Vanessa Nakate: l’altro volto dell’attivismo “verde”
Errore umano o ennesimo caso di razzismo? Di certo, il caso di Vanessa Nakate impone di guardare alle conseguenze del cambiamento climatico in Africa.
Nella giornata di venerdì 24 gennaio si è tenuto l’incontro annuale del World Economic Forum, a Davos, nella piccola cittadina svizzera. L’argomento centrale del Forum internazionale, ormai diventato spazio dedicato al confronto e al dialogo sulle questioni, non solo economiche ma soprattutto ambientali, è stato lo sviluppo sostenibile.
Per un tema così centrale nelle odierne discussioni sul cambiamento climatico e i danni ambientali, sono stati invitati a partecipare importanti figure del panorama europeo e internazionale: la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, il presidente della Banca Centrale Europea Christine Lagarde, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump e molti altri capi di Stato.

L’attenzione mediatica, tuttavia, si è concentrata sulle più giovani attiviste “verdi”: le svedesi Greta Thunberg e Isabelle Axelsson, l’ugandese Vanessa Nakate, la tedesca Luisa Neubauer ed infine, la svizzera Loukina Tille. Le giovani attiviste ambientali hanno partecipato con entusiasmo e dedizione alla conferenza, dando voce alle proprie convinzioni e opinioni.
In particolare Vanessa Nakate, ugandese di ventidue anni e studentessa a Kampala, ha dimostrato con coraggio la sua adesione alla causa del Fridays for Future, manifestando nel suo paese per la protezione della foresta pluviale della Repubblica Democratica del Congo, contro gli incendi dolosi e l’alto tasso di deforestazione. Proprio per il suo forte coinvolgimento e la personale battaglia contro la crisi climatica, la giovane studentessa è diventata portavoce del movimento verde in Africa.
Nonostante il contributo della Nakate durante il World Economic Forum, per quello che doveva essere un giorno dedicato alla promozione della sostenibilità ambientale, l’attenzione si è spostata verso uno spiacevole episodio ai danni della figura della giovane ugandese.
Accuse di razzismo sono state mosse, infatti, contro l’agenzia internazionale di stampa statunitense Associated Press, nota anche come AP, che ha pubblicato una foto di gruppo raffigurante le attiviste nella quale tuttavia la Nakate risulta tagliata, senza alcun motivo.
In un video di denuncia su Facebook, la Nakate ha dichiarato: “Ora ho imparato la definizione di razzismo”. Dopo le scuse pubbliche di Associated Press, che si è giustificata per l’accaduto sostenendo che si sia trattato di un errore umano e a cui si è prontamente cercato di rimediare sostituendo la foto, la giovane ugandese ha poi dichiarato su Twitter: “Non avete solo rimosso una foto, avete rimosso un continente”.
L’Africa è, infatti, uno dei continenti più colpiti dal cambiamento climatico e dai disastri ambientali: piogge torrenziali, monsoni e tempeste di sabbia che piegano il gigante africano e stanno producendo perdite di raccolti, migrazioni forzate e carestie. Vanessa Nakate ha cercato di evidenziare il problema nel suo paese, attraverso manifestazioni non violente, per sopperire alla mancanza di programmi scolastici che possano educare i giovani sulle reali sfide ambientali che stanno affrontando oggi e per informare tutta la società.
La rimozione della Nakate dalla foto di gruppo è stata quindi interpretata dalla stessa come uno scarso interessamento alla questione climatica africana, sottintendendo così la presenza di paesi di serie A e di serie B. Resta comunque il dubbio se si sia trattato di un errore commesso in buona fede o di una scelta dettata da fattori discriminatori, ampiamente criticati e condannati dall’opinione pubblica.
Federica Gargano