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Siciliane, il movimento popolare contro la politica maschilista

Dopo il rimpasto della Giunta Musumeci con l’esclusione e sostituzione dell’unica assessora, Bernadette Grasso, dalla Sicilia si è alzata una voce tutta al femminile: nasce il movimento delle “Siciliane” in risposta ad una politica incentrata sul maschilismo.


A seguito dell’esclusione di Bernadette Grasso dalla Giunta Musumeci, unitamente alle dichiarazioni rese da Figuccia, deputato della Lega, il 10 gennaio si è tenuta online la prima Assemblea del gruppo Siciliane. Il deputato leghista ha infatti commentato: «Ciò che conta non è ciò che gli assessori hanno in mezzo alle gambe ma ciò che hanno in mezzo alle orecchie. E soprattutto come lo usano per il bene dei siciliani». 

Una frase dall’impronta maschilista, così come definita dalle “Siciliane”, alla quale lo stesso Figuccia ha replicato ritenendola soltanto un pretesto per avviare una discussione sterile e definendola «polemichetta radical chic». La risposta ha destato profonda rabbia e delusione, inducendo le dieci donne promotrici del gruppo ad avviare una raccolta firme diretta, in primis, a chiedere e ottenere le dimissioni del deputato e, in secundis, a eliminare una volta per tutte le discriminazioni fondate sul genere, sia a livello politico che, più ampiamente, in ambito lavorativo.

Dopo le dimissioni dell’assessore Mariella Ippolito, Bernadette Grasso era rimasta l’unica donna a far parte della Giunta regionale siciliana. Sebbene l’evoluzione storica e sociale abbia riconosciuto diritti e doveri alle donne al pari degli uomini, in realtà a livello pratico tali riconoscimenti sono ancora piuttosto immaginari.

La rimozione di Bernadette Grasso e il rimpasto hanno rappresentato ed evidenziato le discrasie di un sistema che predilige l’uomo e mette in secondo piano le donne; è lo specchio di una politica che ancora oggi considera queste ultime poco adatte a svolgere un ruolo come quello che la stessa Grasso e tante donne si ritrovano a ricoprire.

Per questi motivi Alessandra Notarbartolo, Nadia Lodato, Lucia Lauro, Mariangela Di Gangi, Mila Spicola, Maria Pia Erice, Serena Ganci, Maria Grazia Patronaggio, Miriam Di Peri e Aissetou Jaiteh sono scese in campo per contrastare questa tipologia di pensiero arcaico e maschilista, per riuscire a garantire alle donne di prendere parte attivamente alla politica e di non esserne escluse.

Inizialmente dieci donne, poi divenute circa un centinaio e adesso diverse migliaia, hanno chiesto di introdurre la doppia preferenza, uomo-donna alle elezioni regionali. Dopodiché, l’iniziativa si è estesa all’obiettivo di garantire pienamente – e in tutti i campi – i diritti delle donne, nonché delle madri lavoratrici. Per non limitarsi ad assumere quotidianamente il ruolo di moglie/madre/casalinga, ma potere, al pari degli uomini, continuare o iniziare a svolgere la propria professione seguendo le proprie ambizioni, le Siciliane hanno organizzato eventi, manifestazioni, momenti di riflessione sui social, attraverso webinar, messaggi e soprattutto attraverso  la creazione di un Form che consente a tutte le donne interessate di aderire e partecipare attivamente alle assemblee.

La raccolta firme organizzata dalle Siciliane, affiancata da quella promossa dalla CGIL, ha riscontrato un notevole successo. Sembra possibile quindi sperare in un cambiamento e soprattutto nella reale volontà della collettività di realizzarlo, di combattere le diseguaglianze e di non far soccombere l’identità femminile dinanzi a una società maschilista che non riconosce il valore della donna ma che al contrario lo disconosce e lo nega.

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È assurdo pensare che ancora oggi si debba lottare per il riconoscimento di diritti il cui rispetto dovrebbe essere considerato normale, automatico, doveroso. È altrettanto assurdo pensare che le donne siano adatte a svolgere una professione piuttosto che un’altra; che 8 donne su 10 ancora incontrino difficoltà ad adattarsi a certi contesti, non per mancanza di coraggio o per incompetenza, ma in quanto donne e per ciò stesso, a volte, screditate.

Ciò che è accaduto deve essere considerato il punto di partenza di un percorso, diretto a eliminare le discriminazioni e a restituire alle donne ciò che meritano, a consentire alle stesse di esprimersi, di darsi delle opportunità, di non fermarsi e di continuare a lottare al fine di abbattere stereotipi radicati nella società.


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