DL Agosto e misure in materia di lavoro: proroghe e novità

 
 

Pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 14 agosto, il nuovo Decreto-legge presenta ulteriori novità e proroghe di interventi a sostegno di lavoratori subordinati, autonomi e aziende.


Nel tentativo di continuare ad aiutare il tessuto imprenditoriale e i lavoratori e di risollevare l’economia del Paese, colpito dallo stop necessario a seguito della pandemia, il Governo ha disposto provvedimenti con l’emanazione del nuovo Decreto legge, il cosiddetto Decreto Agosto (D.L. n. 104/2020). Se da una parte sono il naturale proseguimento di decisioni prese a partire dal mese di marzo, dall’altro, questi provvedimenti aggiungono e introducono interventi che fanno discutere e storcere il naso a imprenditori e professionisti del settore.

La prima preoccupazione riguarda la cassa integrazione: ai datori di lavoro che tra il 13 luglio e il 31 dicembre 2020 sospendono o riducono l’attività lavorativa per gli eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica lo Stato riconosce altre diciotto settimane di cassa integrazione (ordinaria, in deroga e assegno ordinario). Le prime nove non presentano particolari requisiti per il loro utilizzo, mentre – e qui il primo limite – per poter usufruire delle ulteriori nove settimane è necessario che il datore di lavoro versi un contributo addizionale disposto in misura percentuale differente a seconda del calo di fatturato registrato nel primo semestre 2020 raffrontato al medesimo semestre del 2019.

Il contributo previsto non è però dovuto dai datori di lavoro che hanno subìto una riduzione del fatturato pari o superiore al 20 per cento e per coloro che siano in fase di start up, cioè che abbiano avviato la propria attività successivamente al primo gennaio 2019. L’introduzione del contributo addizionale, che va a finanziare il fondo degli ammortizzatori sociali, è mirato a evitare che aziende poco virtuose possano approfittare degli aiuti dello Stato senza una reale necessità.

Il limite imposto non esclude tuttavia la possibilità alternativa di optare per gli ammortizzatori ordinari ai sensi del D.lgs. n. 148/2015 che presentano, tra l’altro, un onere contributivo inferiore rispetto a quello prospettato dal DL agosto per le nove settimane di cassa integrazione. La convenienza nell’utilizzo dell’una o dell’altra eventualità è da valutare sulla base della situazione aziendale. Ciò che ha fatto più discutere nei passaggi riguardanti la cassa integrazione nel nuovo decreto riguarda il periodo di fruizione.

In base al primo comma dell’articolo 1 i periodi di integrazione salariale precedentemente richiesti e autorizzati e collocati, anche parzialmente, in periodi successivi al 12 luglio 2020, rientrano nelle prime nove settimane delle diciotto previste. Questo significa che i datori di lavoro che non hanno usufruito interamente delle prime diciotto settimane previste dal DL 18/2020 prima del 13 luglio perdono le settimane residue. Questo di certo non aiuta quelle aziende che hanno deciso di utilizzare gli ammortizzatori sociali con parsimonia e buona fede.

Un secondo blocco di disposizioni in tema di lavoro è dedicato alla proroga della Naspi e della Dis-Coll, agli esoneri dei contributi previdenziali, alle deroghe ai limiti di rinnovo e proroga del contratto a tempo determinato e alle nuove disposizioni riguardanti il divieto di licenziamento per giustificato motivo oggettivo e licenziamento collettivo.

Come preannunciato dalla Ministra Catalfo, il Decreto Agosto ha previsto una ulteriore proroga di altri due mesi della Naspi e della Dis-Coll. I lavoratori che hanno visto terminare la prestazione tra il 1° maggio e il 30 giugno 2020, a causa della sempre più complicata situazione di ripresa lavorativa, si vedranno riconosciuti una proroga del sussidio, con importo pari all’ultima mensilità spettante. Sono esclusi da tale intervento tutti coloro che hanno beneficiato delle indennità Covid, i bonus di 600 e 1000 euro a favore delle diverse categorie di lavoratori in supporto all’emergenza economica.

Dovrebbero risultare d’impatto gli articoli 3, 6 e 7 del nuovo Decreto riguardanti l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali per le aziende che non richiedono la cassa integrazione, per le assunzioni a tempo indeterminato, le trasformazioni dei contratti da tempo determinato a tempo indeterminato e per le assunzioni a tempo determinato o con contratto di lavoro stagionale nei settori del turismo e degli stabilimenti termali.

