Strumenti anticrisi della BCE a confronto: PSPP e PEPP

 
 

Alla luce della discussa sentenza della Corte Costituzionale tedesca del 5 maggio, analizziamo nel dettaglio gli strumenti anticrisi della BCE: PSPP e PEPP.


Negli ultimi mesi, il fenomeno epidemiologico del Coronavirus (SARS-CoV-2) ha prodotto effetti sanitari e socio-economici negativi nell’intero contesto globale, ponendo le basi per una progressiva recessione il cui impatto – si presume – sarà peggiore rispetto alle precedenti crisi. Con specifico riguardo all’Unione Europea (UE), l’attuale pandemia ha mostrato ancora una volta le fragilità che influiscono sull’evoluzione del processo di integrazione, richiedendo l’adozione di misure rapide e coordinate volte ad incrementare la coesione e la convergenza tra gli Stati membri e la sicurezza dei cittadini dell’UE.

Lo scenario appena descritto è stato ulteriormente aggravato dalla sentenza emessa dalla Corte Costituzionale tedesca (Bundesverfassungsgericht o BVerfG) il 5 Maggio 2020, con cui i giudici di Karlsruhe hanno dichiarato l’illegittimità del Public Sector Purchase Programme (PSPP) della Banca Centrale Europea (BCE) per violazione del principio di proporzionalità sancito all’art. 5 del Trattato sull’Unione Europea (TUE). Tale provvedimento giurisdizionale ha aperto nuovamente il dibattito istituzionale sulle competenze della BCE e sulle misure da questa adottate per fronteggiare le crisi e salvaguardare la stabilità finanziaria dell’Eurozona.

Nel caso di specie, il PSPP rappresenta un programma per l’acquisto di titoli emessi da Governi, agenzie pubbliche e Istituzioni internazionali situate nell’area euro, attivo dal 9 marzo 2015 e rientrante nella più ampia strategia nota come Quantitative Easing (QE). Attraverso tale strumento, promosso sotto la Presidenza di Mario Draghi, l’Istituzione comunitaria ha garantito nuova liquidità agli Stati membri maggiormente colpiti dalla Grande Recessione del 2008 e dalla crisi dei debiti sovrani del 2011, operando nel mercato secondario e trattando, quindi, titoli già in circolazione e non di nuova emissione.

Il PSPP costituisce uno dei quattro programmi di acquisto di titoli pubblici e privati di cui si compone l’Asset Purchase Programme (APP), un pacchetto di misure di politica monetaria non convenzionali volti a favorire lo spostamento verso il basso dei rendimenti di mercato, che si muovono in maniera inversa rispetto ai prezzi delle attività finanziarie, così da produrre un miglioramento delle condizioni di offerta del credito e stimolare gli investimenti.

Si tratta, nello specifico, di una liquidità aggiuntiva che «spinge gli investitori a riequilibrare il proprio portafoglio verso attività finanziarie più redditizie, non direttamente interessate dagli interventi della banca centrale, trasmettendo l’impulso monetario ai diversi strumenti di finanziamento del settore». L’APP – che include, inoltre, il terzo Covered Bond Purchase Programme (CBPP3, dal 20 ottobre 2014), l’Asset-Backed Securities Purchase Programme (ABSPP, dal 21 novembre 2014) e il Corporate Sector Purchase Programme (CSPP, dall’8 giugno 2016) – ha determinato l’acquisto di attivi netti, nell’ambito di uno o più programmi, con un ritmo mensile che, per il solo periodo compreso tra marzo 2015 e lo stesso mese dell’anno successivo, ha raggiunto i 60 miliardi di euro.

Le misure di politica monetaria non convenzionali adottate dalla BCE – come quelle elencate – hanno svolto un ruolo centrale nel fronteggiare gli effetti degli shock economico-finanziari che hanno messo a dura prova la tenuta dell’Eurosistema nel corso degli ultimi anni. La loro principale caratteristica risiede nella loro adozione con urgenza durante i periodi di crisi, in cui quelle convenzionali – come le operazioni di mercato aperto – risultano inefficaci per il raggiungimento degli obiettivi perseguiti dall’Istituzione monetaria e previsti dal Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) e dal Protocollo (N. 4) sullo Statuto del Sistema Europeo di Banche Centrali e della Banca Centrale Europea, come la stabilità dei prezzi. In aggiunta, la previsione e conseguente attuazione di misure non convenzionali garantisce all’autorità monetaria la possibilità di influenzare direttamente i tassi d’interesse a lungo termine, i quali «sono stati abbassati notevolmente a partire dal 2008 fino a raggiungere livelli prossimi allo 0% e in alcuni casi anche negativi».

Il riferimento alla sentenza della Corte Costituzionale tedesca e l’analisi del PSPP risultano essenziali per poter comprendere il funzionamento e le implicazioni connesse al Pandemic Emergency Purchase Programme (PEPP), strumento – anch’esso di politica monetaria non convenzionale – disposto dalla BCE per fronteggiare l’attuale pandemia, dopo un primo approccio di incertezza che ha caratterizzato l’intera risposta delle Istituzioni europee al fenomeno epidemiologico.

Inizialmente previsto il 18 Marzo 2020 per un ammontare di 750 miliardi di euro, il 4 Giugno scorso il Consiglio direttivo dell’Istituzione europea ha deciso di estenderne la portata a 1350, così da incrementarne l’efficacia e fornire un ulteriore sostegno alla ripresa economica dell’Eurozona e, più in generale, dell’UE. Si tratta di un programma temporaneo di acquisti netti per emergenza pandemica la cui scadenza è stata posticipata sino a quando la BCE riterrà conclusa la fase di crisi e, comunque, non prima della fine di Giugno 2021.

