La leggenda della Truvatura, maledizioni e fortune luccicanti sull’Etna

Anche quella della Truvatura, come moltissimi racconti sull’Etna, vulcano capace di ispirare poeti, letterati e storici, è la storia di un tesoro mitico e maledetto.


La città di Catania, lo sappiamo, è ricchissima di bellezze architettoniche e naturali, ma anche di tesori preziosi, talvolta rimasti “sepolti” nella storia e fra le leggende popolari. Parliamo di grandi ricchezze in oro, gioielli e pietre preziose. E la leggenda della Truvatura fa parte di queste storie fatte di grandi fortune luccicanti ma, purtroppo, sempre irraggiungibili

Anche questa, come moltissimi racconti e testimonianze sull’Etna – vulcano capace di ispirare poeti, letterati, storici e, in ultimo, frotte di turisti – è una storia di un tesoro mitico, un racconto tramandato oralmente. La leggenda della Truvatura (letteralmente, della ricerca del tesoro) è legata a una grotta chiamata “Della femmina e del calzolaio” che è realmente presente nella vastità del territorio su cui campeggia l’Etna. Ma ancora prima della grotta, serve parlare del suo guardiano.

etna vulcano
Catania e l’Etna (1847)

L’inizio della leggenda e il ruolo del Pircante

Prima di passare ai dettagli di questo racconto fantastico della Truvatura sull’Etna, è bene sapere da dove deriva il nome e come ebbe inizio questa leggenda. “Attruvatura” o “Truvatura” sono forme diverse dello stesso vocabolo siciliano. La parola sta a indicare un tesoro dimenticato che solo un fortunato riuscirà a scoprire e liberare grazie a una parola d’ordine prestabilita. Una fortuna immensa, nascosta su un territorio impervio e vastissimo e, oltretutto, narrato nei secoli. Tutti gli ingredienti per una leggenda che può far venire l’acquolina in bocca ad ambiziosi – pure troppo – cacciatori d’oro.

Si tratta, ovviamente, di una missione più che difficile; ma ancora più complessa è quella di una figura del tutto particolare, quella del Pircante, un piccolo gnomo con poteri magici. 

Lo gnomo ha il compito di nascondere e sorvegliare giorno e notte il bottino affidatogli. Ma di che oro si tratta? La Truvatura dell’Etna ha a che fare con il tesoro che il popolo siciliano – o alcuni briganti in “rappresentanza” di questo – avrebbe nascosto quando gli Arabi giunsero in terra sicula tantissimi secoli fa. Una storia che già trasuda un curioso richiamo a epoche e rivendicazioni molto diverse da quelle medioevali. 

Esiste, inoltre, un detto siciliano che recita: “Pari un Pircanti supra a Truvatura”. Il detto sta a indicare la grande capacità del Pircante di stare fermo, immobile e, nel caso della leggenda, determinato a sorvegliare il preziosissimo tesoro.

La “caccia al tesoro” sull’Etna

Le ricchezze irraggiungibili presenti nell’Isola non potevano essere raffigurate meglio: non c’è racconto più evocativo della Truvatura dell’Etna. Il tesoro, classicamente, come abbiamo detto, ha sempre una creatura di guardia che lo protegge. Perché uno gnomo? Nel Monte Santa Maria, località del vulcano, c’è una grotta chiamata “della femmina e del calzolaio”. Si racconta che qui trovarono rifugio una ventina di briganti, insieme ai loro bottini. Rinchiusi dentro c’erano anche una donna e un uomo, un calzolaio, utili a tenere d’occhio le ricchezze. I briganti, però, vennero catturati e i due morirono di fame nella grotta. Anzi, non morirono e basta: si trasformarono in gnomi. 

Si narra che un giorno, un pastore che pascolava il suo gregge su un versante dell’Etna, scoprì per caso uno strano anello che spuntava da una grossa pietra. Incuriosito tirò il gioiello e, come per magia, apparve una grotta. Non potè che rimanere stupefatto. I mucchi d’oro che i briganti avevano nascosto erano lì, davanti ai suoi occhi. Il pastore si era convinto di essere diventato ricchissimo, per questo motivo, preso dalla frenesia, iniziò a racimolare più oro possibile riempiendosi le tasche. Come per ogni leggenda che si rispetti, qualcosa va storto per il super fortunato.

L’uomo sentì una forte voce femminile dall’interno della grotta, la femmina che dà il nome alla grotta. La voce diceva: “Viddanu, viddanu, accì ti nni vai e ti porti li dinari?”. Il pastore, a quel punto, terrorizzato dalla misteriosa voce, scappò via chiudendo in fretta la grotta con il grande masso. Il punto preciso in cui era posizionato il masso, però, non venne più ritrovato dal pastore e così anche dagli altri avventurieri che ne hanno sentito parlare. 

Della grotta e della Truvatura dell’Etna non si seppe più nulla. Il tesoro di Sicilia non è finito nelle mani di un siciliano, ma sarebbe rimasto ben nascosto in una grotta leggendaria per sempre.

Fortunatamente, non è l’unica truvatura dell’isola, anzi: la Sicilia è disseminata di tesori nascosti, dal “tesoro di Randazzo” a quello di Monreale (citato dall’artista siciliano Mario Venuti in “Bancu di Disisa”) fino alla grotta araba di Marzamemi. Nonostante le tante possibilità, però, nessun cercatore è riuscito a trovarne uno, finora. 


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