Ai datori di lavoro che tra il 14 agosto e il 31 dicembre 2020 assumono o trasformano a tempo indeterminato è riconosciuto l’esonero totale dei soli contributi previdenziali Inps per sei mesi dal momento dell’assunzione o della trasformazione. Dall’esonero sono esclusi i contratti di apprendistato, i contratti per lavoro domestico e tutti quei lavoratori che hanno avuto un contratto a tempo indeterminato nei sei mesi precedenti all’assunzione presso la medesima azienda. Si tratta di un maldestro tentativo di ridurre ancora una volta il costo del lavoro e far pesare meno alle aziende la ripresa lavorativa.

Maldestro per diverse ragioni: innanzitutto, la durata è alquanto limitata. Sei mesi di esonero è un arco temporale troppo ristretto e che, il più delle volte, convince poco. È di certo un’opportunità in più per quelle aziende che hanno già previsto un piano di assunzioni, ma risulta poco incisivo per le piccole realtà imprenditoriali. In secondo luogo, come per tutti gli esoneri e sgravi, per poter utilizzare l’incentivo si dovranno attendere istruzioni operative, senza dimenticare, inoltre, che l’esonero per il settore turismo è soggetto all’approvazione della Commissione europea. I passaggi legali e burocratici e i lunghi tempi di attesa, affinché il tutto diventi operativo e applicabile, fanno perdere la fiducia dei datori di lavoro che, al contrario, oggi più che mai necessitano di certezza e concretezza.

Il Governo pensa anche ad un altro tipo di esonero contributivo, quello per le aziende che non richiederanno più la cassa integrazione prevista dal Decreto Agosto perché, passato il primo periodo di difficoltà, adesso hanno ripreso la propria attività. L’esonero è previsto per quattro mesi fruibili entro il 31 dicembre 2020 ed è cumulabile con altri esoneri o riduzioni di aliquote, ma, anche in questo caso, per la sua applicabilità si deve aspettare l’autorizzazione della Commissione Europea.

Il Decreto Agosto prevede inoltre altri due interventi di natura legislativa che derogano la legge ordinaria: il primo riguarda la possibilità di prorogare e rinnovare per un periodo non superiore a dodici mesi, fermo restando la durata massima di ventiquattro mesi, un contratto di lavoro a tempo determinato in forma acausale, cioè senza il rispetto delle condizioni previste dal comma 1 articolo 1 del d.lgs. 81/2015 che impone, per un rinnovo o per una proroga oltre i dodici mesi, un motivo tra quelli individuati dalla legge stessa. La acausalità della proroga e del rinnovo è possibile fino al 31 dicembre 2020. Risulta invece espressamente abrogata la tanto discussa e criticata proroga automatica dei contratti a termine di un periodo pari alla durata della sospensione dell’attività lavorativa a causa dell’emergenza epidemiologica.

L’altro intervento, invece, interessa la proroga del divieto di licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo e per licenziamento collettivo, la cui prima scadenza era fissata per il 17 agosto. L’articolo 14 del presente Decreto dispone, per tutti i datori di lavoro che non hanno usufruito integralmente dei trattamenti di integrazione salariale previsti ovvero dell’esonero dal versamento dei contributi previdenziali, il divieto di licenziamento collettivo e individuale per giustificato motivo oggettivo. Si dispone il licenziamento solo nei casi di cessazione dell’attività d’impresa a seguito di liquidazione e di accordo collettivo per incentivo all’esodo cui il lavoratore aderisce.

Il divieto di licenziamento per chi non ha usufruito della cassa integrazione è stato e continua a essere oggetto di forti critiche da parte dei professionisti del settore: si sta costringendo le aziende, che non hanno avuto bisogno del tutto o in parte della cassa integrazione, a tenere in forza i lavoratori, poiché licenziare sarà possibile solo se si ha esaurito del tutto ogni possibilità ultima di aiuto che la legge prevede o che il Governo ha disposto. Il tessuto imprenditoriale è eterogeneo ed è impensabile poter disporre di un divieto così incisivo che possa valere per tutti secondo una condizione di tertium non datur.

Le norme sul lavoro appena elencate mostrano immediatamente il loro limite: la sensazione è che imprese e professionisti possono usufruire di una somma di interventi limitati e concessi a piccoli bocconi e che non permettono al tessuto imprenditoriale di progettare a lungo termine al fine di superare la crisi attuale. Una cassa integrazione concessa a singhiozzi, incentivi ed esoneri riconosciuti per un massimo di sei mesi, termini vincolanti e difficoltà operative: tutto questo rende difficile proporre come allettanti gli interventi messi a disposizione. La cassa integrazione, se paragonata alle altre misure rimane ad oggi il sostegno migliore per le aziende. Per questo motivo, l’introduzione dell’addizionale da versare è la discriminante che permette alle aziende che registrano un calo importante di fatturato, di poter continuare a sperare in una ripresa economica rispetto ad altre imprese in settori non colpiti dal Covid-19 che, al contrario, hanno registrato fatturati anche in aumento.