Chi lavora da casa e chi ha lasciato «casa» al Sud

Tutta l’Italia è legata dalla stessa emergenza. A causa dell’epidemia di Covid-19, vige la regola del non spostamento e torna utile lo smart working. “Scappare” continua ad essere un gesto insensato oltre che perseguibile – eccetto che per motivi lavorativi o di salute. In quest’ultima settimana abbiamo raccolto queste testimonianze che, ancora di più oggi, sono importanti e fanno capire quale sia il gesto più giusto e amorevole che una persona possa fare nei confronti delle persone care e della propria terra natia.

(Sergio) Sono un palermitano che vive e lavora a Milano da 4 anni e oggi vivo, come molti, una situazione abbastanza surreale che non ho mai vissuto in vita mia. Dal 10 marzo l’intera Italia è stata dichiarata “zona rossa” e qui in Lombardia abbiamo il divieto di uscire di casa se non per motivi strettamente necessari. Questa è la terza settimana che rimango a casa e ho la fortuna di essere tra quelli che può continuare a lavorare da casa, semplicemente per il tipo di lavoro che faccio. “Fortuna”, appunto, perché in una situazione del genere chi non è fortunato non so come possa fare senza un lavoro.

Sinceramente prima che tutto questo diventasse così allarmante non avevo preso sul serio questa cosa. Poca informazione probabilmente, oppure nessuno shock. Lo stesso che porta molte persone tutt’ora a non rispettare le regole. Da un lato perché forse non sono state vere e proprie regole ma “suggerimenti” del Governo, come quello di come lavarsi le mani per un minuto. Dall’altro perché molti, forse me compreso, non capiamo mai l’importanza delle cose finché non ci sentiamo colpiti. Come se ci volesse il lutto di un nostro parente o il rifiuto alle cure di un nostro caro in ospedali al collasso per capire che la faccenda è reale e non dall’altra parte del mondo.

Ora che siamo noi a non poter fuggire valigia alla mano verso casa, facendo tutto il contrario di un’azione razionale che non vuole aumentare la possibilità di diffusione, bloccati sui treni, alle stazioni, al confine con la nostra provincia, forse ora capiamo come ci si sente a non essere accolti. Ma finché non lo provi non ti riguarda. La verità è che questa epidemia fa riflettere in senso ampio. Fa capire che non è facile affrontare qualcosa del genere, non è semplice prendere decisioni che, differentemente dalla chiacchierata al bar, coinvolgono tante variabili e sono molto più complessi di un “chiudiamo tutto”.

L’epidemia sta mettendo alla luce tante cose negative di cui non ci accorgiamo perché non tutti i giorni siamo in emergenza (ospedali al collasso, carceri in rivolta, per esempio) e perché le cose semplicemente non ci toccano. E ci sta suggerendo forse tanti spunti positivi. Ci sta facendo vedere come si può essere tutti uniti a raccogliere 3 milioni di euro in 24 ore per gli ospedali, che forse tutti quelli con le valigie alla stazione non sono degli stupidi ignoranti ma magari fuori sede senza una casa nel posto in cui si trovavano per lavoro o studio o vacanza, o preoccupati per un caro da accudire a casa o semplicemente spaventati. Forse ci insegna che si può lavorare più spesso da casa riducendo l’inquinamento, gli spostamenti inutili. Siamo pur sempre nel 2020. Ne potremmo trarre qualcosa di positivo, un insegnamento, quando questo, speriamo il più presto possibile, sarà passato con il minor numero possibile di vittime.

(Priscilla) Abito a Milano da quattro anni, ma sono originaria di Palermo. Milano è una città splendida, che amo tantissimo e che mi ha accolto subito. Vederla così, deserta e spenta, fa davvero male e la situazione è surreale, ma quello che mi preoccupa di più è la crisi economica che tutto il Paese attraverserà. Sinceramente, però, non ho pensato nemmeno per un istante di tornare a Palermo all’annuncio della “zona rossa” in Lombardia, sia perché non avrei mai voluto esporre a un eventuale rischio la mia famiglia e sia perché non siamo in uno scenario comunque apocalittico qui: i supermercati sono aperti, nei negozi si può comprare tutto il necessario, basta stare in casa e tutelarsi e non cambia poi tanto che stare altrove.

(Vincent) È sabato 7 Marzo, intorno le 7 di sera, finito il mio turno, ritorno a casa, dall’indomani avrei iniziato la mia settimana di ferie a Palermo. Da diversi giorni ero combattuto sul da farsi: se andare in Sicilia oppure no. Milano non era ancora “zona rossa”. Intorno alle 20 inizio a ricevere delle chiamate dai colleghi che mi avvisano di leggere sui social di un decreto in cui la Lombardia verrà «chiusa» fino al 3 Aprile.

Dopo qualche minuto di paura e sconforto ho capito che era giusto che fosse così e che era meglio disfare le valigie e anche se Alitalia non aveva cancellato il volo, per senso di responsabilità verso i miei cari e per tutte le altre persone, sono rimasto a casa. Non giudico chi invece è scappato, molti erano giovani impauriti, molti semplicemente egoisti che senza pensare alle conseguenze sono scappati non rispettando le regole base della civiltà. Passerò la mia settimana di ferie a casa tra libri, film e i social, se vogliamo aiutare a sconfiggere questo virus dobbiamo privarci momentaneamente di qualcosa.


Copertina di Luigi Rosa