Hikikomori, quali sono le possibili conseguenze economiche e sociali relative al mondo del lavoro

La pandemia ha fatto emergere il fenomeno degli Hikikomori i cui impatti economici e sociali sono ancora difficili da definire e quantificare.


Il fenomeno dell’Hikikomori rappresenta una novità in occidente, ed in particolare in Italia, sempre più in crescita. Non soffermandoci troppo sul fenomeno già ampiamente trattato, occorre in questa sede ricordare il fatto che colpisce in particolare i giovani, andando ad incidere non solo sulle loro capacità relazionali, ma anche e soprattutto sul comparto lavorativo. Oltre ai Neet (Not engaged in education, employment or training) e la sindemia, l’Hikikomori potrebbe essere un’altra situazione per cui i giovani rischiano conseguenze sociali ed economiche di grande importanza. 

Anche se al momento non è ancora possibile capire l’impatto economico che tale fenomeno può comportare, si può però immaginare che questo possa avere similitudini con il fenomeno dei Neet. Se da un lato, infatti, abbiamo una categoria di giovani tra i 15 e i 34 anni che non sono impiegati in nessun lavoro, percorso formativo o di ricerca del lavoro in quanto disillusi per un futuro che mai potranno conquistarsi, isolandosi rispetto alla loro futura indipendenza; dall’altro, abbiamo una categoria la cui fascia d’età è compresa tra i 14 e i 30 anni, che si isola per una propria scelta personale, poiché vive un senso di profonda solitudine psicologica che impedisce qualsiasi tipo di interazione sociale. 

È facile, quindi, ipotizzare come le conseguenze in termini d’impatto economico e sociale possano essere quasi equivalenti. Ma non è così scontato. Infatti, partendo dai numeri, i Neet in Italia sono di molto superiori (2.116.000 secondo i dati Istat al 2018) rispetto agli Hikikomori, (100.000 secondo i dati raccolti dalla Fondazione Hikikomori Italia) e inoltre, mentre il Neet non si impegna in nessun percorso formativo e professionale, disperdendo le proprie competenze e capacità, un Hikikomori, invece, è solitamente una persona che si relaziona con il mondo esterno attraverso internet, ma non per questo smette di formarsi e tenersi informato. 

Il motivo è il disagio che sta alla base dei due fenomeni: il primo è spinto da un’illusione di un futuro che non arriverà mai e per il quale, quindi, è inutile impegnarsi, l’altro invece ha il timore delle relazioni esterne che incrementano il disagio di non essere accettati dagli altri per quello che si è realmente, andando incontro a delusioni legate ad aspettative sociali mancate. 

hikikomori

È vero, però, che proprio in questo periodo estremamente difficile, molti Hikikomori «hanno vissuto un momentaneo sgravio di pressione durante la quarantena perché è venuta meno l’ansia di dover uscire e confrontarsi» – ha spiegato Marco Crepaldi, psicologo e fondatore dell’Associazione Hikikomori Italia. Ma questo non è sufficiente perché è stato solo un miglioramento momentaneo che richiederà un notevole supporto psicologico una volta che la pandemia sarà terminata. 

Se ancora, quindi, non è possibile determinare l’impatto economico e sociale di questo fenomeno, il termine Hikikomori è entrato, però, a far parte del vocabolario dei nuovi modelli lavorativi. Infatti, il lockdown forzato sembra abbia determinato una sorta di involontario Hikikomori, o Hikikomori lavorativo, che ha posto problemi soprattutto di natura sindacale, visto l’obbligato isolamento a casa. 

L’incremento di modelli di lavoro nuovi e soprattutto del lavoro agile, fra tutti lo smart working e il crowd working, hanno generato l’individualizzazione dei rapporti con conseguente segmentazione contrattuale e degli interessi. Proprio l’assenza di una sede di lavoro fisica, in un rapporto lavorativo che nasce e vive nel mondo virtuale, porta ad un ritiro sociale dei lavoratori, rendendo oggettivamente più complessa la «aggregazione di soggetti, almeno potenziale» che, secondo G. Giugni (Diritto Sindacale, Cacucci, 2004), sta alla base dell’esperienza sindacale con la difficoltà di formare una solidarietà collettiva tra i lavoratori.

In un contesto come quello che stiamo vivendo, in cui il lavoro agile si è incrementato sia nel settore privato che in quello pubblico, l’Hikikomori lavorativo potrebbe rendere ancor più evidenti le difficoltà aggregative dei lavoratori, a fronte di una generalizzata e preesistente dinamica di declino degli iscritti ai sindacati, in particolare tra i lavoratori non standard.

L’Hikikomori lavorativo, come detto, caratterizza allo stesso modo sia gli smart workers che i crowd workers; questi ultimi – di regola qualificati come lavoratori autonomi – si vedono, inoltre, interdetto l’accesso ai principali strumenti di tutela e promozione delle libertà sindacali. Fra tutti, possiamo ricordare anche il problema legato al diritto alla disconnessione.

Tuttavia, grazie proprio all’azione delle piattaforme online, si sono verificati fenomeni di veri e propri movimenti collettivi, forme di coalizione fra i lavoratori, sotto l’aspetto di gruppi di discussione virtuali privati che hanno l’obiettivo di controbilanciare le asimmetrie informative che indeboliscono la posizione dei lavoratori e il dominio socio-economico esercitato dalle piattaforme digitali. Fra le esperienze più importanti in tal senso, possiamo ricordare quella di Fair Crowd Work e Turkopticon, due Community che forniscono ai lavoratori delle piattaforme un luogo virtuale di incontro con finalità reputazionali. 

In queste piattaforme, quindi, gli utenti possono comunicare, scambiarsi esperienze e consigli sulle condizioni di lavoro applicate dalle piattaforme stesse. Vi è, pertanto, una triplice funzione della Tecnologia dell’Informazione e della Comunicazione (ICT) ovvero: l’aggregazione, il proselitismo e il contropotere. Questo sistema potrebbe essere essere riorganizzato e stabilizzato, affinché la tecnologia diventi una fase della procedura di perfezionamento di una volontà collettiva che possa essere giuridicamente rilevante. 

Concludendo, nonostante l’Hikikomori sia un fenomeno sociale che ha conseguenze psicologiche, soprattutto sui giovani, e il cui impatto economico è ancora difficile da decifrare, il mondo del lavoro agile sembra già esserne pienamente influenzato.


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