La violenza a Palermo è “solo” razzista?

Il giornale palermitano Balarm scrive: «Palermo si risveglia come dopo un brutto sogno. Quello che sino ad oggi non era mai accaduto è successo: un’aggressione a sfondo razzista ai danni di un ragazzo di colore». Questo è quanto è successo a Kande Boubacar, ragazzo palermitano di origini senegalesi aggredito in pieno centro nella notte fra sabato e domenica scorsa. Un episodio che ha scatenato l’indignazione e ha risvegliato quell’antirazzismo che non dovrebbe restare “latente”.

Le aggressioni a Palermo, da parte di “baby gang” o semplici adolescenti, non sono assolutamente nuove. Come non sono nuove le aggressioni delle stesse ai danni di membri di minoranze etniche. In questo articolo, datato novembre 2018, raccontavamo di un’aggressione da parte di una decina di ragazzini contro un venditore bangladese, in piazza Verdi. In quell’occasione, lo scenario era quello di una folla impietrita che assiste alla brutale violenza senza muovere un dito, finché i ragazzini, una volta visto il sangue, non sono scappati soddisfatti e divertiti tra la gente impaurita. Sono passati poco più di due anni.

Movida serale nel mercato della Vucciria

Non è stato certo l’unico caso: anche un venditore di rose bangladese, un mese dopo, è stato gravemente ferito alla testa a Piazza Bologni. Nel solo dicembre 2018 ci sono stati tantissimi casi di aggressione di questo tipo a Palermo. Un altro ragazzo, stavolta libico, è stato pestato e derubato nel quartiere Vucciria da quattro ventenni.

E ancora, il titolare di un pub è stato aggredito e derubato da tre ragazzini in via Bottai; e ricordiamo anche il caso del clochard Aldo ucciso sotto i portici di Piazzale Ungheria da un sedicenne, con una sprangata sul viso, nonostante diverse segnalazioni di baby gang che gli ronzavano intorno da tempo. In meno di due mesi sono stati aggrediti da “ragazzini” due bangladesi, un libico, un palermitano ed è stato ucciso un clochard.

Nell’anno seguente la situazione non è migliorata: in media ogni mese è stata registrata almeno una violenza da parte di baby gang, e non vengono considerate, ovviamente, quelle non denunciate e rimaste in silenzio. I primi mesi del 2019 sono stati segnalati numerosi arresti ed identificazioni. Nel mese di gennaio è stata finalmente arrestata la baby gang che terrorizzava i negozianti.

A febbraio, Repubblica titolava: «Palermo, baby gang sui tram: tra gli aggressori anche bimbi di otto anni», raccontando diversi casi di violenza sui mezzi pubblici. Nello stesso periodo veniva arrestato un componente della baby gang che aveva rapinato uno studente palermitano alla Vucciria.

Dopo tutti questi arresti, qualcosa è cambiato? La lista continua. Marzo 2019, quattro universitari vengono aggrediti dal branco in via Ruggero settimo. Aprile 2019, un uomo viene picchiato da una baby-gang mentre fa jogging in via Maqueda. Sempre in via Maqueda un 17enne viene aggredito da una baby gang che arriva a perforargli il timpano a schiaffi. A Ballarò un gambiano viene aggredito da un’altra baby gang che gli rompe gli incisivi.

Un gruppo di ragazzini spara ad un clochard con una pistola ad aria compressa perché non ha voluto dar loro la spesa appena fatta. Dieci ragazzini aggrediscono e derubano un uomo di 36 anni. Alla Stazione centrale, un ragazzo viene pestato brutalmente dal branco mentre aspetta l’autobus di notte. Un altro caso – ma non l’ultimo – che in molti ricorderanno: nell’ottobre 2019 una coppia viene accerchiata e picchiata “senza alcun motivo” in via Emerico Amari. Il caso della coppia fece ripiombare molti palermitani nel panico: ad allarmarli fu probabilmente l’assenza di “movente”.