L’obiettivo principale sotteso al PEPP è quello di mantenere e garantire una politica monetaria particolarmente accomodante, nel tentativo di evitare la frammentazione, ossia la sussistenza di spread troppo ampi che influiscono negativamente sugli Stati membri più sotto pressione dal punto di vista del bilancio, aumentando il costo del denaro e il debito. Secondo i dati riportati dalla BCE e aggiornati alla fine di Maggio 2020, nei primi mesi di operatività il PEPP ha determinato l’acquisto di attività per 234,665 miliardi di euro, di cui 186,6 in titoli di Stato, nonché di 35,384 miliardi di carta commerciale, 10,579 di corporate bonds e 2,099 di covered bond.

Il nuovo strumento monetario predisposto dalla BCE si inserisce nel novero di quelle proposte – come il Next Generation EU, il Support to mitigate Unemployment Risks in an Emergency (SURE) o il ricorso al Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) a condizioni favorevoli con riferimento alle spese sanitarie – promosse al fine di garantire la ripresa economica dell’Eurozona e la presenza di un sostegno concreto agli Stati membri colpiti dalla pandemia. Rispetto al classico QE e a quanto accaduto in precedenza, il PEPP consente alla BCE di concentrarsi sull’acquisto di titoli dei Paesi UE maggiormente colpiti, venendo meno alla regola della “capital key”, che impone all’Eurotower di acquistare titoli in proporzione alle loro quote detenute nel capitale dell’Istituzione monetaria europea.

La maggiore flessibilità connaturata al PEPP, volta a chiudere gli spread e ad evitare la frammentazione, ben si allinea all’attuale quadro normativo europeo caratterizzato dalla momentanea sospensione del Patto di Stabilità e Crescita (PSC) e dall’attivazione della clausola di salvaguardia generale (general escape clause) che ha conferito agli Stati membri la possibilità di andare oltre i valori di riferimento e le regole di bilancio previste dal TFUE.

Lo scenario appena descritto, tuttavia, potrebbe essere affetto da quel dibattito giurisdizionale legato proprio alla legittimità del PSPP: nello specifico, sebbene la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) si sia pronunciata – con la sentenza Weiss dell’11 Dicembre 2018 – in favore della conformità del programma della BCE ai Trattati UE, il Bundesverfassungsgericht ha ravvisato la violazione del principio di proporzionalità nella parte in cui l’Eurotower non abbia dimostrato in maniera chiara e fondata come gli obiettivi di politica monetaria perseguiti attraverso tale strumento – tra cui riportare il tasso d’inflazione al 2% – non siano proporzionati agli effetti di politica economica e fiscale che ne scaturiscono.

Nonostante sia ravvisabile un’infrazione del principio di indipendenza della BCE e del carattere giuridicamente vincolante delle sentenza della CGUE, le implicazioni e le incertezze derivanti dallo scenario appena delineato sul PEPP appaiono significative, stante le similitudini tra quest’ultimo e il PSPP. Le ragioni che, nello specifico, hanno determinato la sussistenza di tale scenario sono di natura sia giuridica che politica.

Per quanto riguarda il primo profilo, il regime normativo che disciplina l’Unione Economica e Monetaria (UEM) presenta un’asimmetria che vede, da un lato, la politica monetaria attribuita alla competenza esclusiva dell’UE per quei soli Stati membri che adottano l’euro e, dall’altro, le politiche economiche e fiscali lasciate nelle mani di quest’ultimi. Si tratta, com’è facile intendere, di settori connotati da un’intrinseca interdipendenza, la cui separazione nella struttura multi-livello poc’anzi descritta rende evidenti i limiti che caratterizzano il funzionamento dell’Eurozona, con la BCE che si ritrova ad adottare misure che, per la loro natura monetaria, comportano degli effetti necessariamente economici.

Con specifico riguardo al secondo profilo, fortemente connesso al precedente, la frammentazione delle competenze tra UE e Stati membri è il frutto della mancanza di quell’unione politica che dovrebbe caratterizzare l’azione rapida e coordinata dei leader dei Paesi dell’Unione all’interno delle Istituzioni comunitarie, nel tentativo di promuovere la coesione e la convergenza economiche e sociali. Una conferma di quanto affermato la si riscontra nell’esito dell’ultima riunione del Consiglio europeo, tenutasi il 19 Giugno scorso e durante la quale, ancora una volta, le preoccupazioni e gli interessi nazionali hanno prevalso su quello spirito di solidarietà che dovrebbe guidare l’evoluzione del processo di integrazione, sebbene si auspicano degli accordi concreti già a partire da questa estate.

Dall’analisi effettuata emerge con chiarezza il ruolo fondamentale svolto dalla BCE durante i periodi di crisi, nonché la necessità di pervenire ad uno pieno sviluppo, sia giuridico che politico, del progetto europeo. Il fenomeno epidemiologico del Coronavirus rappresenta un’ulteriore opportunità per gli Stati membri – al pari degli shock economico-finanziari dell’ultimo decennio – di progredire e di incrementare l’influenza dell’UE nel panorama geopolitico globale, senza lasciarsi condizionare da quella logica di diffidenza in grado di ridurre la costruzione europea a semplice terreno di scontro internazionale.


 

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