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Uomini che zittiscono le donne: cos’è il manterrupting

Manterrupting, o quella malsana abitudine machista che non rispetta il “tono inappropriato” di una donna. Uomini, è tempo di imparare a sostenere una discussione.


Siamo donne, oltre le gambe c’è di più. Alcuni penseranno ad uno dei successi musicali degli anni ’90 con un motivetto orecchiabile, altri ad un vero e proprio mantra del XXI secolo. Dalla prospettiva di una donna – o di un qualsiasi essere umano capace di provare empatia – ciò che risulta anacronistico è il dover ribadire questo concetto fondamentale in un’epoca in cui il femminismo e la globalizzazione viaggiano più veloci che mai e su binari paralleli. Come se non bastasse, subentrano la rabbia, la frustrazione e una sensazione di impotenza nel momento in cui a parlare delle donne come mero “oggetto del desiderio maschile” è uno psichiatra e scrittore di fama nazionale.

Il 24 giugno scorso, Raffaele Morelli – psichiatra, psicoterapeuta, filosofo e saggista italiano – durante uno dei suoi abituali interventi settimanali alla trasmissione “Non Stop News” dell’emittente radiofonica RTL 102.5, ha espresso il proprio parere, in seguito ad un’accorata richiesta da parte dei conduttori, in merito ad un aforisma della drammaturga francese Françoise Sagan che aveva suscitato reazioni contrastanti dopo essere stato pubblicato online tramite la pagina Twitter dell’emittente.

Il testo in questione recita: «Un vestito non ha senso a meno che non ispiri gli uomini a volertelo togliere di dosso». Il commento di Morelli non lascia spazio a dubbi né interpretazioni: «se una donna esce di casa e gli uomini non le mettono gli occhi addosso, deve preoccuparsi. Guai se non fosse così», concentrandosi sul concetto di “femminilità” legata al desiderio che la donna suscita – ed è specificamente tenuta a suscitare – nell’uomo, dal quale dipende la sua stessa natura e possibilità di realizzazione nella vita.

Seguendo il ragionamento dello psichiatra, una donna può aver raggiunto i propri obiettivi e concretizzato le proprie aspirazioni, ma non sarà mai pienamente soddisfatta e felice qualora non attragga l’attenzione degli uomini. Le reazioni indignate non si sono fatte attendere, tutti abbiamo sperato di sentire un velo di pentimento – o, quantomeno, di ravvedimento – in Morelli, invitato a rispondere di queste stesse affermazioni da Michela Murgia durante una puntata del “Tg Zero” di Radio Capital. Volendo utilizzare un eufemismo, si può dire che il confronto non sia andato come previsto.

Il femminile è un dato ontologico della donna, le bambine fin da piccole giocano con le bambole: affermazioni del genere che la Murgia non è riuscita a ignorare. Nel momento in cui ha provato a cercare un vero contraddittorio con lo psichiatra, chiedendo – in modo sì provocatorio ma intelligente – le ragioni di tale pensiero, l’unica risposta che ha ricevuto è stata «ora stai zitta e ascolti» prima che lo stesso Morelli interrompesse il collegamento.

Non si tratta di un episodio sporadico che ha come protagonista un uomo incalzato e interrotto, quanto piuttosto di un fenomeno strutturale della società patriarcale diffuso a livello intercontinentale e che ha un nome ben preciso. A dirla tutta, anche più d’uno: overtalking, manterrupting o nel caso in cui un uomo cerchi di spiegare cosa una donna intenda realmente dire, con tono condiscendente e paternalistico, parliamo di mansplaining. Una vera e propria forma di resistenza contro le donne negli ambiti lavorativi (e non) in cui gli uomini, storicamente, hanno sempre avuto più influenza e potere.

Questo nuovo vocabolario, inaugurato dalla quarta ondata di femminismo, per riferirsi a fenomeni esistenti da sempre e reiterati nel tempo, ha fatto sì che nascesse un dibattito in merito alla possibilità di considerare le suddette azioni come una forma di violenza di genere di stampo psicologico. Essere zittite, essere considerate meno capaci o meno brillanti in quanto donne viene percepito, da molte, come una vera e propria violenza che scuote il subconscio portando a mettere in discussione i propri successi e il proprio percorso di vita.

È pur vero che esistono donne che interrompono gli uomini, così come uomini che interrompono altri uomini; tuttavia, né gli interlocutori in questi casi vengono espressamente zittiti né sono situazioni così diffuse come il manterrupting. Inoltre, è difficile che una donna si senta talmente libera o sicura da zittire un uomo, soprattutto quando la situazione che la vede coinvolta include la presenza di mass media.

Esiste, dunque, una soluzione per tutelare il genere femminile dai soprusi verbali? Forse, ma i rimedi contemplati non prevedono che sia l’uomo a cambiare atteggiamento, bensì la donna. Dobbiamo essere noi a rispondere a tono o a interloquire civilmente per finire il nostro discorso, dobbiamo avere polso fermo e grande concentrazione, dobbiamo ignorare le parole che ci sono state rivolte.

È tempo di riprenderci la parola. Anzi, è tempo che la parola ci venga restituita con delle scuse. È tempo che il genere maschile venga educato a rispettare l’interlocutrice, considerandola sua pari e non come una donna in preda ad una crisi isterica che non riesce a controllare la sua emotività.


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Sara Sucato

Siciliana, attivista per i diritti umani, mi piace definirmi "Life enthusiast". Sempre alla ricerca di qualcosa di cui parlare (e di qualcuno che mi ascolti).