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Colloqui sul nucleare iraniano, il primo passo del governo Biden

A Vienna stanno continuando da giorni i colloqui sul nucleare iraniano tra Iran e Stati Uniti, oltre ai membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Si arriverà ad un accordo?


Continuano da giorni i colloqui sul nucleare iraniano tra Iran e Stati Uniti. Siamo ancora una volta a Vienna, la capitale austriaca, dove il 14 luglio 2015 è stato siglato l’accordo tra Iran, Usa e i 5+1 – ovvero i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu (Cina, Francia, Russia, Regno Unito, Stati Uniti) più la Germania, oltre all’Unione europea – denominato Joint Comprehensive Plan of Action (Jcpoa). L’obiettivo del Jcpoa, e dell’allora presidente Obama, era quello di impedire all’Iran di sviluppare una tecnologia tale da permettergli di costruire ordigni atomici ma consentirgli di proseguire il programma volto alla produzione di energia nucleare a usi civili. 

Dal 2015 a oggi gli ispettori dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) hanno certificato una ventina di volte l’adesione da parte dell’Iran agli impegni assunti nel Jcpoa, attraverso regolari accessi a tutti gli impianti nucleari iraniani.

L’Unione Europea ha sempre espresso una posizione compatta nel difendere l’intesa con l’Iran, provando a salvaguardare l’accordo con molti sforzi, risultati inutili dopo la decisione dell’allora presidente Trump di abbandonare l’accordo nel 2018. Soprattutto dopo l’assassinio dello scienziato iraniano Mohsen Fakhrizadeh, che ha ulteriormente aumentato le tensioni tra Stati Uniti e Iran

Ai nuovi colloqui di Vienna, l’Iran ha chiamato in causa anche l’Europa. Gli Stati Uniti di Biden pensano di rientrare nell’intesa ma ancora le parti sono distanti e i colloqui procedono a rilento. Anche se Stati Uniti e Iran non stanno ancora trattando direttamente tra di loro, gli inviati di Russia, Cina, Germania, Francia e Regno Unito hanno già scelto un orientamento coordinato.

In questa fase, gli obiettivi attuali sono la revoca o la riduzione delle sanzioni americane contro l’Iran e il controllo dei limiti nucleari concordati con Teheran, come l’arricchimento dell’uranio. 

Il portavoce del Dipartimento di Stato americano ha spiegato di guardare con favore questo passo costruttivo, speranzoso di lasciare Vienna con una migliore comprensione di una road map puntuale ed efficace che permetta di arrivare al risultato finale.

Il vice-ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi, ha invece puntualizzato che l’Iran si muoverà davvero solamente dopo che lo abbiano fatto gli Stati Uniti, perché – ha ribadito – è assolutamente chiaro cosa gli americani debbano fare per ripristinare l’accordo e che l’intero negoziato si possa risolvere in una sola notte.

L’obiettivo finale dell’accordo è impedire all’Iran di sviluppare una bomba nucleare, cosa che Teheran continua a dichiarare di non voler fare. L’Iran ora possiede abbastanza uranio arricchito per costruire una bomba, ma in una quantità molto minore rispetto a prima della firma dell’accordo nucleare.

Il patto di cooperazione Iran-Cina

Nel frattempo, un patto globale di cooperazione di 25 anni è stato siglato a Teheran il 27 marzo dai ministri degli Esteri di Iran e Cina. I dettagli dell’accordo non sono ancora stati rivelati ma si tratterebbe di una “road map completa”, comprendente clausole politiche, strategiche ed economiche per 25 anni di cooperazione tra i due Paesi.

La Cina è il principale partner commerciale della Repubblica islamica dell’Iran anche se, secondo Teheran, il volume degli scambi tra i due Paesi è diminuito con il ripristino, nel 2018, da parte dell’allora presidente Trump, delle sanzioni statunitensi contro Teheran.

Proprio per questo motivo è stato il presidente americano Biden a fare il primo passo per riprendere i negoziati con Teheran, perché il patto di cooperazione potrebbe rafforzare l’influenza della Cina in Medio Oriente e minare gli sforzi americani per mantenere isolato l’Iran. I prossimi giorni a Vienna potrebbero essere decisivi.


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Antonio Di Dio

Responsabile "Esteri". Laureato in Studi Filosofici e Storici, scrivo di cultura, politica e geopolitica. Amo l’arte, la poesia, la musica e il cinema. Vedo il giornalismo come una forma di attivismo, un servizio per la comunità.