Ci fu un breve silenzio della stampa, ma chiunque uscisse il sabato sera e andasse per le vie del centro, alla vista dei soliti gruppi di ragazzini, tratteneva il fiato per la paura. Chiunque ha ricevuto almeno uno strattone, una frase, un’occhiataccia da questi ragazzini che si atteggiano da padroni.

L’ultimo caso segnalato è appunto quello di Kande Boubacar, picchiato e riempito di insulti a sfondo razzista da un branco di ragazzini, sotto lo sguardo impietrito di tutti. A salvarlo sono stati due ragazzi. Il padre di uno di loro ha scritto un post su Facebook dove ha dato la notizia. La cosa preoccupante è che l’attenzione mediatica si sia concentrata non sulla violenza in sé da parte di un branco di ragazzini, spesso neanche maggiorenni, che avvelena Palermo da anni, ma sulla questione politica, sottolineando che “Palermo non è razzista!“. Certo che no, Palermo è molto peggio: è violenta.

In soli due anni ci sono stati tantissimi casi che riguardano aggressioni razziste, così come sono state altrettanto numerose le vittime appartenenti ad altre minoranze come omosessuali, clochard o a semplici turisti. La violenza nei confronti di Boubacar, per quanto definibile “razzista”, in verità non ha a che fare unicamente con il razzismo, abusato piuttosto come pretesto per giustificare un gesto di violenza. In quel momento Boubacar era il bersaglio considerato più debole perché di colore, ma se non ci fosse stato lui sarebbe toccato a qualcun’altro, nero, bianco, uomo o donna che sia. Il pretesto per utilizzare la violenza si sarebbe trovato lo stesso.

Proprio come in tutti i casi sopra citati, che non guardano né l’etnia, né la religione, né l’orientamento sessuale: se il pretesto non c’è, si trova. Eppure l’evento è stato politicizzato, la città si è schierata apertamente, lo stesso sindaco Orlando è intervenuto dichiarando: «Vi sono palermitani di ogni colore che ogni giorno danno motivo di essere orgogliosi della nostra città». Ma ci sono state, in pochissimo tempo, decine di aggressioni da parte di ragazzini in branco. Il problema dunque non è semplicemente il razzismo, bensì la violenza normalizzata in contesti socio-abitativi lasciati in balìa di loro stessi.

A chi scrive, qualche tempo è capitato di ascoltare la conversazione tra due adolescenti che, leggendo una notizia di cronaca, commentavano divertiti: «Oh, sabato veniamo qua in centro, scanniamo a legnate qualcuno e finiamo su Palermotoday!». Un’altra volta, intervenendo in una rissa e vedendo la mano già insanguinata di uno del “branco”, alla domanda “perché lo fate?” la risposta agghiacciante ricevuta dal “capo” è stata: “Che dobbiamo fare? Ci annoiamo”. Uscire e picchiare la gente sembra essere una simpatica alternativa al solito sabato sera. Un gioco, un divertimento, qualcosa di diverso dalla solita routine. Qualcosa di “normale”.

Invece di “giustificare” la violenza, evitando qualsiasi responsabilità sull’accaduto come nel caso di Kande Boubacar, allontanando lo sguardo e allontanandosi da quel contesto violento e criminale da cui provengono queste gang, bisognerebbe scavare più a fondo, cercando di capire cosa porta i ragazzi a scendere la notte e aggredire le persone. Una volta capito cosa, bisogna lavorare sul come risolverlo. Stavolta è successo «perché è nero», nel caso dei bangladesi perché sono bangladesi, nel caso dei clochard perché sono clochard, nel caso della coppia di via Amari… Beh, com’è possibile che lì non ci sia un motivo? Esiste una violenza che non ha giustificazioni?

Nel frattempo, mandiamo un abbraccio fortissimo a Kande Boubacar, che ha tutta la nostra solidarietà, e un messaggio chiaro: non è assolutamente colpa del colore della tua pelle, ma delle abominevoli persone che tengono in mano Palermo, stringendola in pugno, fino a soffocarla.