Super Tuesday, la gara entra nel vivo

Il risultato del Super Tuesday è chiaro quanto inaspettato. Dopo un inizio di campagna elettorale calante, con tutti i giornali e gli analisti a darlo per spacciato, l’ex vice presidente di Obama Joe Biden è stato protagonista di una rimonta ai danni di Bernie Sanders, il senatore del Vermont dato da molti per favorito e per cui invece adesso la strada è in salita.

A cambiare le carte in tavola è stato sicuramente l’endorsement a Joe Biden di due dei candidati alle primarie democratiche: Amy Klobuchar e Pete Buttigieg, quest’ultimo considerato tra i favoriti all’inizio della corsa e realisticamente l’unico moderato capace di tenere testa a Bernie Sanders. Dopo la vittoria di Biden in South Carolina, i voti moderati sono evidentemente confluiti su di lui.

Joe Biden ha vinto in nove dei 14 stati che hanno votato: Virginia, Alabama, Arkansas, Massachusetts, Minnesota, North Carolina, Oklahoma, Texas e Tennessee. Sanders ha vinto in California (il più popoloso tra i 14 stati), Vermont, Colorado e Utah.

La tradizione del Super Tuesday è nata nel 1988 per dare al voto delle primarie un carattere più nazionale. Da allora rappresenta un punto di svolta nel processo di selezione del candidato alla presidenza, dal momento che dopo questa giornata vengono assegnati circa un terzo dei delegati che eleggeranno il candidato del partito alle elezioni presidenziali durante la convention di Luglio. Il tutto all’interno di una cornice fatta di regole e procedure che definire complicato è dire poco. Qual è dunque il risultato di questo Super Tuesday?

Al momento, Joe Biden è in vantaggio su Sanders per numero di delegati. Seguono a distanza Elizabeth Warren e Tulsi Gabbard. Di fatto, si sta realizzando lo scenario paventato da molti analisti: l’establishment del partito democratico ha trovato il suo candidato. A maggior ragione se consideriamo che ieri l’ex sindaco di New York Michael Bloomberg, anche lui candidato alle primarie, ha mollato la gara e ha deciso di appoggiare Joe Biden.

Lo stesso Bloomberg che dopo avere speso circa 500 milioni di dollari in pubblicità e staff in poche settimane è riuscito a vincere solo in uno dei 14 stati in cui si è votato martedì (le isole Samoa americane) e che adesso utilizzerà tutte le armi a sua disposizione a sostegno di Biden, ovvero contro Sanders.

Il senatore del Vermont Bernie Sanders

Già, perché la vera battaglia adesso non è quella contro Trump ma quella interna al partito democratico. Sanders infatti è un outsider: un indipendente di sinistra, l’unico tra i candidati a definirsi socialista, che di fatto sta tentando di scalare il partito per spostarlo verso posizioni più radicali. È qui che si gioca la vera battaglia delle primarie: radicali contro moderati, socialisti contro neoliberali, populisti contro membri dell’establishment.

Tutte le altre fratture politiche su cui i commentatori si sono concentrati pur di evitare il vero tema politico ora non contano più: né l’età, né il genere né l’orientamento sessuale. Sia Biden che Sanders sono vecchi e vicini agli ottanta anni, come d’altronde è vecchio il presidente in carica Donald Trump. Se tutti sono vecchi, nessuno lo è e a contare è altro.

Dopo il Super Tuesday, tra cinque giorni si voterà in altri 7 stati e una settimana dopo in altri quattro. Se e in che modo Biden o Sanders riusciranno a macinare consensi dipenderà da una cosa: quanti elettori riuscirà a trascinare con sé Sanders. La sua scommessa era infatti quella di estendere il corpo elettorale delle primarie a tutti quei soggetti a sinistra del partito democratico pronti a esprimere una domanda di cambiamento radicale. Al momento, nonostante il suo successo tra i giovani, gli ispanici e una fetta importante della working class, Sanders non è riuscito a vincere questa scommessa: la mobilitazione è ancora al di sotto delle sue aspettative.

Un altro problema è l’atteggiamento ambiguo di Elizabeth Warren, altro candidato alle primarie su posizioni più radicali e vicine a quelle di Sanders. Nonostante abbia subito una sconfitta dietro l’altra, Warren non ha ancora deciso di abbandonare la corsa e di sostenere quello che sarebbe il candidato più vicino al suo programma. Sottraendo di fatto una fetta di voti radicali a Sanders e ostacolando un processo di polarizzazione ormai inevitabile nello scontro a due tra Sanders e Biden. La partita, dunque, è più aperta che mai.


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