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L’Italia e l’Europa viste dal Fondo Monetario Internazionale

Il recente rapporto del Fondo Monetario Internazionale apre cupe previsioni per il continente europeo e per l’Italia.


Il recente “Regional economic outlook” del Fondo Monetario Internazionale (FMI) si concentra sul continente europeo e, già dal titolo (La nebbia di guerra offusca l’outlook europeo) rende palesi le difficoltà in cui il Vecchio Continente si dibatte. La particolarità di questo rapporto è proprio nel riferimento iniziale del titolo, la cosiddetta “nebbia di guerra”. Questo riferimento, come ben sanno gli amanti di giochi strategici, sta a indicare una totale condizione di incertezza nella quale la realtà è celata, nascosta e imprevedibile, date le condizioni attuali.

Il rapporto, quindi, presenta una serie di scenari radicalmente diversi nei quali i parametri in gioco potrebbero cambiare drasticamente, costringendo gli attori in campo a modificare le ricette per contrastarli. Prima di approfondire la questione circa le variabili che potrebbero stravolgere il quadro, verifichiamo quali siano le previsioni attuali per l’Europa da parte del Fondo, a cominciare dal prodotto interno lordo, grazie a una tabella rinvenibile nel documento. 


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Come è possibile osservare, i dati mostrano una crescita sostenuta nell’ultimo biennio, figlia del rimbalzo post-covid che, però, sta cominciando a rallentare. Il dato negativo italiano e tedesco del prossimo anno dipenderà principalmente dall’andamento degli ultimi trimestri del 2022 e del primo trimestre del 2023, che si prevedono abbastanza complicati.

La decelerazione della crescita risulta evidente nelle economie avanzate, con un andamento che passerebbe dal 3,2 per cento del 2022 allo 0,6 per cento del 2023, e con Germania e Italia che segnerebbero una flessione, seppure leggera, proprio nel 2023. Questo quadro sarebbe radicalmente modificato nel caso in cui l’approvvigionamento di gas russo venisse totalmente tagliato (allo stato attuale, è estremamente ridotto rispetto alle importazioni precedenti alla guerra) in presenza di un inverno duro con prosciugamento delle riserve e razionamenti. 

In quel caso, lo scenario del Fondo sarebbe da brividi: i Paesi dell’Europa centrale e orientale potrebbero subire un crollo della crescita di circa il 3 per cento che, a cascata, colpirebbe, sebbene non nella stessa dimensione, anche gli altri Stati europei. A prescindere da questo scenario limite, le difficoltà potrebbero essere comunque consistenti, a causa della necessità di rimpiazzare le riserve di gas utilizzato nel corso di un inverno mite: temporanei periodi di difficoltà di approvvigionamento potrebbero condurre a tensioni sul prezzo del settore energetico con una conseguente pressione inflattiva.

L’altro dato di forte preoccupazione è quello inflattivo su cui il Fondo indica alcune radicali modificazioni. Il quadro teorico è quello ben delineato da un precedente articolo del nostro giornale, con le visioni contrapposte fra un quadro inflattivo transitorio o persistente. Secondo il rapporto, l’inflazione europea si sta muovendo verso il secondo scenario, come ben esemplificato dal grafico sotto riportato e presente nel documento.


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Come è evidente, la parte cosiddetta “residuale” è anche quella parte che risulta “inspiegata” nel quadro inflattivo attuale e che spinge verso l’alto il dato. Essa, per altro, è decisiva sia per spiegare l’andamento dell’inflazione complessiva, sia nel solo caso dell’inflazione “core” – la cosiddetta inflazione “di fondo”. Infine, come è evidente dalla dimensione delle varie barre nei grafici, essa rappresenta quasi la metà dell’inflazione complessiva.

Secondo il rapporto del FMI, il timore è che l’inflazione si stia “disancorando” dai suoi standard europei, normalmente molto ridotti. La politica monetaria restrittiva applicata dalle principali banche centrali dell’area dovrebbe nel medio termine portare a una contrazione del tasso di inflazione, ma anche in questo caso la previsione non è scevra da forti rischi e problematiche. 

Secondo le stime del Fondo, l’inflazione nell’Eurozona dovrebbe raggiungere l’8,3 per cento quest’anno, scendere al 5,3 per cento il prossimo e ridursi ulteriormente al 2,7 per cento nel 2024. Il target inflattivo prossimo al 2 per cento previsto dalla Banca Centrale Europea sarebbe raggiunto soltanto nel 2025.

Da notare come all’interno della zona Euro vi siano previste ampie divaricazioni: tralasciando gli elevatissimi tassi di inflazione presenti nei Paesi baltici, confrontando l’andamento di Germania e Italia è possibile notare come la prima (8,5 per cento nel 2022, 7,2 per cento nel 2023, 3,5 per cento nel 2024) riduca la pressione inflattiva molto più lentamente della seconda (8,7 per cento nel 2022, 5,2 per cento nel 2023, 1,7 per cento nel 2024) che potrebbe rientrare nei parametri europei già nel 2024.

L’inflazione, diversamente dalle stime però, potrebbe mantenersi elevata a causa di una nuova fiammata sui prezzi energetici in presenza di un inverno rigido o di difficoltà di approvvigionamento, oppure potrebbe innescarsi una rincorsa salariale per recuperare il potere d’acquisto perso da parte dei lavoratori, che rischierebbe di innescare una spirale prezzi-salari. 

Uno squarcio è poi aperto nel rapporto circa le condizioni finanziarie del Continente che potrebbero essere messe a dura prova dall’inflazione e dalla recessione. In particolare, il Fondo si aspetta delle difficoltà soprattutto nel settore dei mutui per i ceti meno abbienti, messi in difficoltà dall’accrescersi dei tassi e che potrebbero non essere più in grado di pagare le rate a causa dell’elevato aumento del costo della vita.

Proprio il settore finanziario potrebbe rappresentare un volano di peggioramento della recessione, a causa delle restrizioni creditizie che le banche potrebbero essere costrette a mettere in campo per salvaguardare i propri bilanci. Minore credito porterebbe a minori investimenti, minori investimenti a minore crescita. Potrebbe anche questo rappresentare un canale per il peggioramento della crisi, sebbene gli istituti di credito abbiano bilanci più resilienti grazie a quanto appreso dopo la Grande Recessione.  

Circa le raccomandazioni sulle politiche da seguire da parte delle Istituzioni, esse si divaricano fra politica monetaria e politica fiscale. Anche per queste raccomandazioni bisogna tenere a mente la particolare condizione di “nebbia di guerra” del continente europeo e, quindi, anche le reazioni dovrebbero essere calibrate in base alle condizioni presenti. A livello monetario è indicata una linea politica restrittiva fatta di un aumento dei tassi, ma che sia pronta eventualmente a rallentare in caso di profonda recessione e che tenga conto delle difficoltà cui potrebbero andare incontro i Paesi dell’Eurozona per il proprio finanziamento del debito. 

A livello di politica fiscale, è consigliata una politica di consolidamento dei conti pubblici, mantenendo al contempo un sostegno mirato alle categorie economicamente vulnerabili e cercando di mitigare l’impatto dei prezzi energetici. Anche in questo caso, è chiaro che le politiche andrebbero ricalibrate di volta in volta, in base agli scenari con sostanziali divaricazioni per realtà che potrebbero dimostrarsi diametralmente opposte.

Sembrerebbe, in conclusione, che bisognerà attendere che la nebbia si diradi per capire la rotta sulla quale avviarci. Fino ad allora, sembra che il mantra del FMI per tutti gli operatori pubblici e privati sia: “state pronti e agite con cautela”.

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