Ddl Zan e la Santa Sede: quando la Chiesa manca il bersaglio

Nuove polemiche addensano di nubi il percorso del contestato ddl Zan. La Santa Sede ha espresso (male) le sue preoccupazioni per una legge che “limiterebbe la libertà di espressione” tirando in ballo anche il Concordato Stato-Chiesa.


Nei giorni scorsi il Corriere della Sera, lancia la notizia dell’invio da parte della Chiesa cattolica di una nota formale al governo italiano per chiedere una modifica del disegno di legge contro l’omotransfobia approvata alla Camera nel novembre del 2020 e ora in discussione alla Commissione Giustizia del Senato. Secondo quanto riportato, la nota consegnata al governo italiano asserisce che il ddl Zan, nella forma attuale, violerebbe il Concordato, il documento ufficiale che regola il rapporto fra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica.

La nota è stata redatta da Monsignor Paul Richard Gallagher segretario per i Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato, figura che corrisponde al ministro degli Esteri del Vaticano. Il documento espone le perplessità della Santa Sede: «Alcuni contenuti attuali della proposta legislativa in esame presso il Senato riducono la libertà garantita alla Chiesa Cattolica dall’articolo 2, commi 1 e 3 dell’accordo di revisione del Concordato».

Paul Richard Gallagher ddl zan
Paul Richard Gallagher

Cosa è innanzitutto l’accordo di revisione del Concordato?

Conosciuto anche come Concordato bis o “nuovo concordato” è stato firmato nel 1984. La “prima versione” risale al 1929, ovvero alla firma dei Patti Lateranensi. Dopo la caduta del regime fascista e con la transizione dell’Italia da monarchia a repubblica, il Concordato acquista tutela costituzionale con l’articolo 7 secondo il quale «Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani». 

Lo Stato italiano che quindi decise di mantenere in vigore i Patti Lateranensi –  tenendo conto delle trasformazioni del quadro politico e sociale intervenute tra 1929 e 1984 – procedette però ad una revisione dei Trattati. 

Il nuovo concordato, da un lato riconobbe una separazione più netta tra Stato e Chiesa cattolica, dall’altro le riconosce concessioni importanti – significative agevolazioni fiscali e il finanziamento attraverso del meccanismo dell’8xmille – e diverse libertà. Tra queste, quella di “organizzazione”, di “esercizio del magistero” (cioè di diffondere e insegnare la religione cattolica) e “ai cattolici e alle loro associazioni” la piena libertà di “manifestazione del pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. I famosi commi 1, 3 dell’articolo 2 citati nella nota della Santa Sede. Tali libertà, secondo il Vaticano, sarebbero messe in pericolo dall’approvazione del disegno di legge Zan.

L’accusa del Vaticano al ddl Zan

Per il Vaticano il ddl Zan violerebbe la libertà di organizzazione perché non esenta le scuole private dall’organizzare attività in occasione della Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia,  che viene istituita con la legge. E, più in generale, minerebbe la libertà di pensiero dei cattolici, forse più che dei cattolici in generale, in realtà minerebbe le posizioni, spesso esplicitamente omofobe, di alcuni appartenenti al clero e ambienti vicini alle posizioni più intransigenti della dottrina cattolica.

Quindi i punti cruciali su cui viene posta l’attenzione sono: una presunta violazione della libertà di espressione – obiezione posta a dire il vero anche da altri detrattori della legge Zan – e l’obbligo di celebrare nelle scuole cattoliche la Giornata nazionale contro l’omofobia, la bifobia, la lesbofobia e la transfobia.

Per quanto riguarda il primo punto, la risposta a chi sostiene che la legge mini la libertà di espressione è sempre la stessa: l’articolo 4 del disegno di legge tutela il pluralismo delle idee e la libertà delle scelte, tranne quelle che portano ad atti discriminatori e violenti. È vero che la legge Zan estende la legge Mancino-Reale, ma non la estende al reato di “propaganda di idee fondate sull’odio etnico e razziale”.

Per quanto riguarda l’articolo 7 del ddl che chiede l’istituzione della Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia, come sottolinea lo stesso autore della legge, Alessandro Zan, l’articolo «si inscrive in un quadro segnato dal principio di autonomia scolastica, che è generale e si applica a tutte le scuole, pubbliche e private». Dedicare una giornata specifica a questi temi del resto implica solamente che si insegni a scuola il rispetto per il prossimo. L’omosessualità non è un comportamento che si apprende, al contrario degli atteggiamenti di discriminazione verso alcune categorie più fragili.

Un intervento a gamba tesa sul ddl Zan

Al netto di tutto, il fatto clamoroso della vicenda è che si sia mosso direttamente il governo centrale della Chiesa, mentre su questi temi si esprime pubblicamente in genere la Conferenza Episcopale, che infatti più volte si era già espressa contro. Lo stesso presidente della Cei, il cardinale Gualtiero Bassetti, si è più volte pronunciato sul ddl Zan in maniera critica. 

In questa occasione il Vaticano ha scelto di inviare un segnale di chiarezza e compattezza più forte sull’argomento, tanto da sollevare un’alzata di scudi tra i sostenitori del disegno di legge che hanno gridato a un’indebita ingerenza sul governo italiano.

Dal punto di vista strettamente giuridico non può essere considerata un’ingerenza illegittima della Santa Sede. Quest’ultima solleva una questione su un accordo bilaterale con il governo italiano che deve essere modificato con il consenso di entrambe le parti. Sul piano formale, dunque, è un atto perfettamente legittimo. Ciò che in realtà viene davvero messa in discussione è l’opportunità politica dell’intervento del Vaticano sulla questione.

Libera chiesa… in libero Stato

Anche il premier Mario Draghi è stato chiamato a esprimere la posizione del governo in aula riguardo la polemica scatenata dalla nota formale del Vaticano: «Mi preme ricordare che il nostro è uno stato laico, non è confessionale, quindi il Parlamento ha tutto il diritto di discutere e legiferare. Il nostro ordinamento contiene tutte le garanzie per verificare che le nostre leggi rispettino sempre i principi costituzionali e gli impegni internazionali, tra cui il Concordato con la Chiesa». Specificando come «la laicità non è indifferenza dello Stato rispetto al fenomeno religioso. La laicità è tutela del pluralismo e delle diversità culturali». 

E la palla adesso passa proprio al Senato: il 6 luglio l’aula deciderà se inserire nell’ordine del giorno del 13 luglio il disegno di legge; le votazioni di quest’ultimo saranno a scrutinio segreto. I voti favorevoli, sulla carta 168 a fronte dei 151 contrari, sono traballanti a causa dei franchi tiratori che potrebbero tentare di affossare la legge con il voto segreto, poiché i “dubbiosi” che vorrebbero apportare modifiche al disegno di legge appartengono anche alle fila della vecchia maggioranza giallorossa, Pd, Movimento 5 Stelle e Italia Viva.

Peccato che il tempo corre e ulteriori modifiche del ddl avrebbero come risultato lo slittamento definitivo della norma a chissà quando; pare, inoltre, che il rischio sia che, oggi, la vera gara sia a chi si intesterà il “merito” di aver fatto saltare una legge che tutela delle categorie fortemente discriminate nel 2021, invocando anche un Concordato stipulato originariamente nel 1929.


Avatar photo

Antinea Pasta

Sono una persona aperta, disponibile all’ascolto, offro il mio sguardo curioso ma sempre fedele alle mie idee, a volte cinico e un po’ sarcastico, a chi avrà voglia di leggere ciò che scrivo.