La storia a lieto fine di Palazzo Butera

Palazzo Butera, la cui struttura risale al 1692, si erge nel cuore dello storico quartiere palermitano della Kalsa. A volere la costruzione dell’edificio furono i Branciforti, i quali, dal momento che  nessun palazzo vicino al mare godeva di particolare rilievo, scelsero quell’area per costruire un nuovo casino. Il palazzo negli anni venne più volte rimodernato; di rilievo, infatti, furono i lavori commissionati del principe Ercole Michele Branciforti che, nel 1712, ivi stabilisce la propria residenza. Nel 1759, a seguito di un incendio, gran parte del palazzo rimane distrutta.

Il palazzo viene così completamente rinnovato ed unito al palazzo a fianco – di proprietà dei Moncada, principi di paternò e di Caltanissetta – e acquistato dopo l’incendio dal principe Branciforti. Si collocano in questi anni gli affreschi ad opera di Giocchino Martorana e di Gaspare Fumagalli. Nel 1814 la proprietà del palazzo passa dall’ultima erede della famiglia nobiliare, Stefania Branciforti principessa di Butera, ai Lanza principi di Trabia.

Nel 2016 il palazzo viene acquistato dai coniugi Valsecchi che ne hanno interamente finanziato il restauro e il progetto di conversione in centro per le arti e la cultura. I lavori di ristrutturazione, o meglio rigenerazione, del palazzo hanno avuto inizio nel mese di gennaio dello stesso anno, sotto la guida dell’ingegnere Marco Giammona. Nel 2018 Palazzo Butera viene aperto al pubblico in occasione di Manifesta 12 , biennale nomade europea di arte contemporanea. Tra le varie proposte della mostra ha avuto grande eco l’installazione “Teatro del Sole” del collettivo artistico di Los Angeles “Fallen Fruits”.

Oggi Palazzo Butera è visitabile come cantiere aperto: il visitatore, oltre a poter apprezzare le opere già ospitate, ha anche l’opportunità di seguire, anche attraverso supporti tecnologici, i lavori di restauro che stanno via via rigenerando il palazzo. Il secondo piano nobile che ospiterà la collezione permanente dei coniugi Valsecchi, momentaneamente in prestito al Fitzwilliam Museum di Cambridge e all’Ashmolean Museum di Oxford, rivela le varie “facce” del Palazzo.

Dal salone di ingresso, nel quale l’attenzione del visitatore viene attratta dal grande vuoto sull’affresco del soffitto andato perduto, segue una lunga fila di stanze dagli affreschi originali; il piano inoltre presenta un salone centrale che fa da collegamento alle quattro sale segnate dall’intervento contemporaneo dell’artista inglese David Tremlett. Un percorso che permette di confrontarsi con la distruzione, il recupero, e la trasformazione; tre aspetti che all’interno di Palazzo Butera non possono far altro che coesistere.

In occasione di alcune aperture straordinarie, inoltre, sono stati aperti i tre saloni del primo piano nobile, normalmente esclusi della visita, che ospitano numerose opere della collezione Valsecchi: dipinti di Annibale Carracci, di Edward Burne-Jones, di Sassoferrato, mobili delle Grandi Esposizioni, porcellane di Ginori e vetri francesi del primo Novecento.

palazzo butera
Interno di Palazzo Butera. Foto di Roberta Restivo.

I locali del piano terra, dove i lavori sono già stati completati, rappresentano l’idea dei Valsecchi di spazio espositivo moderno: il design si fonde alla praticità permettendone un’ottima fruizione; qui troviamo una sala dedicata all’esposizione dei dieci soprapporta ritrovati al primo piano nobile del palazzo, raffiguranti dieci città: Mazzarino, Santa Lucia, Pietraperzia, Niscemi, Barrafranca, Grammichele, Butera, Raccuia, Militello e Scordia.

Nel cortile è possibile ammirare la Jacaranda, le cui radici sono state ritrovate all’interno di un canale di passaggio delle acque piovane rivestito in maioliche del ‘700 e dell‘800. Si giunge così all’archivio mobile dalle scaffalature rosso pompeiano e dalle cornici “color caffè”, realizzato nel 1795 su disegno dell’architetto Pietro Trombetta.

La visita include la possibilità di passeggiare nei sottotetti dove si può ammirare, da una prospettiva inusuale, il sistema meccanico e tecnico che sorregge le volte: durante il restauro dei tetti sono state messe in salvo tutte le capriate e i coppi antichi ricollocati al loro posto. Il percorso termina con l’accesso al torrino che permette al visitatore di godere, a 360 gradi, dello straordinario panorama di Palermo. Il progetto di restauro e destinazione a galleria d’arte di Palazzo Butera, vale ai coniugi Valsecchi, nel 2016, la dodicesima edizione del “Premio delle Associazioni”. L’iniziativa, portando con sé il recupero del patrimonio storico-artistico-monumentale di Palermo, fu ritenuta esemplare dalla Giuria.

Il progetto di Palazzo Butera restituisce alla nostra città una porta sul Mediterraneo, su quel mare che da sempre è stato portatore di contaminazioni e integrazione; idea, questa, che viene resa al meglio dalle parole dello stesso Valsecchi: «Oggi le migrazioni rappresentano un fattore di crisi del progetto europeo e la Sicilia, con la sua storia millenaria, può costituire un rinnovato esempio di accoglienza e integrazione. In Sicilia, a Palermo, il quartiere della Kalsa porta i segni di questa stratificazione storica e culturale, che fa da sfondo alla rinascita di Palazzo Butera» .

Un atto di coraggio notevole quello di investire in un così ambizioso progetto per la nostra città che, sebbene abbia tantissimo da offrire, a volte sembra dimenticarlo. L’intento dei Valsecchi, difatti, non è tanto quello di recuperare il palazzo o il quartiere, piuttosto di far sì che Palermo, grazie a questo primo passo, possa intraprendere un percorso proiettato al futuro, che la porti ad essere un riferimento di scambi internazionali.

Foto nello slideshow di Roberta Restivo