Gli ambientalisti in Italia ci sono e fanno anche molto rumore
Di Veronica Sciacca – In Italia così come in tutta Europa, negli ultimi mesi l’ambiente è tornato al centro dell’attenzione dei media, a partire dalla nuova ondata di proteste giovanili nate sull’onda delle denunce della giovanissima attivista svedese Greta Thunberg.
Alle elezioni Europee del 26 Maggio, tuttavia, rispetto al resto d’Europa il partito italiano dei Verdi ha ottenuto solo il 2,3% mentre per esempio in Austria, Francia e Germania, il consenso popolare ai Verdi ha raggiunto rispettivamente il 14% il 13 % e il 20%. Come recita lo statuto della Federazione nazionale dei Verdi: «Verde è chi assume la tutela dell’ecosistema come ragione della propria identità, fondamentale del proprio programma e della propria elaborazione culturale, e ispira la propria azione anche istituzionale ai principi dell’ecologia della politica, della trasparenza e della legalità».

Cerchiamo di scoprire insieme quali sono stati, effettivamente, i temi principali su cui si sono impegnati in Parlamento negli ultimi anni, tentando di abbozzare una opinione sul perché le loro campagne elettorali hanno purtroppo in Italia ancora una scarsa efficacia.
Le battaglie principali. In primo piano c’è stato per molto tempo il Decreto salva-Taranto, che proponeva la determinazione del danno ambientale, l’avvio delle bonifiche e il rilancio economico del SIN (sito di interesse nazionale) di Taranto.
Con una conferenza stampa di denuncia, Angelo Bonelli, presidente e coordinatore della Federazione nazionale dei Verdi, annunciava alla stampa il 23 Dicembre 2014 la presentazione, prevista per l’indomani, al governo Renzi di tutta una serie di dati sanitari provenienti dall’Istituto Superiore di Sanità che attestano la gravissima situazione – da “bollettino di guerra” – del territorio di Taranto. Territorio in cui la mortalità infantile (da 0 a 15 anni) è del +21% e sempre nella stessa fascia d’età, le malattie tumorali sono ad un +54%, rispetto alla media nazionale.
Il destino del decreto è noto per le polemiche che ha generato. Quello che il governo Renzi ha infatti sfornato è il decreto legge del 4 Marzo 2015, che seppure sul piano teorico contiene importanti riferimenti e stanziamenti per la prevenzione socio-sanitaria, la gestione dei rifiuti radioattivi e la tutela ambientale del territorio, non prevede – come auspicato anche dalle sinistre – alcuna sanzione corrispondente ad ogni prescrizione, rendendo perciò decisamente “fumosa” la cornice della sua attuazione.

Molto più recente, dato che riguarda il governo giallo-verde attualmente in carica, è la questione della gara per le tratte B2 e C dell’autostrada Pedemontana, quelle che porteranno a termine il progetto di “devastazione del territorio della provincia di Monza e Brianza”, gara che è stata riaperta dal Ministro Toninelli lo scorso Aprile. A questa notizia i verdi lombardi si sono opposti con forza, denunciando oltre al danno ambientale, l’insostenibilità economica dell’opera.
È del mese scorso (Luglio 2019), tra l’altro, la notizia dell’ennesimo sequestro della galleria di Malo, da parte della Procura della Repubblica di Vicenza, per frode a danno della Regione Veneto e per l’utilizzo di materiali non marchiati CE e miscele di calcestruzzo diverse da quelle previste dagli elaborati progettuali.
Per Ilaria Barbonetti, candidata di Europa Verde, le “uniche vere soluzioni” sono: trasporto pubblico, cura del ferro e mobilità sostenibile. Tutte misure che devono essere volte al contrasto del cambiamento climatico e a fermare il consumo di suolo, in modo da tutelare i cittadini da altri episodi di utilizzo di materiali non a norma, che potrebbero essere molto rischiosi per la salute.
Infine, la questione più scottante che sta investendo il fronte politico che coinvolge anche gli ambientalisti italiani, ma non solo, è la TAV, la tratta ad alta velocità che dovrebbe collegare la città di Torino alla francese Lione. È di pochi giorni fa la notizia del respingimento della mozione presentata al Senato dal M5S e dell’accettazione invece di quella presentata dal PD.
Attualmente le forze politiche favorevoli all’opera sono infatti Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia e PD. La posizione dei Verdi, dichiarata già a inizio anno, è chiara: «il tunnel della Valsusa non è un’opera prioritaria né per l’Italia né per la Francia né per l’Europa […] Quello che invece è possibile e doveroso fare è potenziare la linea ferroviaria già esistente (attraverso interventi mirati che migliorino capacità ed efficienza di carico), che ha un potenziale pari a 20/21 milioni di tonnellate l’anno. Non c’è alcuna giustificazione economica (né tanto meno ambientale) per la costruzione di un ulteriore valico, quando si può puntare sulla linea attuale» – così come recita l’articolo della redazione disponibile sul sito ufficiale.

Un soggetto politico dai contorni sfocati. Il quadro che sembra emergere, è che all’interno del dibattito sui più importanti temi riguardanti l’ambiente nell’interesse nazionale, i Verdi si siano impegnati a “Riaprire discussioni”, incentivare seri dibattiti anche a livello europeo e non solo italiano, ma probabilmente senza la forza di riuscire a tradurre questi proponimenti in battaglie politiche efficaci.
In primo luogo perché il fronte delle loro alleanze, che è sempre stato la sinistra, ha cominciato negli ultimi tempi a spaccarsi proprio sui temi più cari agli ambientalisti (vedi per esempio il sì del PD alla TAV). E in secondo luogo perché la loro coloritura politica sembra sempre emergere come un miscuglio assai vago di elementi ideologici di sinistra coniugati al sentimento ambientalista ed ecologista, miscuglio che però non riesce a “conquistare” l’elettore, proprio per la mancanza di un contorno chiaro e coerente, e perché no anche “indipendente”, di opinioni politiche.
L’Italia invece, il cui patrimonio ambientale è sconfinato e ricchissimo, non può che augurarsi che il Partito dei Verdi conquisti con forza sempre maggiore priorità politica all’interno del Parlamento italiano e che la coscienza ambientalista degli elettori prenda corpo politico incanalandosi in un serio e compatto consenso, l’unico che possa tradurre i dibattiti in decreti.