Serbia, nuove leggi contro l’ambiente: il caso Rio Tinto

Da settimane si susseguono proteste contro lo sfruttamento delle risorse minerarie. Il presidente Vucic ha fatto dietro front, ma la situazione resta instabile.


Nelle ultime settimane hanno avuto luogo in Serbia diverse manifestazioni e proteste per fermare due nuove leggi proposte dal governo: la legge sull’Esproprio e la legge sul Referendum. Migliaia di cittadini hanno fatto sentire la propria voce bloccando intere strade a Belgrado, la capitale, e in altre città del Paese.

Diversi gruppi di ambientalisti hanno mostrato dei cartelloni in difesa del proprio territorio. Per le strade gli attivisti urlavano “Non daremo via la natura in Serbia”, “Fermate gli investitori, salvate la natura” e “Per la terra, l’acqua e l’aria”. I cittadini e alcune ONG attive sul territorio hanno definito queste modifiche legislative incostituzionali, chiedendo al presidente Vucic di ridiscuterle in parlamento e di non promulgarle. Non sono mancati gli scontri con la polizia e le forze dell’ordine, e sono anche stati registrati degli episodi molto violenti tra gruppi di hooligan e i manifestanti.

Le leggi in questione permetterebbero ad aziende straniere di sfruttare le terre serbe appropriandosi delle risorse minerarie, con azioni potenzialmente dannose per l’ambiente. La Serbia è già tra i Paesi più inquinati d’Europa e la qualità dell’aria peggiora di anno in anno. L’accesso a un’aria pulita è un diritto che garantisce il benessere dei cittadini, insieme all’accesso all’acqua pulita e al cibo. Ragion per cui anche il celebre tennista Djokovic si è opposto pubblicamente a queste nuove leggi, che renderebbero più semplice per lo Stato l’acquisto di terre private per agevolare le aziende estere.

Sono diverse le ditte interessate al Paese dell’est Europa e a cui il governo sta offrendo risorse minerarie, tra cui l’azienda cinese Zijin. Ma al centro delle proteste si è trovata l’azienda Anglo-Australiana “Rio Tinto” che vorrebbe investire 2,4 miliardi di dollari su un progetto di estrazione del litio nell’est della Serbia. L’azienda aveva già trovato delle risorse di litio nel 2006 nella regione di Loznica e da allora ha avviato le trattative per poter investire su altri territori e aprire in loco una miniera di litio. 

Il litio è tra i materiali più ambiti nel settore delle risorse rinnovabili e viene usato anche per le batterie delle macchine elettriche. Nel corso del suo operato Rio Tinto è stata già accusata di deterioramento ambientale e di sfruttamento del lavoro nelle miniere. 

Con la Legge sull’Esproprio, i proprietari di un immobile avrebbero fino a cinque giorni per pronunciarsi sulla proposta di esproprio. «L’obiettivo del governo è quello di pagare il meno possibile i cittadini, che non avrebbero le conoscenze e le abilità adatte per esporsi (sulla trattativa) in così poco tempo» ha dichiarato l’avvocato Vladimir Terzic, in prima linea durante le proteste. 

Inoltre, la Serbia avrebbe bisogno di fondi ingenti per poter raggiungere gli standard ambientali stabiliti dall’Unione Europea. Rio Tinto ha dichiarato che aderirà sia alle regolamentazioni serbe che a quelle europee in materia di difesa dell’ambiente, ma gli attivisti credono che la loro miniera avrebbe comunque un impatto devastante, inquinando l’acqua potabile presente nel territorio circostante. 

Per quanto riguarda invece la legge sul Referendum, quest’ultima renderebbe più difficile protestare contro l’inquinamento che questi progetti potrebbero causare. Gli emendamenti proposti complicherebbero infatti l’iter referendario e non permetterebbero di indire un referendum sulla stessa questione a meno di quattro anni dall’ultimo. Inoltre, aumenterebbero i costi amministrativi per proporre simili iniziative. Il problema maggiore – secondo i manifestanti – è stata la totale mancanza di dialogo con i cittadini sul futuro del proprio territorio.

L’8 dicembre il governo si è alla fine arreso alle richieste dei manifestanti, annunciando che apporterà delle modifiche agli emendamenti proposti. Il presidente Vucic ha voluto calmare le acque con un discorso rivolto alla nazione. «Siamo dalla vostra parte e non prenderemo nessuna decisione senza di voi ». 

Nonostante ciò, la situazione rimane ancora in bilico. La Serbia sta attraversando un periodo critico negli ultimi mesi. Nelle scorse settimane vi sono state altre proteste, questa volta contro il murales di Ratko Mladić, ex generale serbo condannato all’Ergastolo per crimini contro l’umanità commessi durante la guerra degli anni ‘90. La popolazione è stata molto divisa sul caso, con un gruppo di estrema destra che ancora ammira Mladic e il resto dei cittadini che ha condannato l’uso di uno spazio pubblico per rappresentare un criminale.

Il governo serbo adesso avrà la responsabilità di riprendere in mano la situazione generale, anche in vista delle prossime elezioni del 2022, che potrebbero decidere le sorti del paese.