Economia cinese, non si ferma la corsa del dragone asiatico

Mentre il mondo intero è ancora alle prese con la pandemia, continua l’avanzata dell’economia cinese, che potrebbe diventare la prima potenza economica mondiale ben prima del previsto.


Mentre la pandemia imperversa sulle esangui economie mondiali, un’eccezione si staglia a livello globale: la Cina. Dopo aver messo in campo un enorme potenziale per contrastare la diffusione del Covid-19, l’economia cinese ha registrato una forte ripresa nei due ultimi trimestri dell’anno, tali da portare il gigante asiatico a essere una delle poche economie mondiali a crescere nel cataclisma pandemico. Secondo i dati del Fondo Monetario Internazionale, la Repubblica Popolare Cinese metterà a segno una crescita dell’1,9% nel 2020 e ha un potenziale dell’8% per il 2021.

Alle fondamenta di questa resilienza economica, vi sono diversi fattori e una capacità di pianificazione non indifferente. La pandemia di quest’anno ha fortemente intaccato nel primo semestre la crescita economica, soprattutto a causa del blocco dei consumi provenienti dall’estero, consumi alla base delle esportazioni cinesi. Per affrontare il problema, la classe dirigente cinese ha sostenuto l’economia nazionale con strumenti simili a quelli applicati in occidente: blocco dei licenziamenti, contributi alle aziende e forte sovvenzionamento del mercato attraverso la politica monetaria della Banca Centrale (PBoC).

La differenza nella ripresa è probabilmente dovuta alla durezza con la quale è stata affrontata la pandemia e alle misure restrittive adottate. La campagna vaccinale, inoltre, è iniziata con largo anticipo rispetto agli altri Paesi (esclusa, forse, soltanto la Russia), sebbene il vaccino non rispetti i canoni di sicurezza occidentali.

Questa politica ha permesso all’economia cinese di ripartire nella tarda primavera, rientrando a pieno regime all’inizio dell’estate senza più fermarsi. A sostenere la ripresa è stato anche il rafforzamento del focus sul mercato dei consumi interni, una mossa di politica economica portata avanti da lungo tempo e i cui frutti sono stati evidenti in questi mesi in cui l’export mondiale è sostanzialmente crollato. Un’altra mossa che ha dato i suoi frutti è stata il sostegno assicurato dalla PBoC al settore finanziario, che ha permesso di mantenere una continua erogazione creditizia nei confronti dell’economia reale, diversamente da quanto sta accadendo a livello europeo.

In Europa, infatti, il focus sul settore bancario sta tornando ai crediti deteriorati e alla necessità di una loro sterilizzazione a livello di bilancio, con una probabile ricaduta di stretta creditizia. Infine, anche la ripartenza del traino dei mercati esteri nel secondo semestre ha permesso di mantenere un buon passo economico. Non bisogna dimenticare come la Cina sia, comunque, uno dei principali produttori mondiali di apparecchiature medicali e di mascherine.

Nonostante la pandemia, la politica commerciale cinese continua a tendere all’integrazione economica delle aree limitrofe. Non si fermano gli investimenti nel continente asiatico della Belt and Road Initiative e a fare da contraltare, verso oriente, vi è stata la recente firma dell’accordo sulla Regional Comprehensive Economic Partnership, i cui risvolti abbiamo già affrontato in precedenza, maggiormente incentrata sull’area del Pacifico e intenzionata a mettere in difficoltà l’egemonia statunitense sull’area.

economia cinese

Sempre in ambito commerciale, è notizia recente la sigla di un accordo fondamentale nel settore degli investimenti fra Cina e Unione Europea (UE). Il Comprehensive Agreement on Investments (CAI) promette di essere un accordo realmente importante sia in materia commerciale che di politica internazionale. Esso sancisce un riavvicinamento tra Europa e Cina dopo mesi di guerre commerciali e tentativi di isolamento economico portati avanti dall’amministrazione Trump nei confronti della Repubblica Popolare Cinese. 

L’accordo prevede una serie di aperture agli investimenti cinesi nell’UE e, al contempo, la possibilità per le aziende europee di operare nel mercato cinese senza essere discriminate o penalizzate da sussidi o aiuti pubblici nei confronti delle controparti locali. All’interno, sotto pressione europea, sono presenti importanti riferimenti alla necessità della tutela dell’ambiente e di investimenti sostenibili e la necessità di adeguata tutela al mercato del lavoro e ai diritti dei lavoratori.

L’intraprendenza cinese a livello commerciale, la sua spinta ad approcci multilaterali e la pandemia daranno probabilmente i propri frutti a breve: la Cina potrebbe sorpassare gli Stati Uniti come potenza economica in anticipo di cinque anni, cioè nel 2028. Questa è la previsione contenuta nella World Economic League Table 2021, nota comunemente come WELT, pubblicata dal britannico Centre for Economics and Business Research (CEBR). Nel prossimo quinquennio, la crescita del Pil cinese si manterrà oltre il doppio (quasi il triplo) della controparte statunitense: una media del 5,9% contro l’1,9% americana. 

Concludendo, quello che è evidente nella visione di politica economica cinese, è la logica di lungo respiro che ne pervade, e ne ha pervaso negli ultimi decenni, l’organizzazione: il “sorpasso” nei confronti degli USA, le lunghe trattative commerciali (l’inizio della trattativa per la creazione del CAI risale al 2014), il lungo processo per trasformare l’economia cinese da semplice “fabbrica” mondiale a un mercato forte con una classe media e consumi interni che sostengono la domanda e la produzione, sono figli di una strategia di lungo termine.

Un’analoga visione sembra mancare nelle economie occidentali, dedite quasi tutte a politiche di piccolo cabotaggio, con vantaggi elettorali di breve respiro. Una cartina di tornasole a riguardo può essere trovata nelle politiche di investimento portate avanti a livello nazionale ed europeo attraverso i fondi del Next Generation EU. Il limite allo sviluppo cinese, che probabilmente diverrà evidente soltanto in futuro, si può riscontrare nella sua limitazione della libertà personale.

Questo limite, condurrà, con buona probabilità, ad un ristagno del suo sviluppo una volta che sarà raggiunta la “frontiera tecnologica” (detta anche frontiera delle possibilità produttive) che, in economia, è il limite al di là del quale la combinazione tra le varie risorse non risulta più efficiente da un punto di vista produttivo. Raggiunto quel limite, dove ricerca, innovazione tecnologica e libertà sembrano strettamente connessi, l’economia cinese probabilmente rallenterà bruscamente.