Palazzo Filangeri Cutò: una casa “divisa” che chiede di restare in piedi

L’ultima tappa di questo piccolo itinerario è Palazzo Filangeri Cutò, sito in via Maqueda 26. Per questa ex dimora nobiliare il bando prevede la ristrutturazione di prospetti e coperture, le quali mostrano (come visibile in foto) già da tempo di essere in avanzato stato di deterioramento.

Il palazzo, dopo l’estinzione della Famiglia Filangeri nel 1873, è stato venduto più volte e l’edificio è stato suddiviso in varie proprietà, alcune delle quali sono state date in affitto. Questo è dovuto alle enormi dimensioni della struttura che conta ben 65 metri di prospetto e si estende su due “corpi di fabbrica” che sono attraversati da una strada pubblica (via Chiappara) ma che sono allo stesso tempo tenuti insieme da un arco, denominato appunto “Arco di Cutò”. Attraverso questo arco è possibile raggiungere il mercato di Ballarò il cui nome deriva dall’arabo “Suk al Ballarath” che significa “mercato di specchi” o “dei cristalli”.

La costruzione dell’edificio occupò circa 70 anni. Dall’inizio dei lavori nell’ultimo decennio del XVII secolo, ad opera dell’architetto romano nonché sacerdote Giacomo Amato, la dimora fu terminata solamente nel 1760. Oltre al primo piano nobile, ne venne aggiunto un secondo, al quale seguì un terzo piano, raggiungibile mediante lo scalone principale in marmo rosso, che consta di una galleria “sfinestrata”. Date le enormi proporzioni della struttura per ultimare le decorazioni dei saloni interni del piano nobile ci volle quasi un secolo, queste ultime si protrassero infatti per tutto il XVIII secolo.

Palazzo Filangeri fu la dimora del principe Alessandro Filangeri Gravina principe di Cutò. Per gestire questa enorme proprietà, che comprendeva oltre la casa, cucine, scuderie e rimesse, si calcola che lavorassero praticamente no stop circa 300 persone. Il principe possedeva inoltre, all’interno del palazzo, una grandiosa biblioteca, che nel 1823 confluì nella raccolta della Biblioteca Comunale, di cui a tutt’oggi costituisce il nucleo centrale. Oltre alla biblioteca il palazzo ospitava anche una pinacoteca.

Secondo lo storico nonché barone Bartolomeo Giacone, il principe Alessandro fu fornito di una non comune intelligenza e di una tenace volontà, «eccellendo nelle lettere e nelle belle arti e le sue molteplici e monumentali opere rimasero a perenne testimonianza della sua magnificenza».

Infatti, oltre Palazzo Filangeri, il principe Alessandro II ampliò il palazzo baronale di Santa Margherita di Belice (Agrigento), «costruendovi tutta la parte anteriore con grandi saloni e un teatro, al quale diede il nome di Teatro Sant’Alessandro per onorare la memoria del nonno santamente vissuto». Nell’ampliare il palazzo creò quello che divenne il primo dei tre cortili. Sistemò il grande salone d’ingresso, dove collocò la “quadreria”, termine seicentesco con cui si cominciarono ad indicare le prime collezioni private di dipinti. Creò accanto al palazzo un grande giardino con delle fontane zampillanti e fece disporre sulle pareti della stanza da pranzo delle grandi tele raffiguranti i principi Filangeri.

Palazzo Filangeri di Cutò a Santa Margherita di Belice (AG)

In questo palazzo baronale, fratello in un certo modo di quello palermitano di via Maqueda, trascorse numerose estati della sua infanzia lo scrittore Giuseppe Tomasi di Lampedusa, che discendeva per parte materna dai Filangeri Cutò. Non a caso, lo utilizzò come modello per il Palazzo di Donnafugata del “Gattopardo”.

Nel 1968 il palazzo di Santa Margherita, altra gemma che testimonia la magnificenza del principe Alessandro II Filangeri, andò quasi completamente distrutto durante il violento terremoto del Belice (si salvò solamente la facciata), ed è stato in seguito parzialmente ricostruito, ospitando oggi la sede del Municipio, del Museo del Gattopardo, dell’Istituzione Parco Letterario Giuseppe Tomasi di Lampedusa.


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