Winnie the Pooh, dietro la sua creazione la storia di una tragedia familiare
Tutti conoscono le avventure di animazione del tenero orsacchiotto Winnie the Pooh che proprio ora compie 95 anni dalla sua nascita. Ma non tutti conoscono la tragedia familiare che si nasconde dietro l’immaginario giocoso di questi teneri animali, amici del bimbo Christopher Robin.
Chi non ha mai letto o guardato le avventure di Winnie the Pooh? Il mitico orsacchiotto con la magliettina rossa sempre affamato di miele, che vive mille avventure nel Bosco dei Mille Acri, ha affascinato ed entusiasmato migliaia di bambini nel mondo e non solo. Tuttavia, quello che in pochi sanno è che dietro il tenerissimo personaggio si nasconde una storia non solo travagliata ma molto triste e a tratti inquietante.
Facendo una passeggiata tra le sale della New York Library, si incapperà in una stanzetta, chiamata “Children’s room”, e al suo interno sopra un altarino di color limone tra musicassette, libri e riviste, si possono scorgere dei peluche: un orsetto dal pelo giallo, una mamma canguro, una tigre e un piccolo maialino. Sono i pupazzi originali che hanno dato vita, attraverso la fantasia di Alan Alexander Milne, al famoso Winnie the Pooh. La famosa fiaba per bambini narra la storia dell’orsetto sotto la veste di migliore amico di Christopher Robin Milne, il figlio dello scrittore. I pupazzetti che hanno dato origine, infatti, alla storia sono proprio i giocattoli preferiti del figlio di Alan Milne.

Gli orrori della guerra
La particolarità della storia non risiede tanto nella costruzione di uno o più personaggi fiabeschi tratti dalla vita reale dello scrittore, quanto in quello che lo stesso Alan Milne, il figlio Christopher e la moglie Dorothy ‘Daphne’ De Selincourt hanno vissuto e come lo hanno vissuto.
Alan Alexander Milne nasce nel 1882 a Kilburn, un quartiere nel nord-ovest di Londra. Durante la Prima guerra mondiale si arruola, ma verrà congedato nel 1919 senza aver mai ucciso nessuno. La guerra scuote profondamente la coscienza dello scrittore britannico il quale afferma nella sua autobiografia pubblicata nel 1939: «pensare all’incubo del degrado psichico e morale della guerra mi ha reso quasi fisicamente malato».
Successivamente, negli anni che vedono l’ascesa di Hitler e dell’hitlerismo, afferma con veemenza: «Ritengo che la guerra sia un male minore dell’hitlerismo, credo che l’hitlerismo debba essere ucciso prima che la guerra possa essere eliminata».
Lo scrisse in una lettera che ad oggi è conservata all’interno dell’Imperial War Museum di Londra. Si pensò che ciò che scosse la mente dello scrittore britannico, in seguito al congedo dalla Prima guerra mondiale, fu quello che oggi viene definito come un disturbo da stress post-traumatico (PTSD); tuttavia, non si ha la certezza che fu proprio questo che colpì lo scrittore rendendolo distaccato dalla sua famiglia e dallo stesso figlio che sarà protagonista della famosa fiaba per bambini.
La figlia femmina mai nata e il PTSD dello scrittore
Si narra che lo scrittore britannico e la moglie desiderassero ardentemente una figlia femmina e che dopo sette anni di matrimonio all’arrivo del piccolo Christopher fossero parecchio scossi; inoltre, lo stesso Christopher negli anni della sua infanzia ebbe modo di stringere amicizia solo con la figlia di una vicina di casa, Anne Darlington, la quale era degna di numerose attenzioni da parte dello scrittore britannico e della moglie in quanto incarnava il sogno mai realizzato della figlia femmina.
Gli anni di matrimonio di Alan e Daphne portarono a galla numerosi demoni personali dei due: Daphne si era allontanata troncando ogni rapporto con la famiglia d’origine; lo scrittore aveva incubi continui in seguito a quello che fu definito PTSD. I due in seguito ebbero altre relazioni extraconiugali con cui cercarono una felicità effimera e passeggera.
Il famoso orsacchiotto venne regalato al piccolo Christopher all’età di un anno per il suo compleanno e divenne il migliore amico del bambino che, in seguito a una visita allo zoo di Londra, decise di dargli il nome Winnie in onore dell’orso Winnipeg che vide durante la visita.
Vedendo Christopher e Anne giocare con i peluche, lo scrittore britannico diede vita alle avventure di Winnie the Pooh, che all’inizio erano semplicemente favole della buonanotte per il bimbo. Tuttavia, quando venne pubblicata la prima storia, questa ebbe un enorme successo che portò lo scrittore a scrivere altre avventure e casa Milne iniziò ad avere una notorietà particolarmente forte.

Il successo e la catastrofe familiare
Questa notorietà, tuttavia, unita alle problematiche familiari preesistenti, portò la famiglia alla disgregazione e all’odio dello stesso Christopher, il quale veniva costantemente riconosciuto e ricercato dalle folle, a causa del padre e le storie che questo aveva scritto rendendolo un protagonista infelice. Il profondo desiderio dei genitori per una figlia femmina sfociò in comportamenti che acuivano sempre più il risentimento del figlio che, destinato a sposare l’apprezzata Anne, decise di rifiutare l’imposizione da parte dei genitori e di sposare la cugina Lesley. Si arrivò alla rottura definitiva tra Daphne e Christopher, al quale venne negato dalla stessa anche l’ultimo saluto in punto di morte.
Tensioni e risentimento fecero sempre parte della vita della famiglia Milne, disgregata sempre più dalla notorietà e da amori contrastanti. Il successo stravolse la vita di ogni singolo membro della famiglia tanto che il 1928 fu l’ultimo anno in cui uscì la fiaba di Winnie the Pooh firmata da Milne. Lo stesso non aveva come ambizione quella di diventare uno scrittore per bambini, ma piuttosto uno scrittore impegnato. A questo si aggiunse l’invidia dello scrittore nei confronti della notorietà sviluppata dal figlio, protagonista della fiaba.
Lo stesso Christopher Robin subì episodi di bullismo a causa della fiaba che lo ritraeva. Diversi anni dopo riuscì a laurearsi in matematica e a creare una famiglia con la cugina Lesley. Ebbero anche una bambina, la quale però nacque con una paralisi cerebrale che la rese disabile.
Christopher Robin, nonostante tutto, cercò di fare pubblica utilità di ciò che ne derivò da Winnie the Pooh e dalla fiaba ad oggi molto conosciuta: donò infatti tutti i ricavati derivanti dalla vendita della fiaba a una associazione che si occupava di chi, come sua figlia, pativa grossi danni cerebrali.
Non sempre le fiabe nascondono un mondo fatato, anzi molte volte sono la porta verso una realtà parallela in cui scappare per non soccombere agli orrori della realtà.