Giuliana Sorci per Her Visual Story
Una delle panelist dell’evento “Her Visual Story” ci racconta di sé: dal percorso accademico in cui si è occupata di social network e comunicazione politica fino al suo attivismo nei movimenti sociali.
Giuliana Sorci è un attivista femminista di movimenti sociali che si occupa di lotte nel territorio, membro di Non una di meno Palermo e presidente del Centro studi Zabut, che ha l’obiettivo di ricostruire le vicissitudini che interessano la Sicilia dagli anni ‘60 fino ai giorni nostri. Vanta un bagaglio accademico e professionale molto vasto: durante il suo percorso universitario all’Università degli Studi di Pisa si è occupata di social network come strumenti di sorveglianza e controllo sociale e in seguito ha conseguito un dottorato di ricerca in comunicazione politica presso l’Università degli studi di Catania. Giuliana ha continuato i suoi studi in comunicazione e movimenti sociali, incentrati soprattutto sui media radicali alternativi, studiando pratiche hacker e l’implementazione di strumenti di comunicazione e social network indipendenti, realizzati dai collettivi tecno-radicali italiani.
Per Her Visual Story, evento di artivismo femminista transazionale, si è occupata di cyberfemminismo e pratiche cyberfemministe, a cui ha fatto seguito un workshop di autodifesa digitale contro il revenge porn. Giuliana vuole indagare il rapporto fra le nuove tecnologie, i media radicali alternativi e il femminismo. In particolare, indaga sul modo in cui le nuove tecnologie possono supportare i movimenti femministi e le loro pratiche, rilanciando un femminismo sia sociale che politico, che pone al centro la lotta contro la violenza di genere, il sessismo, il patriarcato, basato sull’idea di fare rete e creare una comunità politicamente attiva. In questo, le comunità virtuali possono essere un valido supporto ai movimenti femministi e in generale i movimenti sociali.
Giuliana Sorci svolge la sua attività a Palermo, ma si definisce una nomade dato che il suo lavoro la porta a viaggiare. Abbiamo avuto la possibilità di chiacchierare con lei per fare il punto, in poche battute, sul suo contributo al festival.
Qual è il legame che intercorre tra sociale e alfabetizzazione digitale? «Credo che la questione non riguardi i social come strumento di per sé; credo che l’alfabetizzazione digitale riguardi più l’educazione che ci deve essere dietro l’utilizzo di questi strumenti. Chiaramente questo strumento può essere ottimo per avere interazioni sociali con gli altri, ma allo stesso tempo se non adeguatamente conosciuto ed utilizzato può essere uno strumento di controllo e sorveglianza sociale come il cyberbullismo o il revenge porn. Sicuramente questi strumenti possono essere anche strumenti molto pericolosi. L’educazione può avvenire per mezzo di workshop curati da esperti che spiegano i modi, ma anche il perché vengono utilizzati questi strumenti. Io credo che la coscienza debba essere il primo aspetto da sottolineare nel momento in cui ci si approccia a qualcosa. Il web è un mondo dove c’è tutto e ogni cosa rimane al suo interno, e quindi saper fare uso della rete è una cosa molto importante ma per poterlo fare serve una buona educazione».
Quali sono gli strumenti forniti agli individui per muoversi nel digitale in maniera in maniera responsabile e sicura? «Come dicono gli hacker, “la migliore difesa sei tu”. Io credo molto nell’autodifesa digitale. Quindi consapevolezza. Poi rispetto a strumenti come canali di condivisione è bene valutare come condividerlo e con chi i contenuti che posto sul social network. Avere consapevolezza e responsabilità dell’uso vuol dire avere sempre, rispetto ai canali utilizzati, un anonimato e una privacy da rispettare anche in relazione ai propri dati, fare delle condivisioni differenziate e utilizzare canali non commerciali come nel caso di Signal. Mettere le conversazioni a tempo così da essere cancellate e non rimanere all’interno del web. Poi chiaramente questi strumenti social a differenza di internet 1.0 hanno la caratteristica, ovvero che consumatori e produttori sono prosumers, ovvero sono la stessa persona. Tutto quello che condividi sei tu a condividerlo, e questa è una grande differenza. Quindi la prima persona che deve proteggere la propria privacy all’interno del web sei tu. Ad esempio, quando esci blocca la connessione del cellulare perchè non sai se chi ti passa accanto può rubare i tuoi dati e oggi nel deep web le identità sono merci preziose; quindi è bene fare attenzione con chi condividiamo i dati, non diffondiamo tutto della nostra vita privata».