Scampato l’impeachment, Donald Trump rilancia per le presidenziali

Nessun colpo di scena nel processo per impeachment del presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Come previsto, in Senato le due accuse di abuso di potere e ostruzione ai lavori del Congresso sono state rispettivamente respinte per 52 voti contro 48, e per 53 contro 47. Compattamente la maggioranza repubblicana ha votato a favore di Trump, con la sola eccezione di Mitt Romney che ha sciolto le righe schierandosi per l’incriminazione del presidente per il primo capo d’accusa, quello di abuso di potere.

Un doppio processo durato solo tre settimane per il cosiddetto Ucrainagate: Trump avrebbe fatto pressioni sul suo omologo ucraino Volodymyr Zelensky. L’obiettivo era colpire il suo principale avversario politico, Joe Biden, ex numero due dell’amministrazione Obama, indagando sulla società ucraina nel cui consiglio di amministrazione ricopriva una carica il figlio di Biden. Secondo l’accusa, la Casa Bianca bloccò circa 390 milioni di dollari in aiuti militari, già approvati dal Congresso, per convincere l’appena eletto Zelensky a collaborare. Trump è stato anche accusato di non aver voluto collaborare con il Congresso, che chiedeva chiarezza sulla telefonata al leader ucraino, ostacolando le indagini.

L’esito della messa in stato d’accusa era abbastanza chiaro già da quando, lo scorso 31 gennaio, il Senato aveva deciso di non convocare nuovi testimoni. In particolare i dem volevano ascoltare l’ex consigliere per la sicurezza nazionale di Trump, John Bolton.

Bolton, infatti, è in procinto di pubblicare un libro di memorie nel quale saranno confermate le accuse nei confronti del Presidente: l’ex Consigliere per la sicurezza nazionale affermerebbe di aver assistito personalmente ad un incontro nel quale Trump disse chiaramente di voler bloccare gli aiuti anti-russi destinati all’Ucraina, fino a quando Kiev non avesse accettato di sostenere indagini contro Biden.

La difesa del Presidente e del partito repubblicano – che quasi senza eccezioni lo ha sostenuto – non ha puntato a negare le accuse ma ha ritenuto che questa condotta non sia stata al punto grave da rimuoverlo dal suo incarico a ridosso delle presidenziali di novembre 2020.

Durante il discorso sullo Stato dell’Unione di martedì scorso Trump ha rilanciato la sua corsa alle prossime elezioni. Non ha dedicato neanche una parola alle accuse rivoltegli dai “cacciatori di streghe” e al voto al Senato che si sarebbe tenuto il giorno successivo, ma ha piuttosto rivendicato come principale risultato dei suoi anni al governo la crescita economica degli Stati Uniti: se gli americani vorranno continuare sulla strada del Make America Great Again dovranno confermarlo alla guida della Casa Bianca.

Nonostante Trump abbia glissato sull’argomento, la tensione tra i banchi del Congresso tra Trump e Nancy Pelosi, speaker della Camera e figura di spicco dei deputati democratici, è stata evidente. Al suo arrivo al Congresso Trump si è rifiutato di stringerle la mano e lei, per tutta risposta, ha strappato il discorso pronunciato dal presidente.

Sceso il sipario sull’impeachment, Trump sembra più lanciato che mai verso il suo secondo mandato. Il consenso degli americani al presidente è ai suoi massimi livelli dal suo insediamento, toccando il 49%, mentre il grado di approvazione all’interno del partito repubblicano è addirittura al 95%. Stessa cosa non si può dire dell’opposizione: il partito democratico non ha ancora trovato il cavallo su cui puntare per la nomination alle presidenziali e quello che è accaduto con il caos delle primarie in Iowa è la dimostrazione più evidente del momento complicato che sta attraversando.

Gli eventi di queste ultime settimane preannunciano una campagna elettorale incandescente, con repubblicani e democratici attestati su posizioni sempre più radicalizzate. E di certo per Trump non sarà un problema adottare un atteggiamento ancora più spregiudicato di quello che già gli appartiene. Chissà però se tutto ciò farà bene alla democrazia americana.