Dimmi quanta carta igienica compri e ti dirò chi sei

Abbiamo visto succedere tante cose da quando è cominciata l’emergenza Covid-19, ma una in particolare ha segnato le memorie dalla quarantena: la corsa alla carta igienica. Infatti, se in Italia è sparito il lievito a causa della “riscoperta” del forno di casa, in paesi come Regno Unito, Stati Uniti, Australia, Francia o Germania la carta igienica pare essere il bene più ricercato, con conseguente rincaro dei prezzi.

Secondo MSD la diarrea è un sintomo sottovalutato, ed è sicuramente riferito all’urgenza dovuta a questo disturbo che si sono concentrate le prime battute. Oltre l’alimentazione, i disturbi gastrointestinali dovuti anche allo stress, potrebbero favorire un massiccio utilizzo del rotolo incriminato.

Secondo una ricerca condotta da Peter Foster per il Telegraph, basata sull’analisi dei dati forniti da Confederation of Paper Industry (che comunque assicura la normale operatività del mercato), il Regno Unito è uno dei maggiori importatori di carta igienica tra i Paesi del continente europeo: l’85% della carta, equivalente a 1.1 milioni su 1.3 tonnellate totali. Il dato potrebbe sfatare a prima vista la psicosi, ma se osserviamo con più attenzione scopriamo che non è così. Svariate testate online, per spiegare il fenomeno, hanno fatto largo uso delle teorie del Dr. Taylor, professore, psicologo clinico presso l’Università della British Columbia ed autore del libro “the psychology of Pandemic”. Secondo Taylor, molti dei comportamenti che vediamo ora si sono verificati anche in precedenti pandemie, tra cui l’influenza spagnola nel 1918, che ha ucciso quasi 700.000 americani. Di tutta risposta, la popolazione in preda al panico ha assaltato negozi e farmacie per accumulare merci. Si parla ampiamente dell’«effetto gregge» che si basa, in breve, sull’imitazione istintiva ed irrazionale di un comportamento di massa. Per intenderci: se al cinema tutti corrono verso l’uscita, il singolo individuo non si ferma a ragionare sulla sensatezza o sull’utilità del gesto, ma semplicemente si mette a correre insieme agli altri.

Una differenza sostanziale tra l’attuale pandemia e quelle precedenti è l’ubiquità dei social media – la pandemia di influenza suina del 2009 è avvenuta quando molte piattaforme erano relativamente nuove – in cui Taylor vede sia aspetti positivi ma anche quelli negativi, perchè sebbene i social ci aiutino sotto molti aspetti, «ciò ha permesso il riverbero di immagini e video drammatici in tutto il mondo, gonfiando il senso di minaccia e urgenza delle persone». In pratica «tutti si preparano all’armageddon perchè pare che tutti lo facciano, quindi lo facciamo pure noi». In questa intervista all’Independent il professor Taylor afferma: «Quando ti viene presentata una pandemia, una cosa nuova e spaventosa, e il governo ci sta dicendo che non abbiamo bisogno di fare nulla di speciale per affrontarlo – basta lavarsi le mani e così via – le persone sentono il bisogno fare qualcosa da preparare. Quindi le persone stanno facendo scorta per prepararsi. Quando la gente lo fa, è inevitabile che alcune persone vadano oltre il negozio (…) la potenza della carta igienica come simbolo di preparazione e sicurezza viene amplificato dai social media – c’è un effetto valanga». Effettivamente, hashtag, meme e video relativi alla parola chiave “toilet paper” impazzano sulle piattaforme regalandoci alcune perle che abbiamo raccolto qui per voi.

Un’altra teoria arriva dal Prof. Rohan Miller e si basa sulle abitudini consumistiche che si ripercuotono sui nostri meccanismi psicologici di difesa: «Non siamo abituati alla carenza e alla scarsità, siamo abituati a essere in grado di scegliere ciò che vogliamo, quando vogliamo. Quindi la fretta di procurarsi la carta igienica è proprio data da questa mentalità da gregge volta a mantenere questo status», afferma, spiegando poi con un esempio: «Morbidi quadrati bianchi di carta igienica, commercializzati magari con immagini di cuccioli o fiocchi di neve, sono un lusso quotidiano al quale non siamo disposti a separarci mentalmente… la carta igienica non ha davvero importanza – è così in fondo alla lista di sopravvivenza rispetto ad altre cose come cibo o acqua – ma è qualcosa a cui le persone si aggrappano come standard minimo».

In America Susan Cholette, PhD in Decision Sciences alla San Francisco State University’s Lam Family College of Business, afferma: «Non c’è motivo di ritenere che tra qualche mese non avremo molta carta igienica – e continua – Realisticamente, la cosa più preoccupante è che non ci sono così tanti camion che possono consegnarla».

Sebbene il fenomeno stia interessando sociologi, psicologi, analisti di ogni sorta e categoria, prepararsi ad un presunto armageddon con un rotolo paffuto e morbido diventa sempre più difficile. In caso di “ritrovo dello stimolo”, il recluso americano che abbia composto l’allegra marcetta per tromba di dantesca memoria, si ritrova senza l’ausilio dell’intimo amico di sempre. E seduto sul trono, scruta il suo cellulare in cerca di soluzioni alternative. Tac! – letteralmente – la scoperta dell’acqua calda: il bidet. Ma non di quelli che si usano in Italia, classico sanitario di ceramica: l’aggeggio si rifà più ai dispositivi in uso in Giappone, installabili direttamente in qualsiasi water. Non è uno scherzo: molte persone hanno quindi cominciato la corsa all’accaparramento selvaggio del bidet ed in questo clima nascono slogan come “smetti di asciugarti il culo, inizia a lavarlo con Tushy”. Ma le idee alternative non finiscono qui perché ci si può imbattere anche in carta igienica riutilizzabile; un altro interessante strumento è stato creato invece dai tedeschi di Bitzrechner: questo strumento online gratuito mira a razionalizzare l’effettivo uso e quindi consumo ed acquisto della carta necessaria ad ognuno, rivelando la tendenza a sopravvalutare le nostre reali necessità.