La Real Casina Cinese, un piccolo scrigno di lusso e innovazione

La “Palazzina Cinese” di Palermo, ricercatezza architettonica e sperimentazione ingegneristica in un’armonia assolutamente unica e sorprendente.


La storia della Real Casina Cinese di Palermo affonda le sue radici nelle vicende storiche che coinvolsero Re Ferdinando IV di Borbone (noto anche come Ferdinando III di Sicilia e Ferdinando I delle due Sicilie) il quale nel 1799, dopo essere fuggito da una Napoli assediata dall’esercito Napoleonico, riparò a Palermo insieme alla consorte Maria Carolina d’Austria. Qui commissionò il restauro di un’antica casa in stile cinese e di alcuni terreni circostanti acquistati dal barone Benedetto Lombardo, al famoso architetto Giuseppe Venanzio Maravuglia, esponente del passaggio dal tardo barocco al neoclassicismo.

Maravuglia, noto per il suo eclettismo, con la realizzazione della casina cinese lascia un’impronta indelebile grazie al connubio di tecnica e stile. La palazzina, sita in via degli Abruzzi 1, pensata come dimora reale, si sviluppa su tre livelli ai quali teoricamente va aggiunto il seminterrato che ospita la sala da ballo e quella delle udienze.

Al piano terra, dopo la galleria di ingresso, troviamo le stanze del re, la sala da pranzo, e la sala da gioco. La particolarità più famosa dell’intero edificio si trova probabilmente proprio a questo livello, al centro della sala da pranzo dove, infatti, è posizionata una tavola detta “matematica”. Si tratta infatti non di un semplice tavolo ma di un vero e proprio marchingegno dotato di funi e carrucole che, per garantire maggior privacy ai commensali, consentiva di poter fare a meno della servitù e godere di un pasto più intimo.

Attraverso un meccanismo che la collega direttamente alla cucina (esterna alla residenza) le pietanze salivano e scendevano in automatico durante il pasto. Possiamo soltanto immaginare lo stupore che questo genere di macchine, così innovative per quei tempi, abbiano potuto suscitare sugli invitati dell’epoca, dato che, probabilmente, anche noi, oggi – seppur più avvezzi alla tecnologia – ne rimarremmo decisamente affascinati.

Tavola meccanica nella sala da pranzo (foto Davide Mauro)

La tavola meccanica della Palazzina Cinese (come è comunemente nota la struttura) ha una gemella, anche lei piuttosto famosa, sita niente meno che all’interno della Reggia di Versailles. Fu voluta infatti da Luigi XV per la sala da pranzo del piccolo castello sito nel grande parco di Versailles noto come “Petit Trianon”.

Ed è proprio alla tavola del Petit Trianon che Maravuglia si ispirò per il suo progetto, dando testimonianza di arditezza, non solo a livello tecnico, ma anche stilistico, nonché simbolico. La tavola ha quattro fori centrali dai quali salivano e scendevano le pietanze direttamente sui piatti di portata e i commensali avevano la possibilità di comunicare con la cucina grazie ad un sistema di campanelli e nastri colorati che specificavano il contenuto delle portate.

Al primo piano troviamo invece altri spazi riservati al re e le stanze adibite ad alloggio del suo seguito, quindi della corte reale. Sono stanze considerate meno maestose rispetto al resto degli interni della struttura. Nulla di paragonabile al secondo piano che ospita gli alloggi della Regina, considerabile la pietra preziosa più splendente della Palazzina Cinese. Oltre la stanza della Regina, qui troviamo un salone da ricevimento detto “salotto turco”, la camera da letto con alcova in stile neoclassico e infine il magnifico bagno chiamato “gabinetto delle pietre dure”.

Di sicuro quello che colpisce della Real Casina Cinese è l’esoticità dello stile decorativo. Stile che, al contrario di quanto si pensi, era ampiamente diffuso nella Sicilia del ‘700 negli ambienti aristocratici. Gli elementi decorativi della palazzina si ispirano tuttavia a stili diversissimi tra loro, dallo stile turco a quello pompeiano, passando per il trionfo del neoclassicismo.

Per la realizzazione di questi “interni-gioiello” lavorarono i più grandi pittori e scultori del tempo. Ad esempio, la sala da ballo e quella delle udienze (seminterrato) furono decorate da Giuseppe Velasquez, uno dei più importanti esponenti del neoclassicismo italiano tra il XVIII e il XIX secolo. Al salone del primo piano troviamo i pannelli in stoffa dipinti da Vincenzo Riolo, mentre le pareti della sala da pranzo furono dipinte da Benedetto Cotardi.

Decorazioni con affreschi sui soffitti – Giuseppe Velasquez (foto tato grasso)

Alla sommità dell’edificio troviamo una terrazza – considerabile in linea di principio come un terzo piano – che era stata pensata in origine come uno spazio adibito ad osservatorio. Anche in questo caso il soffitto della terrazza, nota come “stanza dei venti”, è adornato dalle pitture di Rosario Silvestri.

Nel 2005 la Palazzina Cinese ha subito una notevole opera di restauro degli interni di tutti i saloni, «il completamento di alcuni lavori edili e l’impiantistica del sistema elettrico, antincendio e antifurto oltre all’allacciamento dei canali di scarico alla rete fognaria» (riportando il testo da Repubblica). Si trattò di un’operazione estremamente complessa dal momento che occorreva rispettare la vastissima diversità di stili e materiali, dai marmi ai legni dipinti, passando per lampadari e stucchi, tutti con una tipologia decorativa diversa. Dal punto di vista architettonico, si è provveduto invece all’eliminazione delle zone di umidità dalle sale dell’orchestra e da ballo e a ripristinare il collegamento con le antiche cucine.

Anche la Palazzina Cinese rientra quest’anno nel contest FAI (Fondo Ambiente Italiano), ed è possibile eleggere questo edificio a “luogo del cuore” entrando nel sito e votandolo con un solo click!

Foto in copertina (Wikipedia) Chiara_saffioti