L’ultima missione del capitano Crozier

 
 

Nei giorni scorsi, una delle notizie che ha diviso l’opinione pubblica americana è stata la vicenda del capitano Brett Elliott Crozier, comandante della portaerei americana USS Theodore Roosevelt in missione nel Pacifico. La nave si trovava in quelle acque a seguito di una “crociera” in Vietnam per il 25esimo anniversario della riapertura delle relazioni diplomatiche tra Stati Uniti e il paese asiatico. La ripresa delle relazioni diplomatiche fu voluta da Bill Clinton nel 1995, dopo circa 20 anni di interruzione, e ha portato alla sigla diversi trattati tra le due nazioni.

Il 24 marzo la Roosevelt comunicava alla Marina degli Stati Uniti che tre marinai con sintomi di insufficienza respiratoria sono risultati positivi al test Covid-19. Nel giro di pochi giorni il numero dei contagiati è salito a una dozzina di casi; così, il 27 marzo la Marina ha ordinato di attraccare nel porto di Guam, un’isola del Pacifico dipendente dagli Stati Uniti.

L’ordine intimava anche di rimanere tutti a bordo osservando la quarantena e mantenendo la distanza di sicurezza.

Tuttavia, il 30 marzo il capitano Crozier, che ricopriva il ruolo di comandante della nave dal novembre 2019, ha inviato una mail non classificata di quattro pagine per implorare i suoi superiori di evacuare la nave, affermando che non era possibile osservare le misure precauzionali a bordo di una nave affollata (l’equipaggio era di circa 4000 persone): «Non siamo in guerra. I marinai non devono morire. Se non agiamo ora, non riusciremo a prenderci cura adeguatamente della nostra maggiore risorsa: i nostri marinai. La diffusione della malattia è in corso e sempre più veloce».

La mail inviata non seguiva la catena di comando a cui il capitano faceva riferimento e il giorno dopo è trapelata al San Francisco Chronicle, che l’ha pubblicata. A seguito di ciò, il 1 aprile la Marina ha ordinato l’evacuazione della portaerei, mantenendo a bordo soltanto il personale essenziale al mantenimento del reattore nucleare, dell’equipaggiamento antincendio e della cucina.

Il giorno seguente, il segretario della Marina Thomas Modly ha sollevato Crozier dal suo comando poiché la richiesta di assistenza è arrivata attraverso canali non sicuri a una vasta gamma di persone piuttosto che rispettando la catena di comando; secondo Modly, Crozier «ha permesso che la complessità della sfida contro il diffondersi del COVID sulla nave sopraffacesse la sua capacità di agire professionalmente […] sollevando l’allarme nelle famiglie dei nostri marinai e dei Marines senza alcun piano per affrontare tali preoccupazioni».

Al suo sbarco Crozier è stato acclamato dai suoi marinai, che hanno contestato la decisione presa dalla Marina, come dimostra questo video pubblicato su Twitter.

La reazione al licenziamento di Crozier negli USA è stata ambivalente; il Wall Street Journal ha riportato che nella sede del Governo e al Pentagono, i legislatori e i funzionari hanno reagito con confusione e rabbia per il licenziamento di Crozier. Una dichiarazione congiunta di quattro democratici nel comitato dei servizi armati della Camera, compreso il presidente della commissione, il rappresentante Adam Smith, ha criticato la condotta di Crozier, affermando che «il capitano Crozier era giustamente preoccupato per la salute e la sicurezza del suo equipaggio, ma non ha gestito adeguatamente l’immensa pressione. Tuttavia, sollevarlo dal suo comando è stata una reazione eccessiva».

Lo stesso presidente Trump ha criticato la mail di Crozier affermando che non era appropriata. Tuttavia il segretario alla marina Modly, tornando sull’argomento, ha aggiunto che non vi è stata alcuna pressione dalla Casa Bianca quando è stata presa la decisione di rimuovere Crozier. Decisione presa e tutt’ora rivendicata dal segretario alla Difesa Mark Esper e dal capo delle operazioni navali Michael Gilday.

Il 5 aprile 2020, la Marina confermò che 155 marinai a bordo erano stati infettati e che 1.500 erano stati rimossi dalla nave, un numero inferiore rispetto a quelli previsti dalla Marina diversi giorni prima.

Dopo la rimozione del capitano, lo stesso Modly, il 6 aprile, si è recato sulla Roosevelt e ha tenuto un discorso all’equipaggio. In quell’occasione, riferendosi a Crozier, ha dichiarato: «se non pensava che le informazioni sarebbero state divulgate al pubblico […] allora era [o] troppo ingenuo o troppo stupido per essere un ufficiale comandante di una nave come questa [o] lo ha fatto a posta». Il commento non è stato gradito dai marinai ancora a bordo della nave né dall’opinione pubblica; intervistato in seguito Modly si è scusato, precisando come «proprio perché Crozier non è ingenuo né stupido dare l’allarme non sia stato un errore ingenuo ma sia stato fatto di proposito, al fine di attirare l’attenzione del pubblico sulla situazione della sua nave».

Non è del tutto cristallino neanche il comportamento del segretario alla Marina Modly, il quale secondo la procedura della Marina avrebbe dovuto avviare un’indagine prima di rimuovere dal comando Crozier. Questa tempestiva decisione nei confronti del capitano ha scatenato ulteriori critiche verso di lui finché nei giorni scorsi è stata avviata un’indagine del Congresso, partita dall’ufficio dell’Ispettore Generale del Dipartimento della Difesa, che ha coinvolto diversi membri del Congresso per dare la sfiducia a Modly, il quale il 7 aprile si è dimesso.

In conclusione, pare di capire che si ci sia comportati in modo impulsivo da entrambe le parti: da un lato la paura del virus e dall’altra il timore di mostrare “punti deboli” nell’organizzazione delle procedure per fronteggiare le emergenze l’hanno fatta da padrone, in una situazione che poteva benissimo – da quello che sappiamo – risolversi in altro modo.

Francesco Tronci


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