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Il nuovo ritmo della vita con l’avvento dello smart working

Introdotto in uno dei momenti più bui della nostra epoca, lo smart working ha cambiato non solo il nostro modo di lavorare ma anche di vivere.


Quando nel febbraio del 2020 la pandemia da Coronavirus si affacciava alla nostra realtà, non potevamo immaginare quanto quell’evento ci avrebbe cambiati. La pandemia da Coronavirus ha modificato per due anni le nostre abitudini e la nostra routine; ora che stiamo finalmente uscendo dal tunnel delle restrizioni e limitazioni, c’è chi non vuole del tutto abbandonare alcuni dei pochi aspetti che hanno reso positivo questo periodo, come lo smart working.

Dobbiamo ammettere che è stato complesso, in un primo momento, abituarci a una vita in cui tutto si svolgeva tra le mura di casa. Una realtà nella quale i colleghi, i capi, stavano dietro a uno schermo quindici pollici ed entravano e uscivano con un click dalla nostra giornata.

È stato difficile smettere di “timbrare il cartellino”, benché la pratica fosse già parzialmente in disuso. Prima di questo momento, nessuno di noi si è mai sentito libero di lasciare prima la scrivania o di fare una pausa pranzo più lunga, di decidere di mettere in pausa la mente per ricominciare più tardi a lavorare sui nostri progetti.

Il lavoro dentro il proprio “rifugio”

Alcuni hanno vissuto questo cambiamento in modo negativo, sentendosi privati della propria routine quotidiana e della possibilità di svagarsi anche solo varcando la porta di casa. D’altro canto, poi c’è chi ha iniziato a guardare la vita da un nuovo punto di vista, riuscendo a coniugare più agilmente la vita lavorativa alla sfera privata.

Prima della pandemia il pensiero di poter svolgere il proprio lavoro d’ufficio in qualunque luogo era impensabile, due anni dopo viene difficile immaginare il contrario. 

Il lavoro d’ufficio, quello che prima ci relegava dietro a una scrivania, ora si può svolgere da qualsiasi luogo, bastano un paio di auricolari e una buona connessione internet. Si può fare una riunione camminando per la campagna insieme al proprio cane, si può lavorare da casa dei genitori, in qualsiasi momento dell’anno, e non solo durante le feste comandate.

Smart working: più felici, più produttivi

A giovare dell’autonomia data dallo smart working non è solo il dipendente, che si sente più libero di gestire la propria quotidianità in maniera ottimale, ma anche le aziende di appartenenza.

Sono molti i dati a favore di un aumento del rendimento dei lavoratori che utilizzano in maniera continuativa il lavoro agile. Da un’analisi effettuata nel 2021 dall’Ufficio studi di Variazioni è infatti emerso come i decisori aziendali abbiano riscontrato un aumento della produttività dell’8 per cento (si è passati dal 45 per cento nel 2020 al 53 per cento) dei propri dipendenti in smart working. Questo perché gli impiegati si sentivano maggiormente responsabili e allo stesso tempo lavoravano con più tranquillità e senza “il fiato sul collo”. Persone meno stressate e con più tempo da dedicare alla propria vita privata sono persone felici e più produttive.

Il coronavirus ci ha portato a un’epifania collettiva: lavorare in modo produttivo e allo stesso tempo avere una vita piena e soddisfacente si può. Finalmente.

smart working relax

Come cambia la scelta di un lavoro

Le giovani generazioni scalpitano già da un po’, e questo nuovo paradigma fa al caso loro. Il pensiero di finire dietro una scrivania per tutta la vita, il posto fisso sogno dei genitori, rappresenta oggi un incubo, e la prova è data dalla cosiddetta Great Resignation.

Uno studio ha rivelato che il 40 per cento dei lavoratori a livello mondiale è intenzionato a cambiare lavoro nei prossimi mesi. In italia, fra aprile e giugno 2021 quasi mezzo milione di persone ha deciso di dare le dimissioni.

La decisione è, nella maggior parte dei casi, veicolata da una profonda introspezione dei singoli sulle proprie priorità. Dove prima c’erano carriera e obiettivi personali, ora ci sono il benessere e la condivisione dei valori fondanti della vita.

Partendo da questa riflessione sono numerose le ragioni che portano i lavoratori a cambiare lavoro: dalle relazioni professionali con colleghi e capi, alla necessità di un aumento di stipendio, passando per la ricerca di un impiego che permetta di portare avanti i propri valori personali. Si migra verso aziende in cui ci sia una cultura con la quale identificarsi, che permetta di lavorare da remoto e per obiettivi, aumentando il tempo da dedicare a sé stessi.

Qualunque sia la ragione della partenza e la destinazione, dietro questo movimento sembra esserci qualcosa di profondo, un nuovo ritmo della vita. Un cambiamento sociale che assomiglia quasi a un “Umanesimo 2.0”, non più il lavoro, ma l’uomo al centro di questa nuova realtà.


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Federica Agrò

Ho due vite parallele e soddisfacenti: in una mi occupo di strategie di marketing e social media management, nell’altra scrivo di diritti umani, attualità, cultura ed ecologia.