Il talento del calabrone, il thriller italiano dallo stile d’oltre oceano

Il talento del calabrone di Giacomo Cimini ci porta dentro una situazione fatta di tensione e di piccoli giochi di potere, tra un conduttore radiofonico e un ascoltatore, Carlo: «io mi sto per suicidare».


Steph, DJ affermato e volto iconico di Radio 105 viene tenuto in pugno da Carlo che, durante un programma radiofonico, gli comunica di volersi suicidare; non vuole porre fine alla sua vita ma riscattarne una persa anni fa. Stiamo parlando de “Il talento del Calabrone” di Giacomo Cimini: una coproduzione italo-spagnola disponibile sulla piattaforma Amazon Prime Video.

«Bit time Milano, bit time Italia. Qui con voi c’è sempre il vostro Steph dallo splendido studio di Radio 105. Raga, ma che belle sono le luci di Milano, che notte meravigliosa e può esserlo ancora di più. (…) Per vincere questo regalo pazzesco dovete indovinare il posto della mia prima vacanza tutto solo, quando ero un liceale, squattrinato e triste». Steph è lo speaker e volto iconico di un programma in onda su Radio 105; il suo pubblico lo chiama per accaparrarsi i biglietti per la Milano Fashion Week.

Fra le tante ne arriva una inaspettata; dalla regia dicono si tratti di un bambino di nove anni che al ricevitore sembra essere affetto da uno strano mutismo. D’improvviso irrompe una voce «Pronto!» è quella di Carlo, ex docente di chimica all’Università, interpretato da Sergio Castellitto

Costui divaga e Steph comincia ad infastidirsi perché il format non segue la consueta struttura che lo vede protagonista e timoniere. Decide così di tagliare corto e chiudere la telefonata ma, proprio in quel momento Carlo con voce ferma lo interrompe e irrompe «No, no, per favore regia, io mi sto per suicidare». Il silenzio, la paura, le visualizzazioni incalzano, i commenti pure, la comparsa diventa protagonista, detta regole e modalità di un nuovo gioco stabilendone il montepremi. 

Carlo appare come un uomo senza affetti, senza passato e senza radici; di lui si sono perse le tracce, non si sa più nulla, e questo lo sa il Tenente Colonnello Rosa Amedei, Anna Foglietta, che guida il nucleo investigativo dei Carabinieri. 

Carlo è un illusionista: dà l’idea di guidare per la città con a bordo una bomba pronta per essere esplosa, ma in realtà è fermo ed è sopra le nostre teste; è un amante della musica classica, ma non ne è esecutore professionista nella vita. É un uomo elegante e a darne veste è il suo abito che contraddice la trascuratezza della barba. È nostalgico e le sue richieste musicali, infatti, sono il testamento di vite che non ci sono più, di affetti sepolti, di sorrisi e ricordi timidi zittiti dal dolore del presente.

Carlo è avvolto da una coltre di dolore: ha fatto della sua casa un bugigattolo in quella che ufficialmente è la sede della holding cinese Da huángfēng.

Girando la camera vediamo Steph che crolla: vuole scappare, ma gli è impossibile. Si mostra disobbediente, diventa aggressivo per velare le sue fragilità, non riesce a dominare la scena; tende a demolire l’altro per affermare sé stesso e ottenere – quantomeno ai suoi occhi – quella leadership perduta. La sua è una condotta che Carlo conosce: è quella di un bullo madido di sudore e imbastito di nervi. D’improvviso appare il nome di Giulio nell’elenco di affetti perduti, una morte prematura di cui non se ne conoscono i motivi e per cui è difficile farsene una ragione.

Giulio, una promessa della musica che affronta le difficoltà delle esecuzioni, perseverando come un calabrone che plana sul paradosso di chi «vola perché non sa di non poter volare».

Sotto il punto di vista tecnico, il film di Giacomo Cimini capovolge la tradizionale visione scenografica del cinema italiano. Il regista, figlio di anni di esperienza in terra anglosassone, ha esportato in Italia un modo diverso di fare cinema: egli ricrea un set che non esiste dando l’illusione del falso. La radio non esiste: non esiste nulla di ciò che abbiamo visto e tutto è frutto di una creazione al chiuso. 

La location delle riprese non è nient’altro che una piattaforma da cui si accede salendo le scale, al cui interno si gode dell’illusione di trovarsi dentro un grattacielo. Le uniche scene all’aperto sono state girate presso il grattacielo della BNL a Roma e, nonostante la pellicola ci dia l’idea di trovarci a Milano, il film è stato interamente girato negli studios della Capitale.

E ancora, l’automobile guidata da Castellitto non si è mai mossa: l’illusione della guida ci viene data da una piattaforma in movimento su cui è posto un pezzo dell’auto; a ciò fanno seguito le ambientazioni circostanti come frutto di proiezioni in video. Cimini fa uso dei green screen, pareti di colore verde che in post produzione, vengono riempite con immagini realizzate in computer grafica. 

Castellitto, capofila di una classe di attori di gran plauso, incarna il cattivo, cinematograficamente detto il villain, protagonista di una narrazione drammatica in un’opera inventata che pone le fondamenta sul thriller. Come tutti gli spettacoli però, anche quello del falso sta per concludersi, il pubblico corre via, il sipario sta per chiudersi e l’ultima parola va al professor De Mattei «Buona notte a tutti, spero vi sia piaciuto il concerto».