La prima dichiarazione d’amore

Di Gaia Garofalo – Nel mondo si ha una responsabilità per essere sé stessi. Col primo vagito porti la tua prima dichiarazione di esistere: Mariasilvia Spolato, 83 anni ha tenuto sulle spalle questo fardello con dignità fino alla sua morte dentro le mura della sua stanza tappezzata di libri presso una casa di riposo a Bolzano, perché è stata la prima italiana nel 1972 a dichiararsi lesbica.

Abbandonata da amici, parenti e dalle istituzioni che hanno deciso della sua condanna licenziandola dal suo mestiere di professoressa in matematica. Da giovane laureata in matematica aveva tutte le carte in regola per una brillante carriera accademica. Alla fine degli anni Sessanta pubblicò dei manuali per Fabbri e Zanichelli. Nonostante la sua reputazione impeccabile, scese in piazza per rivendicare i suoi diritti mettendoci la faccia, il suo vagito contro il mondo.

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Nel 1971 fondò il Fronte di Liberazione Omosessuale (FLO), movimento poi confluito nel Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano (F.U.O.R.I.) e nel 1972 partecipò alla manifestazione dell’8 marzo a Roma dove espresse pubblicamente, per l’appunto, il suo orientamento sessuale. La nascita del movimento omosessuale si inserisce nella fase delle rivendicazioni del movimento sessantottino.

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Le documentazioni fotografiche vennero pubblicate da Panorama e divennero uno scandalo nazionale. Spolato pubblica un libro che ancora oggi è considerato la bibbia dei diritti civili: «I movimenti omosessuali di liberazione».

Il mondo, sempre lo stesso luogo in cui si ha responsabilità per essere sé stessi, la punisce. Abbandonata dalla famiglia, l’università la caccia con la motivazione di essere «indegna» all’insegnamento. La donna per cui aveva messo in gioco tutto la lascia. Resta senza né denaro né dimora. Lentamente si sgretola dentro sé e la società.

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Una vita coerente vissuta per strada, disperatamente trattenuta da una dignità impeccabile. I passanti raccontano di una personalità tranquilla, abbastanza schiva, che cercava continuamente qualcosa da leggere o un cruciverba da completare. Accartocciata dentro la sua giacca a vento, il cappello di lana sulla testa ad ogni stagione, a coprirsi sbadatamente.

Al primo giorno a Villa Serena, casa di riposo in cui ha vissuto gli ultimi anni della sua vita, esclama: «Che ci faccio qua? Io voglio essere LI–BE–RA!».

È lei a scegliere i film che vengono proiettati la sera. Rispolvera la sua macchina fotografica e ritrae chi le sta attorno. Consegna alle biblioteche i suoi amati libri, poco importa se rovinati, stracciati, rattoppati, l’importante è il contenuto prezioso, un po’ come lei.

Tante sono le persone, i personaggi, che hanno pagato un’intera vita o un attimo di morte per il grande valore che abbiamo adesso di poterci sorprendere e indignare per chi picchia, denuda e umilia un ragazzino omosessuale nelle strade di Brindisi – notizia di qualche giorno fa.

L’ultimo respiro di Spolato continua nei nostri. In giro per il centro, sui carri, i balli, i sorrisi, l’imbarazzo, la censura, la verità, il coraggio. Che ci facciamo qui? Noi vogliamo essere liberi, noi siamo ovunque.


 

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