La pandemia ferma i conflitti armati nel mondo. Utopia o realtà?
Il Segretario Generale delle Nazioni Unite António Guterres, in una conferenza stampa on-line di domenica 23 marzo, ha lanciato un appello: «È ora di fermare i conflitti armati e concentrarsi, tutti, sulla vera battaglia delle nostre vite». Un vero e proprio “cessate il fuoco” globale, volto a fronteggiare «il nemico comune: Covid-19».
Tutto il mondo è “nudo” di fronte alla pandemia, come ci ricorda Guterres quando afferma che «al virus non interessano nazionalità, gruppi etnici, credo religiosi. Li attacca tutti, indistintamente». Si sofferma, inoltre, sulla vulnerabilità di «donne e bambini, persone con disabilità, marginalizzati, sfollati» che rischiano «perdite devastanti a causa del Covid-19». La pericolosità del virus Sars-Cov-2, continua Guterres, «illustra la follia della guerra», e a tutti i soggetti coinvolti negli attuali conflitti che imperversano nel mondo, si rivolge così: «Ritiratevi dalle ostilità. Accantonate diffidenza e animosità. Fermate le armi, l’artiglieria, i raid aerei. […] Arrestare la piaga della guerra che sconvolge il nostro mondo comincia con il mettere fine ai conflitti ovunque. Adesso. È ciò di cui la nostra famiglia umana ha bisogno, ora più che mai».
L’appello è arrivato in un momento in cui la pandemia si appresta a interessare quasi tutte le nazioni del mondo. Le parole di Guterres pesano come macigni, rendono palpabile la storicità del momento che stiamo attraversando, ed evocano scenari utopici, a tratti surreali, quelli di un mondo senza più guerre. Saranno state ascoltate?
Le menzioni sulla vulnerabilità dei popoli di ogni continente appaiono coerenti se messe a fianco e integrate ad una comunicazione del Segretario Generale Guterres al Consiglio dei Diritti Umani del 24 febbraio. «I diritti umani sono sotto attacco», ha affermato Guterres. L’emergenza pandemica, aggiunta ai conflitti in corso nel mondo, rappresenta un binomio che può incidere negativamente sulle violazioni dei diritti umani già in atto nel mondo, specialmente in contesti dove sono in corso dei conflitti armati. Le preoccupazioni del Segretario Generale sono fondate, se consideriamo che i conflitti in corso nel mondo in questo momento sono svariati e di diversa natura. Conflitti di natura etnica o religiosa in cui vengono lesi i diritti umani delle minoranze, le guerre civili, come nel caso del Camerun, le guerriglie di milizie ed eserciti irregolari, tra cui quello nelle Filippine, a vere e proprie guerre disastrose come quelle in corso in Siria, Afghanistan, Yemen e Libia. Un’idea della situazione attuale nel mondo, che comprende anche le frizioni che potrebbero potenzialmente causare altri conflitti, ci viene fornita dal Global Conflict Tracker del Council on Foreign Relations.
È proprio in alcuni dei conflitti citati che si è arrivati ad un cessate il fuoco temporaneo. I ribelli comunisti nelle Filippine nella New People’s Army hanno fermato le violenze, in diretta risposta all’appello di Guterres. Il conflitto tra i ribelli e il governo delle Filippine è uno dei più lunghi della storia dell’Asia, e va avanti dal 1969. In una lunga scia di violenze, sono state uccise più di 120 mila persone e gli sfollati ammontano a 2 milioni. Si ferma anche la guerra civile in Yemen, un conflitto che dal 2015 ha messo più di 14 milioni di persone a rischio tra la morte e la fame, come ripreso da Human Rights Watch.
In Camerun, una delle milizie separatiste nella regione anglofona, la Cameroons Defence Forces (Socadef), ha annunciato il cessate il fuoco per permettere alla popolazione di essere testata per un’eventuale positività al nuovo Coronavirus. Le violenze nel Nord-ovest e Sud-ovest della regione hanno causato 3 mila vittime e portato alla fuga di più di 700 mila persone dalle loro case, maggiormente verso il confine con la Nigeria. Anche in Colombia si ripongono temporaneamente le armi: la guerriglia dell’Esercito di Liberazione Nazionale, una delle ultime rimaste nell’ambito del conflitto colombiano, ha annunciato uno stop alle sue azioni fino al 30 aprile alla luce dei pericoli della diffusione del coronavirus.
In Siria, teatro di uno dei più cruenti conflitti della storia contemporanea iniziato sull’onda lunga delle primavere arabe e che ha causato una tragica crisi umanitaria, soltanto le Forze democratiche siriane (Sdf) hanno supportato l’idea di un cessate il fuoco, ma l’appello delle Nazioni Unite è rimasto inascoltato nonostante, in un contesto lacerato da una guerra violentissima e con strutture ospedaliere distrutte o inefficienti nella maggior parte del territorio, un’epidemia causata dal virus Sars-Cov-2 avrebbe conseguenze disastrose sulla popolazione. Inoltre, dei missili israeliani sono stati lanciati verso il governatorato di Homs con l’obiettivo di colpire delle postazioni militari dell’esercito siriano.
Purtroppo, non sono tutti i fronti in cui le parti in campo hanno deciso di sospendere le violenze e le attività belliche. È il caso della Libia dove le fazioni militari, coinvolte nella guerra che da anni interessa lo stato nordafricano, hanno ignorato l’appello della Nazioni Unite e accelerano costantemente le azioni offensive. Qui la battaglia si trova in un momento chiave per il destino del Paese.
Alle parole di Guterres sono seguiti, come nel caso dei Paesi sopracitati, dei cessate il fuoco che hanno sorpreso non poco gli osservatori internazionali. Tuttavia, molte di queste misure appaiono timide e di natura temporanea, facendo presupporre che i conflitti, nella maggior parte dei casi, riprenderanno non appena il mondo avrà superato l’emergenza dettata dalla pandemia del nuovo Coronavirus. È da evidenziare, comunque, l’impegno delle Nazioni Unite per fronteggiare l’emergenza, conglobato nel Piano globale d’azione umanitaria di 2 miliardi di dollari destinato ai Paesi più vulnerabili. A pagina 10, nella sezione intitolata “Humanitarian needs analysis”, è presente una valutazione della situazione umanitaria in Paesi e contesti dove i rischi sono più alti e dove sono già in atto delle missioni per conto delle Nazioni Unite e/o enti e organizzazioni affluenti.
Dopo il lancio del Piano d’azione umanitaria, Mark Lowcock, il responsabile di OCHA, l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari, ha dichiarato: «Abbandonare al proprio destino i più poveri e i Paesi più vulnerabili al mondo sarebbe crudele e stolto. Se lasciassimo il COVID-19 libero di diffondersi in queste aree, metteremmo a rischio milioni di persone, le cui regioni di appartenenza precipiterebbero nel caos, permettendo al contagio di continuare indisturbato».