Berlino, 7 punti per la Libia

Dopo circa quattro ore si è chiusa la conferenza di Berlino sulla Libia. Salta all’occhio l’assenza al summit, sponsorizzato dalle Nazioni Unite, dei due leader libici, Fayez Sarraj e Khalifa Haftar, i quali hanno avuto colloqui separati con la cancelliera Angela Merkel, la quale a sua volta ha ricevuto tutti i leader internazionali invitati (esclusa la Tunisia perché coinvolta tardivamente).

In serata la cancelliera ha sentito separatamente i protagonisti libici riferendo poi le posizioni di entrambi in un nuovo tavolo dei lavori. Da Mosca, dove l’accordo è mancato, la questione libica è rimbalzata dunque a Berlino, al meeting voluto dalla cancelliera Angela Merkel: tra gli obiettivi dell’incontro un’intesa su cessate il fuoco, embargo delle armi con eventuali sanzioni Onu per chi non lo rispetta e ripresa del processo politico per la stabilizzazione del Paese.

Presenti invece i principali sponsor delle due forze in campo: la Turchia, unico paese estero ufficialmente coinvolto con un contingente militare che sponsorizza al Sarraj, con il quale ha firmato un accordo che favorisce gli interessi turchi nel Mediterraneo orientale, e la Russia che sostiene il leader della Cirenaica Haftar, il quale nel frattempo ha deciso di chiudere i pozzi di petrolio, bloccando l’export.

Presenti anche i vertici dei principali paesi europei: Germania, Italia, Regno Unito. E la Francia, unica nazione europea schierata con Haftar, insieme a Emirati Arabi e Egitto. Il Cairo è stata l’ultima tappa della missione diplomatica del presidente del Consiglio italiano, Giuseppe Conte, in nord-Africa. L’Italia ha insistito per il coinvolgimento di tutti gli attori vicini allo scenario di guerra, affinché l’Unione Europea possa parlare con una sola voce, come sostenuto dal ministro degli esteri Luigi Di Maio.

Al tavolo si sono seduti anche la Cina e gli Stati Uniti, con il segretario di Stato Mike Pompeo e il consigliere per la sicurezza nazionale Robert O’Brien.

La Conferenza è iniziata subito in un clima abbastanza teso per via delle proteste della Grecia: venerdì il primo ministro Kyriakos Mitsotakis, il giorno dopo avere incontrato il generale Haftar, aveva espresso il suo disappunto per l’esclusione dalla Conferenza di Berlino e promesso di porre il veto a qualsiasi soluzione sul Paese nordafricano se l’accordo turco-libico, che prevede trivellazioni nel Mediterraneo, non fosse stato stracciato.

Oltre a questo, nei giorni scorsi c’è stato un incontro a Mosca tra la cancelliera Angela Merkel e il presidente russo Vladimir Putin. In quell’incontro si è parlato anche della crisi libica, in vista della Conferenza di Berlino, con un riavvicinamento tra i due Paesi. Nello specifico, l’idea della Merkel è stata quella di consolidare un asse russo-europeo per neutralizzare il progetto egemonico di Erdogan, riducendo sia il rischio terrorismo, sia il controllo del fenomeno migratorio delle coste della Tripolitania da parte di Ankara.

L’accordo raggiunto durante il summit di ieri verte su tre punti: cessate il fuoco, rispetto dell’embargo sulle armi e redistribuzione dei proventi del petrolio. Sette sono i punti totali, in un documento di 55 articoli.

Per quanto riguarda il cessate il fuoco, tutte le parti devono cessare le ostilità dismettendo le armi pesanti, l’artiglieria, i mezzi aerei e “tutti i movimenti militari o quelli in supporto nell’intero territorio libico”. Viene affidato all’Onu il compito di agevolare i negoziati per la tregua, monitorare e verificare la tenuta attraverso l’immediata creazione di “comitati tecnici”.

Secondo step è il rispetto assoluto dell’embargo sulle armi previsto dalle risoluzioni del Consiglio di sicurezza Onu. E un appello a tutti gli attori affinché si astengano da “attività che aggravino il conflitto o non siano conformi con l’embargo sulle armi o il cessate il fuoco, incluso il finanziamento di capacità militari o il reclutamento di mercenari”. Chiesta inoltre l’applicazione delle sanzioni Onu contro coloro che “violino l’embargo sulle armi o il cessate il fuoco”.

Una volta raggiunti questi due step, occorrerà pensare al processo politico con “la creazione di un Consiglio presidenziale funzionante e di un singolo, unitario, inclusivo ed effettivo Governo nazionale libico approvato dal Parlamento”. Sono previste inoltre riforme nel settore della sicurezza, atte a “ripristinare il monopolio dello Stato sull’uso legittimo della forza” e il sostegno “alla creazione di forze nazionali libiche di sicurezza, di polizia e militari sotto il controllo centrale dell’autorità civile”. Tutto questo insieme a riforme economiche e finanziarie, chiedendo che tutte le parti continuino “a garantire la sicurezza delle infrastrutture petrolifere, rigettando ogni azione mirata a danneggiarle”.

Infine, si “sollecita a rispettare pienamente il diritto internazionale umanitario e i diritti umani, a proteggere i civili e le infrastrutture civili”, prevedendo anche la graduale chiusura dei centri di detenzione. Prevista anche l’istituzione di un comitato speciale di follow-up, sotto l’egida delle Nazioni Unite, per attuare e monitorare i risultati della conferenza di Berlino.

I tre punti principali dell’intesa di Berlino sulla Libia spiegano i toni trionfalistici di Germania, Unione europea e Nazioni Unite: «Abbiamo trovato la chiave», afferma il ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas. I leader che hanno partecipato alla conferenza di Berlino non hanno tuttavia discusso di possibili sanzioni per eventuali violazioni dell’embargo sulle armi alla Libia.

«Abbiamo messo a punto un piano molto ampio, tutti hanno collaborato in modo molto costruttivo, tutti sono d’accordo sul fatto che vogliamo rispettare l’embargo delle armi con maggiori controlli rispetto al passato. Siamo stati tutti d’accordo sul fatto di non sostenere militarmente nessuna delle parti in Libia», ha dichiarato Angela Merkel a margine della conferenza.

Il presidente francese Emmanuel Macron ha rivolto un invito di maggior collaborazione alla Turchia, accusata di inviare combattenti siriani. Il presidente russo, Vladimir Putin, ha sottolineato che durante l’esame al Consiglio di sicurezza Onu delle conclusioni elaborate nella conferenza sulla Libia «sarà tenuto conto del parere dei libici».

«Ci possiamo ritenere soddisfatti perché comunque abbiamo ottenuto passi avanti», ha detto il premier Giuseppe Conte, mentre il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha spiegato: «speriamo non serva una nuova conferenza di Berlino perché tutte le riunioni successive saranno i cosiddetti seguiti e in questo l’Italia è disponibile ad ospitare queste riunioni gestite dai vari ministri dei Paesi coinvolti. Ma non è importante il luogo bensì quello che implementeremo».

«L’Europa ha un ruolo diplomatico importante, come oggi è stato chiaro, per ristabilire la pace in Libia»: queste le parole del Segretario Generale dell’Onu Antonio Guterres.

Dal documento in 55 punti, firmato dai leader Al Serraj e Haftar, emerge dunque un forte impegno di tutti per giungere a una soluzione pacifica alla crisi. La rivalità tra i due resta ora tra i principali ostacoli all’applicazione dell’accordo trovato a Berlino.


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