AttualitàStay Human

Quanti sono dieci secondi? Il caso della “molestia breve”

Il tribunale di Roma ha assolto il collaboratore scolastico accusato di aver molestato una ragazza a scuola, perché il palpeggiamento sarebbe durato “solo pochi secondi”.


In un mondo che corre veloce come quello contemporaneo, cosa può accadere in dieci secondi? Si possono registrare contenuti da condividere sulle maggiori piattaforme social, si può creare intrattenimento, si può bere un caffè; si può anche molestare una giovane donna di 17 anni senza che questo costituisca reato.

La quinta sezione penale del tribunale di Roma ha assolto il collaboratore scolastico dell’Istituto Cine Tv Roberto Rossellini di Roma, accusato di aver molestato una ragazza all’interno della scuola, in quanto il palpeggiamento sarebbe durato “solo pochi secondi”. I fatti risalgono all’aprile del 2022, periodo in cui la studentessa coinvolta era ancora minorenne e aveva deciso di denunciare l’accaduto.

La tesi vincente, sostenuta dagli avvocati della difesa, ha fatto affidamento alla durata della molestia: l’atto è durato meno di dieci secondi – tra i cinque e i dieci, per l’esattezza – e l’intento era assolutamente scherzoso, goliardico. Data la durata e il presunto intento, secondo i giudici sarebbe mancato l’elemento soggettivo: la volontà da parte del collaboratore scolastico di molestare la studentessa, che ha portato a respingere la condanna a tre anni e mezzo di reclusione avanzata dalla Procura.

La risposta del sindacato studentesco

La Rete degli Studenti Medi del Lazio, sindacato studentesco, ha rilasciato la seguente dichiarazione: «Siamo indignati dalla motivazione della sentenza di nuovo una molestia non viene riconosciuta in quanto tale per una motivazione assurda, sta volta addirittura in virtù della sua durata. Vogliamo sentirci sicure in ogni luogo, e in particolare a scuola che dovrebbe insegnare a riconoscere e abbattere le violenze di genere e le discriminazioni, invece ancora una volta questo non succede, e anzi gli edifici scolastici diventano teatro di molestie neppure riconosciute e punite».

La ragazza ha raccontato la dinamica dell’evento al Corriere, sottolineando come – per lei – il presunto intento scherzoso e la durata dell’azione non abbiano in alcun modo inficiato sulla percezione dell’avvenimento come una molestia. 

Inoltre, nel momento in cui viene a mancare il consenso di una delle due parti – concetto sul quale il dibattito è ancora aperto, così come la sua interpretazione e applicazione – quanto si può fare affidamento sulla goliardia? In moltissimi casi, dieci secondi possono essere davvero pochi, in altri possono cambiare la vita, ancor di più se una tale circostanza si verifica all’interno delle mura scolastiche che dovrebbero rappresentare un luogo sicuro e, soprattutto, di crescita.

Il punto sulla tutela dei diritti delle donne

Fa quantomeno riflettere, per una casuale concatenazione di eventi, che questa sentenza arrivi dopo che la destra italiana ha deciso di astenersi dal voto per la ratifica a livello comunitario della Convenzione di Istanbul, il cui scopo è quello di promuovere la parità e combattere la violenza di genere (Gender-based violence, GBV).

Per la medesima casualità, è di una settimana fa la decisione di Federginnastica Svizzera (FST) di non ritrarre donne, ragazze e bambine a gambe divaricate durante le competizioni, evitando la produzione e diffusione di scatti “eticamente sensibili” che potrebbero portare a una sessualizzazione delle atlete ritratte. 

L’obiettivo – spiega la FST – è anche quello di sensibilizzare chi lavora nel mondo dei media, perché prevalga il rispetto, invitando a scattare e riprendere da angolazioni consone. 

Cosa potrebbero avere in comune questi eventi? Tra i tanti elementi, rendono ancora difficile parlare di uguaglianza di genere e libertà della compagine femminile. 

Può diventare complesso, ad esempio, decidere di denunciare una molestia o una violenza a fronte di sentenze come quella sopracitata o con la consapevolezza di vivere in un Paese in cui la maggioranza di Governo ha scelto di non sostenere uno strumento fondamentale che permetterebbe di prevenire e combattere la violenza di genere con nuovi mezzi. 

Diventa anche più difficile esprimere sé stesse attraverso diverse manifestazioni della persona, se si decide di fare ricorso alla censura di una parte del corpo, piuttosto che all’educazione che permetta di comprendere il perché sia sbagliato sessualizzare un corpo femminile in moltissimi contesti.

Consenso e presenza femminile nello spazio pubblico

Ciò che queste situazioni ci insegnano è la necessità di mantenere vivo il dibattito sul consenso e sulla presenza femminile nello spazio pubblico e nei media: le strade, le scuole, gli uffici, i palazzetti dello sport, la televisione. 

Una presenza che, come vediamo, ancora non è scontata – per quanto possa sembrare anacronistico in un momento storico in cui l’uomo sta conquistando lo spazio – che viene percepita come una concessione da parte di chi influenza maggiormente lo spazio pubblico. 

Educare piuttosto che censurare, dare supporto a chi decide di denunciare in un Paese come l’Italia in cui il 70 per cento delle donne vittime di violenza decide di non ricorrere ad alcun tipo di mezzo legale per far valere i propri diritti.


Avatar photo

Sara Sucato

Siciliana, attivista per i diritti umani, mi piace definirmi "Life enthusiast". Sempre alla ricerca di qualcosa di cui parlare (e di qualcuno che mi ascolti).