiurare sfortune e disgrazie; la seconda è direttamente protettiva del legno, altrimenti eccessivamente esposto a polvere e intemperie. Un ulteriore elemento aggiuntivo è senza dubbio quello commerciale: più è arricchito il carretto, più alto è lo status del proprietario.

Lo stile “carretto siciliano” riaffiora in occasione di grandi eventi e sagre all’insegna del folklore e delle tradizioni regionali. A volte sfocia nel mondo dell’Alta moda, come quella di Domenico Dolce e Stefano Gabbana, protagonisti di una originalissima reinterpretazione dello stile dei carretti siciliani in una suggestiva collezione di abiti, quella della Primavera-Estate 2016, intrisa di sicilianità, colori e richiami che raccontano questa antica arte.