Trump bannato: termini e condizioni del silenzio

Donald Trump bannato dalle multinazionali dell’hi-tech. Possiamo stare sereni? No, ma non per il motivo che pensate: è ora di fare attenzione alle regole del silenzio.


Per una persona che vive di comunicazione, come chi vi scrive, il silenzio è importante. È importante perché può essere la pietra tombale di un concetto o un ponte per collegare le idee, perché bisogna saperlo gestire e capita che venga imposto in modo poco piacevole: perché, sempre, segue delle regole universali fatte di speranza e potere. Si è già parlato in queste pagine del potere del silenzio, ma ad oggi la domanda che scandalizza le menti di tre quarti della popolazione di questo pianeta è la seguente: è giusto che delle multinazionali zittiscano Donald Trump precludendo a lui e al suo staff l’accesso a un social media di massa? La risposta è nelle regole del silenzio. 

Quando da piccoli si giocava, gessetto in mano in classe, il potere era della comunità, che stabiliva di comune accordo che non si dovesse fiatare, che nessuno potesse esprimersi e comunicare, che l’unico a detenere il potere di parola fosse il compagno con il gessetto. Uno strumento piccolo con cui le maestre, vere detentrici dell’ordine affidato alla comunità, esercitavano il potere in modo dolce, portando la calma e dando a tutti la speranza di essere chiamati, scelti, prima o poi.

Sui social media, è esattamente la stessa cosa. Lo strumento è un prodotto industriale, che appartiene a uno o più maestri, che dispongono tutte le tecnologie per darci la speranza di essere notati in mezzo alla massa. E viene notato di più chi ha più seguito fra la comunità: a lui spetta, Presidente o no, maggiore voce in capitolo, scegliere di cosa parlare e modellare i toni. 

Regole semplici, cui ormai siamo abituati per pratica ma che sono ben descritte e definite nei cosiddetti “Termini e condizioni di servizio”. Sì, proprio quelli che nessuno legge mai, che accettiamo senza pensarci due volte, e che contengono le regole con cui i proprietari dei social media, la maestra, possono imporre il silenzio e ristabilire l’ordine indispensabile al vivere comune. 

Trump è colpevole di aver parlato in maniera scomposta, in violazione delle regole della comunità, accettate (consapevolmente o meno) da tutti. Per questo è stato punito, dal potere a cui tutti diamo credito all’interno della comunità, secondo le norme accettate dallo stesso Presidente al momento dell’apertura dei suoi account.

trump bannato

Imporre il silenzio in questo caso è “giusto”? Assolutamente sì: perché anche il Presidente della Nazione più potente al mondo deve sottostare alle regole che valgono per tutti. Quello che non è giusto sono il tempismo e le modalità con cui tutto questo è stato fatto.

Perché il Presidente è stato bannato oggi e non in tante altre occasioni che pure hanno avuto un gravissimo impatto nella vita del popolo che lo ha eletto (ricordiamo qui giusto questo fra i tanti gravi avvenimenti recenti)? Quali parametri usano i social media per stabilire quando “è troppo”?

Ecco, tutto questo è un mistero, ed è proprio questo mistero a puzzare di “sbagliato”. Le regole ci sono, ma non sono chiare ed esaustive: com’è normale in tutti i sistemi giuridici, sono soggette a diverse interpretazioni e non prevedono tutte le possibili evenienze della vita, che è strana e tortuosa. In questi casi, nei sistemi tradizionali democratici che reggono da secoli, i giudici sono chiamati a integrare il legislatore, ma secondo regole di ferro, scritte nel profondo del sistema giuridico, con sistemi di pesi e contrappesi molto forti.

I Comitati di controllo sono degli orribili palliativi che offendono l’intelligenza di tutti noi, o che semplicemente la tengono a bada, in una spettrale comfort zone. 

Zittire un politico significa zittire una parte della comunità. Per quanto sia lecito, per quanto non debba scandalizzarci che a farlo sia, in prima istanza, la corporation di turno che crea lo spazio di discussione (Trump potrà sempre citare tutti i media in tribunale e ottenere una giustizia profonda), mettere un bavaglio a un rappresentante della società è un atto così forte che non può più essere governato dal “sentire” o dall’ “opportunità”.

La comunità in cui viviamo deve assumersi le sue responsabilità e diventare matura rispetto alle nuove consapevolezze legate alle sfide poste dalla tecnologia. È ora che i social media assumano pubblicamente il ruolo di censori, che siano accountable verso le loro comunità di riferimento e seguano processi decisionali trasparenti per quanto riguarda i meccanismi che hanno un impatto sulla comunità stessa, intesa come gruppo e come singolo.

Si vis pacem, para bellum: ecco, ora che non siamo ancora in guerra è il momento di chiedere a gran voce nuove regole del silenzio, che valgano per tutti e siano comprensibili, che prevedano che la comunità, non la maestra, possa decidere a chi deve andare il gessetto se Donald fa il monello: in che modo, da quando e per quanto dovrà fare silenzio. 


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