Lavoratori sovra-qualificati, differenze di genere
In Italia circa il 40% dei lavoratori non sono compatibili con le qualifiche del loro impiego e il fenomeno dei lavoratori sovra-qualificati riguarda maggiormente le donne.
Secondo i dati dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), in Italia circa il 40% dei lavoratori non sono compatibili con le qualifiche del loro impiego. La vera sorpresa, però, è che la quota di lavoratori sotto-qualificati (20%) è quasi pari a quella dei lavoratori sovra-qualificati (19%), ovvero con qualifiche e titoli accademici che non riescono ad essere assorbiti o valorizzati dal sistema delle imprese italiane. Per un professionista al di sotto delle attese dei datori di lavoro, ce n’è uno che si scontra su un sistema incapace di premiarlo.
Già a inizio gennaio 2019, il bollettino Excelsior – realizzato da Anpal e Unioncamere – ha registrato che il 31% delle aziende riscontra “difficoltà di reperimento” per 1,2 milioni di contratti programmati nei primi tre mesi del 2019, con un fabbisogno insoddisfatto di figure tecniche, scientifiche e ingegneristiche. Un dato che permane inalterato e fa ancora più effetto, se si considera che il tasso di disoccupazione giovanile resta saldamente superiore al 30%.
Il primo ostacolo deriva dal fatto che la richiesta di profili high skilled, ad alto tasso di qualifiche, è meno fitta di quanto ci si potrebbe attendere. Per farsene un’idea, basta osservare più a fondo gli stessi dati Excelsior: il report, infatti, sottolinea che le difficoltà di reperimento sono cresciute di 6 punti percentuali (dal 25% di gennaio 2018 al 31% di gennaio 2019), aggravandosi nella carenza di professioni specializzate e figure tecniche.
A pagarne il prezzo reale, purtroppo, sono categorie già colpite duramente dalle attuali dinamiche economiche e sociali, tra cui le donne. Gli occupati esposti al fenomeno, infatti, sono per lo più donne (il 14% rispetto al 12% degli uomini), stranieri (il 37,5% a fronte del 10% degli italiani) e giovani tra i 25 e i 34 anni. Un problema, dunque, che dalla dimensione prettamente economica-aziendale diviene una questione di genere e, più in generale, uno scontro sociale.

I lavoratori sovra-qualificati italiani si concentrano prevalentemente nelle professioni tecniche (23,3%) e nelle posizioni impiegatizie (16,6%), mentre gli stranieri occupano posizioni manuali non qualificate (54,6%). Per quest’ultimi, la maggiore concentrazione di lavoratori sovra-qualificati si colloca nella fascia compresa tra i 5 e i 10 anni di permanenza in Italia. La durata della permanenza in Italia, però, non riduce tanto la dequalificazione occupazionale: il mercato del lavoro italiano, infatti, sembra essere molto efficace nell’ostacolare i processi di mobilità ascendente degli stranieri.
La maggiore concentrazione di lavoratori migranti sovra-qualificati, comunque, si colloca proprio nella fascia compresa tra i 5 e i 10 anni di permanenza in Italia, dove circa il 38% della forza lavoro straniera è over qualificata contro il 35% di coloro che sono nel nostro Paese da meno di cinque anni. La situazione migliora solo lievemente per i migranti di lungo periodo, anche se il fenomeno continua a riguardare una quota importante del lavoro straniero (circa un lavoratore su tre). Anche in questo caso, le donne si confermano maggiormente esposte al fenomeno, in una quota che, sebbene cali sopra i 15 anni di permanenza in Italia, rimane persistente.
La sovra-qualificazione, poi, si concentra nelle giovani generazioni, soprattutto tra gli italiani, prolungandosi peraltro in misura significativa sino alla soglia dei 39 anni, mentre tende a rimanere costante – se non a subire un incremento al crescere dell’età – per le persone straniere, specie se donne. La popolazione sovra-qualificata dei giovani mostra, d’altronde, rispetto agli adulti sovra-qualificati, una maggiore concentrazione tra i laureati, con quasi il 60% dei lavoratori coinvolti dal fenomeno in possesso di una qualificazione terziaria, mentre più facilmente gli adulti sovra-qualificati si distribuiscono tra i diplomati e coloro che possiedono una qualifica professionale.
La maggior parte dei lavoratori sovra-qualificati è, comunque, occupata con un contratto lavorativo standard, mettendo in luce come l’accettazione di un lavoro al di sotto delle proprie competenze possa essere frutto di un calcolo opportunistico che predilige la sicurezza del posto del lavoro all’eventuale pieno sfruttamento delle competenze maturate nel corso del percorso di formazione.
I giovani, e soprattutto le giovani donne, tendono più spesso a trovarsi nella doppia posizione di svantaggio, legata sia ad una posizione professionale inferiore alle proprie capacità e competenze, ma anche con un contratto di lavoro non-standard, ossia precario. Sono infatti soprattutto gli adulti sovra-qualificati a concentrarsi ai due estremi del mercato del lavoro (full-time indeterminato e lavoratore autonomo), mentre i giovani si distribuiscono nelle svariate forme dell’integrazione non-standard nel mercato del lavoro: part-time indeterminato (11,9%), dipendente a tempo determinato (17%), collaboratore (3,5%).
Un fenomeno, dunque, che coinvolge ormai una larga fetta della popolazione, ma che ha contribuito in misura rilevante ad incrementare importanti dislivelli sociali, ampliando il gender gap retributivo e dimostrando l’inefficacia delle misure di integrazione sinora adottate.
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