La storia del “cucchiaio”, da Panenka a Totti

Inventato nel 1976 e rispolverato nel 2000, il rigore “a cucchiaio” rappresenta un’eccezione alla regola nell’esecuzione del penalty.


Ventinove giugno 2000, Rotterdam, semifinale degli Europei di calcio; servono i calci di rigore per stabilire chi andrà in finale tra i padroni di casa olandesi e l’Italia. Gli azzurri hanno resistito stoicamente agli assalti degli avversari per centoventi minuti, novanta dei quali condotti in inferiorità numerica.

Quella dei calci di rigore è una vera e propria lotteria, durante la quale freddezza e coraggio contano spesso più delle capacità tecniche. I primi due rigori sorridono all’Italia con le reti di Di Biagio e Pessotto, mentre gli olandesi De Boer e Stam sbagliano l’esecuzione. Il terzo rigorista italiano è Francesco Totti e la sua rete metterebbe l’ipoteca sulla vittoria. Eccoci al momento in cui genio e sregolatezza si fondono nella stessa persona.

Prima di avvicinarsi al dischetto, Totti sussurra a Di Biagio in dialetto romanesco: «mo’ je faccio er cucchiaio». Breve rincorsa e tocco sotto a smorzare il pallone che determina una parabola a pallonetto sulla quale il portiere olandese Van der Sar nulla può: terza rete per l’Italia e pubblico “orange” zittito dalla prodezza del fuoriclasse azzurro.

Per la cronaca la sequenza dei rigori sorriderà all’Italia che accederà alla finalissima, poi persa contro la Francia. L’Europeo degli azzurri si concluderà con l’amaro in bocca, ma quel “cucchiaio” di Totti resterà nella storia del calcio. Il capitano della Roma infatti ripeterà spesso e volentieri quel tipo di esecuzione negli anni successivi, durante le partite di campionato, portando quasi sempre a compimento la realizzazione.

Gesto tecnico di classe sopraffina o azione di scherno verso il portiere avversario, il rigore “a cucchiaio” rappresenta senza dubbio un’eccezione alla regola nell’esecuzione del penalty. Il coefficiente di rischio è molto alto e il confine tra la trasformazione e l’errore è sottilissimo. Se le intenzioni del calciatore del rigore vengono intuite dal portiere, quest’ultimo compie infatti la più facile delle parate restando fermo e ricevendo il pallone “in bocca”.

Se Totti ha reso celebre questo tipo di esecuzione e altri calciatori lo hanno seguito, con alterne vicende, in realtà la storia del cucchiaio risale a molti anni prima del rigore trasformato contro l’Olanda ai Campionati europei del 2000.

Tocca spostare indietro le lancette dell’orologio calcistico, fino al 20 giugno 1976: finale degli Europei tra Germania Ovest e Cecoslovacchia. Il protagonista si chiama Antonin Panenka, baffuto centrocampista boemo, autentico padre spirituale di questo famoso gesto tecnico. La nazionale tedesca, campione del mondo in carica, è nettamente favorita, ma l’incontro si rivela più equilibrato e combattuto del previsto. Il punteggio di parità (due a due) resiste anche ai tempi supplementari e per la prima volta nelle storia delle competizioni calcistiche internazionali saranno i calci di rigore a decretare il vincitore.

La sequenza dei tiri dal dischetto arriva fino all’errore del tedesco Hoeness e quindi al tentativo di Panenka. Il portiere tedesco Maier osserva la lunga rincorsa del boemo e si aspetta la classica “bordata” alta sotto la traversa. Panenka invece, dopo una leggera finta, colpisce il pallone in modo tale da farlo impennare per poi riscendere come se fosse una “foglia morta”.

Illustre sconosciuto, così come il resto dei compagni di squadra, Panenka diventa un vero e proprio eroe nazionale, grazie alla realizzazione di quel calcio di rigore, che consegna il trofeo alla Cecoslovacchia. L’enfasi data allora a quel gesto tecnico portò il quotidiano sportivo francese L’Equipe a definire Panenka “poeta del calcio” e addirittura Pelè a dire: «solo un genio o un pazzo avrebbe potuto tirare un rigore in quel modo». In realtà, la carriera di Panenka non ha avuto grandi fortune, ma da quel giorno il rigore “a cucchiaio” venne associato a lui fino a entrare di diritto nel linguaggio tecnico calcistico.

Dal 1976 al 2000 infatti si parlava di “cucchiaio” o di “panenka”. A Totti, che quel 20 giugno 1976 non era ancora nato, il merito di aver rispolverato un gesto tecnico unico nel suo genere, la cui storia stuzzica i palati più esigenti tra gli appassionati del gioco del calcio.


 

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