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Trinacria, il simbolo della Sicilia tra mito, storia e leggenda

Presente nella bandiera dell’Isola di Man e in quella della Sicilia, il simbolo della trinacria porta con sé una storia che oscilla tra mito e realtà. 


Trinacria è il nome più antico con cui la Sicilia è stata identificata in letteratura. Fu utilizzato per la prima volta da Omero nell’Odissea: nel poema il termine «Trinacria» appare durante un dialogo tra Ulisse e la maga Circe, la quale predice l’arrivo sull’isola di Ulisse una volta scampato alle Sirene e a Cariddi: allora incontro ti verran le belle / spiagge della Trinacria isola dove / pasce il gregge del Sol, pasce l’armento. 

L’etimologia della parola nasce dall’unione dei termini treis e àkrà, letteralmente “tre promontori”: è chiaro dunque il riferimento alla singolare forma triangolare dell’isola. 

Una leggenda antica e curiosa riconduce la nascita della Sicilia alla danza di tre ninfe: si narra che nell’antichità, le tre ninfe erano solite danzare su e giù per il mondo, raccogliendo le cose più belle che la natura metteva loro a disposizione, e che una volta giunte nel punto dove sorge l’Isola lo trovarono così bello che decisero di fermarsi, spargendo in mare tutto ciò che avevano raccolto; a quel punto il mare gorgogliò e dalle onde emerse una terra ricca e fertile. Inoltre nei punti in cui le ninfe avevano danzato sorsero tre monti. Questi promontori siculi danno all’Isola il nome di Trinacria.

Il simbolo della Trinacria raffigura una testa gorgonica, con serpenti intrecciati a delle spighe al posto dei capelli, da cui partono a raggiera tre gambe piegate, sottoposte a due ali laterali; figura che prende il nome di Triscele dall’aggettivo greco triskelés (tri e skélos), letteralmente con tre gambe.

Le tre gambe rappresentano i tre punti estremi dell’Isola: Capo Peloro conosciuto anche come Punta del Faro in direzione Nord-Est, Capo Passero in direzione Sud e Capo Lilibeo noto anche come Capo Boeo in direzione Ovest. 

Enrico Mauceri, studioso della storia dell’arte siciliana, sostenne difatti che «da questa configurazione a tre vertici venne alla Sicilia antica il nome di Triquetra o Trinacria che diede, forse in epoca ellenistica, quella rappresentazione strana e caratteristica al tempo stesso, di una figura gorgonica a tre gambe, adottata perfino in alcune monete dell’antichità classica, e divenuta poi il simbolo, diremo così, ufficiale dell’Isola».

La Gorgone, raffigurata al centro della Triscele, è un personaggio mitologico che, secondo il poeta greco Esiodo (metà VIII – inizio VII secolo a.C.), rappresentava ognuna delle tre figlie di Forco e Ceto, due divinità del mare: Medusa, la gorgone per antonomasia, Steno ed Euriale. 

Secondo la leggenda le gorgoni, da tutti temutissime, erano in grado di tramutare in pietra qualsiasi uomo avesse l’ardire o la sfortuna di guardarle negli occhi; di conseguenza, dato che esse simboleggiano l’allontanamento del male e la sua “pietrificazione”, spesso alla loro raffigurazione è ricollegata una funzione apotropaica. 

Medusa, una delle Gorgoni raffigurate da Caravaggio (1597, Galleria degli Uffizi)

Alcuni attribuiscono il simbolo della Trinacria al mondo religioso orientale, difatti antiche monete provenienti dall’Asia Minore, del VI e IV secolo a.C., riportano questo simbolo. 

Diffusosi successivamente in occidente tramite i greci, la Trinacria arrivò in Sicilia con Agatocle di Siracusa; lo storico Adolfo Holm sostiene che «Agatocle aveva una speciale predilezione per il simbolo della Triquetra», tanto che la scelse come simbolo della sua monetazione. 

Che la Trinacria sia il simbolo dell’isola si evince anche da antiche pitture vascolari, come quella delle ceramiche gelesi databili al VII secolo a.C., oggi conservate del museo archeologico Regionale di Agrigento

Infine alcune anfore panatenaiche conservate in vari musei tra cui a Napoli e Roma, databili al tempo della spedizione ateniese in Sicilia durante la guerra del Peloponneso (V secolo a.C.), recano il simbolo siciliano, raffigurato nello scudo di Athena. Queste ultime hanno permesso all’archeologo Biagio Pace di retrodatare di almeno un secolo l’adozione della Trinacria come simbolo della Sicilia rispetto al periodo di Agatocle a cui solitamente si fa risalire (IV secolo a.C.).

Egli afferma che «l’adozione della Triscele come episema nello scudo di Atena in alcune anfore panatenaiche, permette di innalzare di circa un secolo rispetto ad Agatocle questa interpretazione siciliana del simbolo, e dall’altra parte rende verosimile anche una diversa e diretta fonte orientale d’ispirazione anzicchè punica».

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Immagine fronte e retro di una dracma siracusana del periodo di Agatocle (317-310 a.C.)

I Normanni nel 1072 esportarono il simbolo della Trinacria in Irlanda, nell’Isola di Man, che la scelse come simbolo in sostituzione di quello precedente, un vascello di origine scandinava. 

Nel 1282 durante il periodo della Rivolta dei Vespri la Triscele viene utilizzata come stemma per la bandiera siciliana, con una linea diagonale che divideva il giallo dal rosso, in maniera invertita rispetto a quella odierna.

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Immagine della bandiera usata durante la Rivoluzione del Vespro, anno 1282

Con il Trattato di Cartabellotta, con cui nel 1302 venne investito del titolo di Rex Trinacriae Pietro III d’Aragona, il simbolo ancora una volta apparì nella storia dell’Isola. Nel 1814 re Ferdinando di Borbone (IV di Napoli e III di Sicilia) coniò una moneta d’oro, che valeva due once, e che fu appunto denominata Trinacria

Tuttavia l’apparizione che rese indiscusso il legame del simbolo con la terra siciliana fu senza dubbio l’impiego della Triscele nel tricolore nazionale del Regno di Sicilia del 1848, che sostituiva il bianco vessillo gigliato dei borboni.

Immagine della bandiera del Regno di Sicilia del 1848

Seppur ebbe vita breve, negli anni successivi, gli indipendentisti siciliani del 1860, prima, e il Movimento per l’Indipendenza della Sicilia, poi, nel 1944 inserirono la Trinacria nelle loro bandiere. 

Infine, dall’approvazione della legge regionale numero 1 del 2000, la Trinacria rappresenta ufficialmente la Regione siciliana. Il vessillo ufficiale è costituito appunto da un drappo bicolore in senso diagonale giallo e rosso, colori che rappresentano rispettivamente Palermo e Corleone, che per prime si ribellarono ai francesi durante i vespri siciliani.


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