Meglio «ciuri» che mal accompagnati

«Shh…»: è iniziato così l’omaggio di Diletta Leotta alla Sicilia sul palco dell’Ariston. Dovremmo forse dirle grazie per aver portato il folklore siciliano su un palco internazionale, ma il suo mash-up a Sanremo 2020 fa venire voglia solo di chiederle silenzio. L’identità rivendicata attraverso la musica come linguaggio universale sembrerebbe un’idea originale, il tentativo di uscire dal folklore e rendere una musica tradizionale siciliana più moderna poteva essere un modo ironico di abbandonare stilemi e proporre qualcosa di tradizionale in chiave moderna.

Ciò che stona è la mancanza di un substrato culturale che possa spiegare l’unione di due tradizioni musicali molto distanti che non si raccontano a vicenda e che danno vita ad un’interpretazione piena di cliché. Invece di valorizzare la Sicilia dando dignità alla nostra lingua e ai nostri suoni, lo spettacolo ha sottolineato e alimentato la A di adulterio della Lettera Scarlatta, enfatizzando i difetti siciliani con un sottofondo musicale tra i più tipici dell’isola, conosciuto in tutto il mondo. “Shh!” ricorda l’omertà; “Shh!” ricorda la mafia, la enfatizza, la rende quasi teatrale; “Ciuri Ciuri” a ritmo di Lose yourself di Eminem è un mix di stili musicali presi da due sfere diverse, che racchiudono storie sociali differenti.

Eminem con la sua musica racconta le periferie americane, è un ribelle che da voce agli emarginati. “Ciuri Ciuri” invece è parte di un repertorio che canta di amore, di quotidianità; i suoi ritmi vivaci e allegri fanno tenere la gonna lunga delle donne con una mano e fanno venir voglia di ballare in cerchio facendo festa. All’origine le strofe parlavano di abbandoni e di delusioni amorose ma nel tempo le strofe d’amore furono collegate a vari fiori, per l’appunto i “ciuri di gelsomino” e di “nepitella”, per esaltare la bellezza femminile e innalzarla a quella del fiore citato. La bellezza genuina della donna, naturale come quella di un fiore che sboccia e non quella volgare della donna immagine.

Se voleva essere un omaggio alla Sicilia e una rilettura moderna del testo, allora è stato un flop. Dal punto di vista musicale la rinuncia alle certezze ritmiche, senza rispetto per il suono originale, non ha modernizzato l’arrangiamento ma l’ha portato in un altro tempo, lontano dal suo significato. Guardando i contenuti, invece di riscattare dai cliché li ha enfatizzati, in un calderone pieni di coppole, mafia e silenzio omertoso.

Se proprio vogliamo portare ai giorni d’oggi la tradizione siciliana, diamo spazio a chi la studia e la fa evolvere in un concetto di musica nuovo e innovativo, rispettoso del suono tradizionale. Diamo voce agli ambiziosi progetti di cantautori siciliani emergenti: tra i primi Alessio Bondí, i Lauritari e Carlo Muratori, che come tanti altri artisti siciliani tentano di far rivivere la musica folkloristica oltre ogni tempo.