Ucraina, la guerra sul corpo delle donne

Dall’Ucraina si moltiplicano le testimonianze di torture e violenze sessuali sempre più brutali inflitte a donne e bambini.


Dall’inizio dei combattimenti in Ucraina si sono incessantemente susseguite testimonianze, denunce e voci di terrificanti torture subite dalla popolazione civile. Tra queste, le autorità locali e le organizzazioni umanitarie hanno raccolto numerose testimonianze, provenienti da più parti del Paese, di stupri commessi, per lo più dai soldati russi, sui civili ucraini. Le vittime sono indistintamente donne, uomini e bambini anche se donne e ragazze restano i principali target delle violenze.

Come spesso accaduto nella storia, anche stavolta la guerra si combatte sui corpi delle donne, considerati alla stregua di un oggetto alla mercé della collettività o, come in questo caso, dei soldati. Tenute in ostaggio, seviziate, uccise, le donne diventano una vera e propria arma di guerra. Lo stupro sistematico e diffuso diventa strumento di umiliazione del nemico e testimonia il possesso del territorio sottomesso. Già nelle prime settimane di guerra l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni esprimeva preoccupazione per il rischio di tratta degli esseri umani, sfruttamento e violenze sessuali in Ucraina e nelle regioni limitrofe, a causa del notevole incremento di persone vulnerabili in fuga dalla guerra. 

Le testimonianze 

Ogni giorno emergono dettagli sempre più agghiaccianti che si aggiungono ad uno scenario già di per sé raggelante. Quanto emerge dalle testimonianze delle vittime sopravvissute o da quanti hanno, in silenzio, assistito a simili e atroci violenze, sembra un racconto dell’orrore. Le modalità con cui gli stupri vengono perpetrati dai soldati russi nascondono i segni di una spietatezza inspiegabile. Donne stuprate davanti agli occhi dei loro bambini; altre stuprate dopo aver ucciso i loro familiari; altre ancora torturate, stuprate e poi impiccate.  

«Vai, stupra le donne ucraine, te lo permetto, ma non dirmi niente: però non ti dimenticare delle protezioni». Questa, ad esempio, la registrazione di una conversazione intercettata dai servizi segreti ucraini nel Kherson, a sud del Paese, tra un soldato russo e la moglie. Dalle ultime notizie apprese da un ex deputato russo dissidente, il soldato che, con tono sprezzante, scherzava sugli stupri insieme alla moglie, è stato catturato dalle forze di Kiev nei giorni scorsi. 

Ennesima testimonianza shock proviene da Irpin, città situata a nord-est di Kiev, dove una diciassettenne ha raccontato quanto le è accaduto agli psicologi di una linea telefonica speciale messa a disposizione per le vittime di violenza. La ragazza ha raccontato di essere stata risparmiata solo perché considerata “brutta” ma di aver assistito alle violenze sessuali subite dalla madre e dalla sorella quindicenne, entrambe morte a seguito delle torture inflitte e di essere rimasta in evidente stato di shock per quattro giorni insieme ai loro corpi esanimi. 

Evidenze scientifiche di violenze sessuali inflitte alle donne ucraine provengono, poi, dagli esami autoptici compiuti dai medici legali su numerose donne uccise e gettate nelle fosse comuni nelle zone di Bucha, Irpin e Borodianka durante l’occupazione russa. 

Il tacito consenso delle autorità 

Un particolare emerso negli ultimi giorni rende ancora più raccapricciante l’escalation di violenze sui corpi delle donne. Infatti, è emerso che i soldati russi colpevoli di queste atrocità godrebbero di un tacito consenso da parte delle autorità russe.

Helena Kennedy, avvocato per i diritti umani e parte della task force incaricata di indagare i presunti crimini di guerra commessi in Ucraina, ha raccontato che i militari russi sarebbero coperti da una sorta di immunità per questo tipo di crimini e, quindi, non perseguibili per le condotte criminose poste in essere. Infatti, sembrerebbe che le autorità russe, pur non ordinandoli formalmente, abbiano comunque dato il permesso ai militari russi di commettere questi crimini e atrocità.

Aborto negato 

Come se non bastasse, a rendere più complicata la già delicata e drammatica situazione concorrono le numerose difficoltà in cui si stanno imbattendo molte donne ucraine per aver accesso all’aborto. Ed infatti, come denunciato su Twitter da Oleksandra Matviichuk, presidente dell’associazione ucraina per i diritti umani Center for Civil Liberties, molte delle donne stuprate dai militari russi che cercano rifugio in Polonia stanno vivendo una condizione drammatica a causa delle estreme difficoltà di abortire. 

Il motivo è da rinvenire nella legislazione polacca sull’aborto, una delle più restrittive in Europa. La legge entrata in vigore nel 2021 ha reso il divieto di abortire quasi totale. Infatti, quest’ultimo è, attualmente, considerato legale solo nei casi in cui la donna sia in pericolo di vita o qualora la gravidanza sia il risultato di un incesto o di uno stupro. Tuttavia, in quest’ultimo caso, l’aborto sarebbe permesso solo a seguito di regolare denuncia e di apertura di un procedimento penale per stupro che ancora non esiste e che, tra l’altro, non è possibile portare avanti poiché sarebbe difficile accertare gli autori del reato. 

L’influenza degli antiabortisti polacchi

D’altro canto, molti psicologi polacchi antiabortisti stanno cercando di convincere le donne che una nuova vita è qualcosa di meraviglioso e che con l’aborto distruggono la vita di entrambi, la loro e quella del feto. Inoltre, chi fornisce illegalmente pillole abortive o supporta le donne nel tentativo di abortire può essere punito con la reclusione fino a tre anni. Poiché in Polonia la pillola abortiva è legale solo dietro prescrizione medica, per le donne ucraine è estremamente difficile, se non impossibile, procurarsele. Tuttavia, numerosi medici polacchi che collaborano con organizzazioni non governative stanno prescrivendo e distribuendo la pillola segretamente, nonostante il grosso rischio di finire in prigione. 

Come raccontato da Hilary Margolis, ricercatrice di Human Rights Watch, questo tipo di restrizioni genera ansia e paura nelle donne ucraine che si trovano, per la prima volta, di fronte ad una situazione imprevista dal momento che in Ucraina, prima dell’inizio del conflitto, era consentito abortire fino alla dodicesima settimana. Per questo motivo, in un tweet, Oleksandra ha fatto sapere di essere in contatto con dei colleghi in Polonia che stanno promuovendo una campagna informativa cosicché le donne vittime di stupro bellico sappiano a chi rivolgersi e come lasciare la Polonia se necessario. 

A sostegno delle donne ucraine operano diverse associazioni femministe in Polonia che offrono assistenza e supporto da anni alle donne che vogliono abortire. Tra queste, Abortion without borders ha reso noto che dal 1° marzo ha ricevuto circa 200 richieste di aiuto da parte di donne ucraine che nella maggior parte dei casi sono riuscite a procurarsi illegalmente la pillola e ad interrompere la gravidanza.


Immagine in copertina di Garry Knight

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