Un piccolo miracolo nella programmazione siciliana dei fondi europei 2014 – 2020

Di Ugo Lombardo – Nonostante sia stata oggetto per un lungo periodo degli interventi delle politiche europee aventi come obiettivo la riduzione del divario tra le regioni, la Sicilia rimane nella “zona rossa” con un alto tasso di disoccupazione e con un forte divario con il resto d’Europa in termini di: infrastrutture, innovazione e ricerca, occupazione, tessuto produttivo, formazione, gestione delle risorse naturali ed inclusione sociale.

La mancanza di sufficienti risorse economiche autoctone regionali dovrebbe rendere indispensabile un migliore uso dei fondi strutturali europei ma la Sicilia, invece, si è dimostrata poco capace di utilizzare i fondi strutturali previsti dalla precedente programmazione 2007/2013, collocandosi, riguardo al rapporto spesa effettuata e fondi a disposizione, agli ultimi posti in Europa.

Questo a causa del cosiddetto disimpegno automatico, cioè una regola che impone alle regioni di spendere un certo quantitativo minimo di fondi entro la fine di ogni anno (la scadenza finale era fissata al 31 dicembre 2015: entro questa data i fondi a disposizione dovevano essere spesi tutti), in modo che venga tenuto un ritmo di spesa rapido e sostenibile, concentrando tutta la spesa nella fase finale, quando è particolarmente difficile spendere tutti i fondi.

Infatti, al 31 dicembre 2014, la Sicilia aveva speso solo 2,4 miliardi su un totale di 4,3 miliardi del FEASR, cioè il 55% dei fondi assegnateli, dimostrando una scarsa “capacità di assorbimento” dei Fondi strutturali.

La Sicilia, nonostante le difficoltà e gli ostacoli, è quasi miracolosamente riuscita a evitare il disimpegno automatico alla fine di ogni anno (dal 2009 al 2014). Questo per mezzo della riduzione del cofinanziamento nazionale, l’uso massiccio degli strumenti di ingegneria finanziaria, gli sforzi titanici nell’accelerazione della spesa da parte della gestione firmata Falgares (un miliardo di spesa certificata in soli 15 mesi) ma, soprattutto, grazie al ricorso massiccio ai Grandi Progetti.

I Grandi Progetti sono stati fondamentali perché godono di una particolare clausola e cioè la spesa per questi progetti è protetta dal disimpegno automatico per via di una deroga speciale. Questi Grandi Progetti sono di larga scala con un costo superiore ai 50 milioni di euro, soggetti all’approvazione specifica della Commissione europea e, inoltre, hanno assorbito una parte consistente delle risorse del PO FESR Sicilia 2007/2013 (circa il 30%). La deroga prevista ha consentito, anno dopo anno, di non tenere in stand-by un certo ammontare di Fondi, già impegnato dalla Commissione.

La Sicilia grazie a questi meccanismi ha evitato il disimpegno automatico nonostante non stesse spendendo i fondi entro i termini previsti. Quello da chiedersi però è come mai la Sicilia abbia dovuto “rincorrere” la spesa fino all’ultimo momento disponibile con il serio rischio di perdere centinaia di milioni di euro (sempre pochi rispetto a quanti ne sono stati stanziati) per effetto del disimpegno. Quali sono state le criticità nella gestione del PO FESR 2007-2013?

Le motivazioni delle criticità della gestione del Programma Operativo FESR 2007/2013 per la Sicilia, sono molteplici e vanno dal mancato appoggio del governo centrale, al Patto di Stabilità interno che ha impedito a Regione ed Enti locali di spendere i fondi negli anni dell’avvio del Programma Operativo. Inoltre, è stato determinante lo smantellamento dell’overbooking per i Programmi operativi.

Anche la politica regionale ha contribuito alle criticità della gestione del Programma Operativo Regionale poiché ha impresso una rotazione incessante dei dirigenti della Programmazione impedendo la necessaria continuità amministrativa. In tre governi si sono succeduti quattro dirigenti fino all’attuale, nominato nel 2013, che si è trovato a dover spendere più di quanto non fosse stato fatto negli anni precedenti.

Nonostante ciò e le difficoltà espresse dal Presidente Musumeci di non riuscire entro il 31 dicembre 2018 a raggiungere il traguardo di spesa dei fondi europei, però, grazie all’utilizzo dei cosiddetti “progetti coerenti”, cioè i progetti inizialmente non compresi nei programmi ma compatibili con gli obiettivi, la Sicilia è riuscita a centrare il target di spesa dei fondi della programmazione 2014-2020 fissato dall’Ue.

Secondo i dati derivanti da OpenCoesione, la maggiore spesa è stata per infrastrutture e secondo il recente articolo di Nino Amadore del 5 gennaio 2019 del Sole24 ore, il dipartimento Infrastrutture ha certificato circa 460 milioni di cui 435 milioni per la tratta B del Passante ferroviario di Palermo e per il secondo tratto della Caltanissetta-Agrigento, da Canicattì al capoluogo nisseno, nonostante i lavori siano fermi per i problemi finanziari della Cmc di Ravenna.

Questo però non deve illudere, in quanto l’attuazione del PO FEASR è stata pregiudicata da una cattiva organizzazione amministrativa che, tra l’altro, ha lasciato troppa autonomia ai Dipartimenti e non ha provveduto a regolamentare con una legge la sostituzione automatica di un dirigente assente senza attendere i tempi della nomina politica e creando un vuoto nell’attività amministrativa. In definitiva si migliora, ma manca ancora quella capacità programmatica nell’utilizzo delle risorse europee che possa rendere massima l’efficienza di questi investimenti per lo sviluppo economico regionale.


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