Chi è Fethullah Gülen, l’acerrimo nemico del Sultano turco

Fethullah Gülen, ex imam di 75 anni, legalmente residente negli Stati Uniti con tanto di Green Card, diabetico e con problemi di cuore. Lui è, secondo il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, il responsabile del fallito colpo di stato del 16 Luglio.

Dal 1999 vive negli U.S.A. dopo esser stato fedele alleato del Sultano turco ma solo fino a uno grave scandalo di corruzione avvenuto nel 2013, fatto che ha corroso definitivamente i rapporti tra le due carismatiche personalità. Il leader religioso in esilio volontario, dalla sua fattoria in mezzo al verde della Pennsylvania, si è sempre dichiarato difensore del dialogo inter-religioso e di una democrazia multipartitica. Ovviamente si dichiara anche estraneo a ogni suo coinvolgimento nel tentativo di rovesciare il governo turco, e sue sono le parole di sdegno a riguardo: “condanno il tentato colpo di stato militare, poiché si deve governare tramite libere elezioni e non conquistando il potere con la forza”.

Gülen, figlio di imam, è stato in giovane età discepolo del pensatore musulmano Said Nursi, intellettuale e instancabile sostenitore del ruolo fondamentale della scienza nel cammino verso il futuro, oltre che promotore dell’insegnamento della Storia delle religioni nelle scuole pubbliche e delle Scienze moderne nelle scuole di religione. Abbracciando in pieno l’insegnamento hanafita – la scuola giuridica più liberale e tollerante delle quattro grandi dottrine dell’islam sunnita – Gülen divenne imam nel 1966 e da allora la sua lunga carriera si compose di sermoni in moschea e nei luoghi pubblici, prestando particolare attenzione alla diffusione presso gli studenti.

Negli ultimi tempi Gülen è stato accusato di coordinare la “linea terroristica” di giornalisti non filo-governativi e dissidenti, oltre che di essere l’ideatore del golpe contro la presidenza turca. Eppure il suo attivismo politico e il suo sostegno al centro-destra turco è stato forte fin dai primi tempi del suo impegno, a partire dalla fondazione della Associazione per la Lotta al Comunismo, passando per l’apertura di scuole religiose in tutto il mondo – oltre cento paesi – con il movimento Hizmet. Grazie al suo operato di predicazione ha raccolto milioni di seguaci, avviato importanti connessioni con il Vaticano e aperto il dialogo con i leader religiosi ebrei. Potenza, ricchezza, influenza al fianco di Erdoğan: niente male per un alleato in casa Turchia.

Inoltre saranno gli ottimi magistrati formati dalle scuole di Gülen a far arretrare il ruolo dei potentissimi generali dell’esercito, il nemico comune che andava sconfitto per ottenere un governo forte e stabile. Sarà grazie a questa doppia azione, politica per l’avanzata del partito conservatore nuovo di zecca guidato da Erdoğan, giudiziaria per le numerose inchieste su tentati golpe ai danni dei vertici militari, che nel 2002 il Sultano ottiene la guida del governo di forte connotazione religiosa con il suo Partito per la Giustizia e lo Sviluppo.

Dagli Stati Uniti, il caro vecchio alleato, afferma “Durante la campagna elettorale del 2002, il partito di Erdoğan promise di portare avanti il tentativo di ingresso della Turchia nell’Unione europea, di difendere i diritti umani e le libertà e di porre fine alla discriminazione dei cittadini sulla base della loro visione del mondo e appartenenza a gruppi sgraditi. Nessun altro partito portava avanti riforme democratiche e per l’ingresso nell’Ue quanto il partito di Erdoğan. Durante il suo primo mandato, Erdoğan applicò davvero alcune riforme democratiche e fu elogiato per questo dai leader europei. Ma sembra che, dopo essere rimasto al potere troppo a lungo, il presidente Erdoğan e il suo partito siano stati affetti dal veleno del potere.

Il legame di amicizia tra i due leader turchi si ruppe, circa tre anni fa, appena dopo la decisione del capo di stato di chiudere le strutture di insegnamento di preparazione universitaria, create proprio da Gülen. Causa di forti critiche e dell’ira del leader religioso, la chiusura di queste scuole fu seguita dallo scandalo politico all’interno dell’AKP, il partito di Erdoğan, che – neanche a dirlo, a rivendicare ragione e supremazia – attribuì tale polverone proprio a Gülen. Quest’ultimo, accusato anche di aver tentato di infiltrare propri uomini nella intelligence turca e nella Sicurezza di Stato, è stato anche il principale riferimento di un importante quotidiano, Zaman, anch’esso chiuso con l’accusa di destabilizzare l’ordine pubblico appena quattro mesi fa. E’ così che la struttura parallela di informazione e formazione creata dall’ex imam viene presa di mira e colpita nelle sue diramazioni, dai giornali alle televisioni, e lo stesso impero economico messo in difficoltà dall’isolamento programmato dal governo turco, con l’esclusione dagli appalti più importanti e dai contratti più remunerativi.

L’estradizione chiesta da Ankara per il rivale in esilio non sembra scalfire Gülen che ha dichiarato “Le autorità del governo degli Stati Uniti hanno detto chiaramente che seguiranno le procedure legali nel rispetto della legge e del diritto. Non sono preoccupato e coopererò con le autorità americane”. Il leader lontano dalla propria patria si augura che l’Europa possa influenzare positivamente la Turchia, in un ipotetico rafforzamento dei rapporti diplomatici, fatto che ancora oggi sembra sempre più lontano dalla realizzazione.

Daniele Monteleone