Il diritto all’amore

Di Federica Agrò – Giugno è stato il mese dell’orgoglio LGBT (Lesbian, Gay, Bisexual, Trans). Migliaia di parate hanno colorato le piazze di tutto il mondo, riportando al centro la necessità di una tutela del diritto all’amore.

Ancora oggi le comunità LGBT soffrono discriminazioni e, in alcuni casi, dure persecuzioni che arrivano a costare la vita ad individui la cui unica colpa è quella di amare fuori dagli schemi imposti sia dalle società odierne che dalle giurisdizioni di tutto il mondo.

Sottolineiamo odierne poiché, ad esempio, il concetto e la tolleranza dell’omosessualità ha visto succedersi numerosi cambiamenti durante le diverse epoche storiche. L’amore tra persone dello stesso sesso è stato accettato nella maggior parte delle civiltà passate: Giappone e Cina imperiale ne parlavano liberamente centinaia di anni prima di Cristo; gli Egizi e gli Assiri, così come i Celti e i Greci non giudicavano negativamente in alcun modo l’orientamento sessuale.

Oggi, al contrario, i crimini d’odio nei confronti di persone appartenenti alla comunità LGBT sono numerosi e gravi. Come si legge in un rapporto di Amnesty International, al giorno d’oggi «la discriminazione può basarsi su: orientamento sessuale (da chi sei attratto); identità di genere (come ti definisci, indipendentemente dal tuo sesso biologico); espressione di genere (come esprimi il tuo genere attraverso i tuoi vestiti, capelli o trucco); caratteristiche sessuali (genitali, cromosomi, organi riproduttivi o livelli ormonali).

Dagli insulti al bullismo, al vedersi negato un lavoro o un’assistenza sanitaria adeguata, la gamma di disparità di trattamento presente è ampia e dannosa. Si può anche rischiare la vita».

Nel 2011, Il Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, ha approvato la prima risoluzione in favore dei diritti LGBT, in seguito agli allarmanti riscontri riguardanti i crimini violenti subiti da queste comunità in giro per il mondo, spingendo tutti gli stati dell’ONU a creare una legislazione che tuteli i diritti di queste persone.

A otto anni da questa rivoluzionaria risoluzione, però, la situazione non è migliorata per tutti. In Indonesia, per esempio, nonostante l’omosessualità non sia dichiaratamente illegale, le violenze nei confronti della comunità LGBT continuano a crescere anno dopo anno, trovando il tacito appoggio della polizia locale. In Malesia, invece, l’omosessualità è illegale e punita con vent’anni di reclusione.

Ancora peggiore la situazione in Brunei dove, nell’aprile di quest’anno, è stata approvata una legge che punisce gli omosessuali con la morte per lapidazione. La legge è stata poi sospesa a seguito delle proteste della comunità internazionale. Rischiano la vita le comunità LGBT di Afganistan, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Iran, Mauritania, Nigeria, Somalia, Sudan, Pakistan, Qatar e Yemen, così come molte altre in tutto il mondo, dove lo Stato resta cieco di fronte ad episodi di reiterata violenza. Queste realtà appaiono molto lontane da noi ed è per questo che dobbiamo fare un ulteriore sforzo e cercare di capire quanto, nelle società a noi vicine, le comunità LGBT siano tutelate.

Benché sedici dei ventisei Stati nel mondo che hanno legalizzato il matrimonio tra individui dello stesso sesso appartengano all’Unione Europea, molti altri (Armenia, Bielorussia, Bulgaria, Croazia, Georgia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Moldavia, Montenegro, Polonia, Serbia, Slovacchia e Ucraina), affermano nella loro costituzione che l’unico matrimonio valido sia quello tra un uomo e una donna.

Una politica di tolleranza e integrazione, di parità e riconoscimento dei diritti dovrebbe essere alla base della costruzione di una cultura Europea condivisa. Nulla, se non l’omofobia, giustifica affermazioni come quelle nelle costituzioni degli Stati prima elencati. Per quanto gli atti di violenza nei confronti di trans e omosessuali vengano puniti dalla legge, questi continuano ad accadere.

Non possiamo cullarci pensando che nel mondo c’è chi è più intollerante di noi. Non possiamo credere che l’omofobia sia una fobia, è un’intolleranza tanto grave quanto il razzismo, e come questo non può essere trascurato. Non dobbiamo arrenderci allo stato delle cose solo perché nessuno ci ha mai privato del nostro diritto all’amore.


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