ITsART, la Netflix (povera) della cultura italiana

A fine mese sarà ufficialmente lanciata e operativa ITsART, una piattaforma online per la promozione del patrimonio culturale italiano. Il progetto però ha già sollevato numerose polemiche circa la gestione dei fondi statali e la partnership con un privato come Chili.


La notizia di una nuova piattaforma “stile Netflix” ideata per promuovere il patrimonio culturale italiano (musica, danza, teatro, cinema, musei, mostre, ecc.) circola già da qualche mese. L’iniziativa per ITsART, promossa dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo (Mibact) in collaborazione con la Cassa Depositi e Prestiti (CDP), sembra essere l’attuazione di un’idea da tempo condivisa dalle fila del governo: primo tra tutti il ministro del governo Conte bis Dario Franceschini, che sembra esserne l’ideatore, sostenuto dal ministro Luigi Di Maio che già nel luglio del 2018 su “Il blog delle stelle” condivideva con i propri elettori una forte polemica contro le Tv tradizionali affermando che queste ultime hanno i «giorni contati».

La proposta si trova al giorno d’oggi non più allo stato embrionale, dal momento che la sua attuazione è stata inserita nel Decreto Rilancio che risale al maggio del 2020

Come ogni proposta che si rispetti, l’idea di una “Netflix” per l’arte italiana deve fare i conti con le questioni della gestione e del capitale statale. Il Mibact e CDP posseggono la maggioranza delle cariche del nuovo Consiglio d’Amministrazione in casa ITsART, che tuttavia sarà una società in partnership con la pay Tv Chili, un’azienda italiana con sede a Londra.

chili itsart

Il presidente sarà Antonio Garelli, proviene dalla CDP dove lavora dal 2017 come responsabile dell’area iniziative digitali e sociali; accanto a lui anche Sabrina Fiorino e Antonio Caccavale, sempre della CDP, mentre come esponenti di Chili, figurano nel CdA Ferruccio Ferrara e Giano Biagini.

Una delle maggiori polemiche scoppiate intorno alla questione ITsART nasce proprio dalle lecite remore mosse da più parti alla gara tra i privati del settore che ha portato alla scelta di Chili e, di conseguenza, ai vantaggi concreti che questo partner porta al progetto (che ricordiamo, è finanziato da fondi pubblici). 

La società Chili appare, infatti, fin dagli esordi nel 2012, clamorosamente in perdita, cioè non conclude a fine anno il suo fatturato con un segno positivo, informazione non chiarita dall’azienda ma disponibile persino su Wikipedia. Non desta dunque sospetto il perché delle polemiche, discorso che porta subito l’attenzione al grande assente di questa vicenda: la Rai. 

Chili, tra l’altro, ha affermato di dipendere da Negentropy fondata da Ferruccio Ferrara (oggi reperibile sotto il nome di Quinta Capital Partners) la quale offre ai suoi clienti soluzioni manageriali personalizzate e vanta di investire in Italia complessivamente 1,1 miliardi di euro, così come si evince dal sito ufficiale. Nulla però è stato chiarito a proposito dei partner del settore, ovvero le aziende già operanti nella produzione e distribuzione di contenuti culturali.

Sì, perché a parte il canale tradizionale Rai Cinque dedicato alla cultura e, soprattutto, dopo il grandissimo successo di Rai Play, ci si chiede legittimamente a gran voce il perché di questo mancato coinvolgimento.

Finanziariamente, lo Stato italiano interverrà nel lancio della piattaforma di ITsART con circa venti milioni di euro, mentre Chili ne investirà circa nove. Anche dal punto di vista finanziario le critiche non sono tardate perché, se confrontato con il fatturato annuo di Netflix (più di 26 miliardi di euro), l’investimento appare decisamente inadeguato a rappresentare un effettivo competitor.

Altro aspetto alquanto misterioso è la mancata valutazione di una partnership tra il Mibact e SkyArte o la franco-tedesca Arte-Tv (presente anche in Italia), dal momento che sarebbe stato sicuramente più razionale potenziare un mezzo già esistente e conosciuto da un vasto pubblico, piuttosto che crearne uno nuovo con scarse risorse a disposizione.

Cercando ITsART su internet ci si trova ancora oggi davanti ad un sito in costruzione, sotto il dominio di itsart.tv, dal momento che itsart.com risultava già esistente. 

ITsART

Resta dunque da commentare l’iniziativa ITsART come un’idea generale, la quale rappresenta sicuramente l’esigenza positiva di investire in Italia su quello che più possediamo: l’arte in tutte le sue forme. Tuttavia, la creazione di questa piattaforma con i mezzi indicati e con un partner privato col conto in rosso, non sembra disegnare i contorni del migliore degli inizi.

L’ultimo commento va ai numerosi Dpcm che si sono succeduti in questi mesi di pandemia, nei quali le iniziative per il mondo della cultura sono state totalmente assenti e gli stessi operatori del settore fin troppo dimenticati con la scusa dell’emergenza sanitaria, che ha bollato l’intero comparto industriale del cinema, dei teatri e dei musei come tristemente sacrificabile.

Occorre ricordare, dunque, che l’arte, specialmente in Italia, non mira solo al puro e semplice svago e che il pubblico, soprattutto nel caso dell’arte, non è un semplice consumatore/abbonato. Con la speranza di ritornare presto a godere del nostro patrimonio culturale dal vivo, ci auguriamo il meglio per il destino di ITsART, nel cui caso non basta di certo incrociare le dita, ma chiedere una maggiore coerenza imprenditoriale alle istituzioni sull’utilizzo dei fondi pubblici.


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