La figura di Salvo Lima, a trent’anni dal suo omicidio

Quella del 12 marzo 1992 è una data rilevante nella storia politica siciliana. L’assassinio di Salvo Lima, ex sindaco di Palermo ed esponente di spicco della DC siciliana, è l’episodio col quale Cosa nostra dà inizio alla stagione delle stragi. 


[…] Non è facile scrivere un discorso per Lima.  – Ah, Lima, ehm … sì, non è che Lima tenga discorsi particolarmente complessi. “La Sicilia ha bisogno dell’Europa. L’Europa ha bisogno della Sicilia.” Vuoi cambiare? Metti prima l’Europa e poi la Sicilia. “L’Europa ha bisogno della Sicilia”. – Arturo smettila di fare il cretino dai, ascolta, è importante. Lima vuole un discorso di rottura, sai, con tutte le polemiche che ci sono … E io pensavo ad un inizio così: “La Democrazia Cristiana è in prima fila contro la mafia e si batterà sempre…”. – In prima fila … Mi sembra un po’ eccessivo, io direi terza fila, perché anche la seconda sarebbe un po’ esagerato. – Arturo che c’è? Che cos’hai? Perché sei così scontroso? – Flora, anche tu … Lima frasi del genere non le dice, non ha mai detto una parola contro la mafia manco per sbaglio, la dice ora che è in campagna elettorale, sotto elezioni … Chi lo vota?[…]

In questo dialogo tra Arturo Giammarresi e Flora Guarneri – protagonisti del film La mafia uccide solo d’estate – Pierfrancesco Diliberto (in arte Pif) prova a ironizzare su un possibile comizio elettorale di Salvo Lima, interpretato nel film dall’attore Totò Borgese. In realtà quello dell’ironia non sarebbe il registro più appropriato per descrivere la figura di Lima, la cui carriera politica risulta, per usare un eufemismo, controversa e piena di ombre.

Salvatore Achille Ettore Lima nasce a Palermo il 23 gennaio 1928. Dopo essersi laureato in giurisprudenza e aver trovato impiego presso il Banco di Sicilia, nel 1956 viene eletto come consigliere comunale. All’interno dei quadri della Democrazia Cristiana, Lima aderisce dapprima alla corrente di Amintore Fanfani, per passare poi a quella andreottiana, diventando di fatto il referente principale di Giulio Andreotti in Sicilia. Sindaco di Palermo per due mandati consecutivi (1958/1963 e 1963/1968) Lima ricopre anche la carica di segretario provinciale della DC dal 1962 al 1963 e poi dal 1965 al 1966.

A livello nazionale è stato deputato della Repubblica dal giugno 1968 al giugno 1979, svolgendo il ruolo di sottosegretario di Stato al ministero delle finanze dal giugno 1972 al novembre 1974, all’interno dei governi Andreotti II e Rumor IV e V, quindi quello di sottosegretario di Stato al ministero del bilancio e della programmazione economica del governo Moro IV dal novembre 1974 al luglio 1976. Nel 1979 viene quindi eletto al Parlamento europeo, dove rimane per due legislature.

Nel corso dei dieci anni nei quali Lima fu sindaco, a Palermo vennero apportate numerose modifiche al piano regolatore generale e rilasciate 4 mila licenze edilizie, 1600 delle quali intestate a tre prestanome estranei al settore edilizio. Diversi costruttori, legati direttamente o indirettamente alla criminalità organizzata, ottennero licenze e appalti, sebbene violassero le disposizioni normative del Prg cittadino. Il periodo che vide Salvo Lima sindaco e Vito Ciancimino assessore ai lavori pubblici è stato definito, non a caso, “sacco di Palermo” per via dello stravolgimento architettonico della città. 

Il 12 marzo 1992, mentre stava per recarsi a un convegno, Lima subisce un vero e proprio agguato da parte di un commando. Sebbene in un primo momento fosse riuscito a scendere dall’auto sulla quale viaggiava, viene raggiunto dai killer e ucciso con tre colpi di pistola. Il processo per l’omicidio di Lima si concluse nel 1998 con la condanna a tredici anni per gli esecutori materiali del delitto, Francesco Onorato e Giovan Battista Ferrante. Furono invece condannati all’ergastolo, come mandanti dell’omicidio, numerosi boss mafiosi, tra cui Salvatore Riina, Francesco Madonia, Pippo Caló e Giuseppe Graviano.

Secondo la sentenza del processo per il suo omicidio, Lima si era attivato al fine di modificare in Cassazione la sentenza del Maxiprocesso di Palermo, che aveva condannato molti boss di Cosa nostra all’ergastolo. La Cassazione, tuttavia, il 30 gennaio 1992, confermava gli ergastoli del Maxiprocesso e riconosceva la validità delle dichiarazioni del pentito Tommaso Buscetta; erano state soprattutto queste le ragioni dell’assassinio di Lima

Uccidere il plenipotenziario di Andreotti significava, nei piani di Cosa nostra, lanciare un potente avvertimento all’allora Presidente del Consiglio, che aveva da poco firmato un decreto-legge per effetto del quale gli imputati del Maxiprocesso, scarcerati per decorrenza dei termini, dovevano tornare in carcere. 

Dei legami di Salvo Lima con Cosa nostra c’è traccia già nel 1964, quando il giudice Cesare Terranova, nella sentenza istruttoria sulla prima guerra di mafia, faceva riferimento al fatto che il sindaco conoscesse il boss mafioso Salvatore La Barbera. Più volte citato nelle relazioni e negli atti della Commissione Parlamentare Antimafia, Lima ha ricevuto quattro richieste di autorizzazione a procedere per peculato, interesse privato e falso ideologico. L’esistenza di rapporti abbastanza stabili tra esponenti di Cosa nostra e lo stesso Lima emerge inoltre dalle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia, come Tommaso Buscetta e Francesco Marino Mannoia.

Legato agli imprenditori Ignazio e Nino Salvo, nonché ai boss Stefano Bontate e Gaetano Badalamenti, l’onorevole Salvo Lima rappresentava il “garante” di uno schema politico/mafioso che in Sicilia ha retto per trent’anni. La sua uccisione, a Palermo, segnava la rottura degli equilibri e l’inizio di una pericolosa escalation da parte di Cosa nostra, disposta a tutto per minacciare lo Stato. A distanza di poco più di due mesi dall’omicidio di Lima sarà la strage di Capaci, il 23 maggio, a sconvolgere il Paese, quindi quella di via d’Amelio, il 19 luglio, a seminare ulteriore terrore.

«Per noi è lacerante intuire ma non potere ancora dimostrare – ha affermato l’ex procuratore nazionale Antimafia Pietro Grasso – che la strategia stragista sia iniziata prima di Capaci e cioè con l’omicidio Lima. È lì che scattò un segnale, per cui lo stesso Giovanni Falcone mi disse “Adesso può succedere di tutto”».