Il Manchester City perde 2 a 0 contro il Fair Play Finanziario

«A seguito di un’udienza svolta il 22 gennaio 2020…la camera di giudizio, avendo preso in esame tutte le prove, ha rilevato che il Manchester City Football Club ha commesso una serie infrazioni dell’UEFA Club Licensing and Financial Fair Play Regulations, sopravvalutando i propri ricavi da sponsorizzazione nei propri bilanci e nelle informazioni sul pareggio di bilancio fornite alla UEFA tra il 2012 e il 2016. La camera di giudizio ha inoltre evidenziato che il club non ha cooperato nelle indagini».

Così recita la nota della camera di giudizio dell’UEFA Club Financial Control Body (CFCB), presieduta da José da Cunha Rodrigues e notificata al Manchester City Football Club. Con tale nota, si è certificata l’esclusione per due stagioni (2020/21 e 2021/22) dalla Champions League, accompagnata da una multa da 30 milioni di euro per la squadra del presidente Khaldun al-Mubarak.

L’annuncio, dato dalla UEFA, chiude così una partita (è il caso di dire) iniziata quasi un anno fa, quando l’organo di controllo della UEFA ha iniziato ad indagare sulle presunte violazioni del fair play finanziario da parte del club, controllato allora dallo sceicco Mansur, partendo da una serie di indiscrezioni, rese note da Football Leaks, riguardo ad accordi commerciali e sponsorizzazioni che avrebbero rimandato alla stessa proprietà. Cerchiamo di comprendere, però, cosa ha portato a questo verdetto e in che modo sono state violate le regole sul fair play finanziario. Innanzitutto, è necessario fare una prima premessa storica.

Il Fair play finanziario nasce su input di Michel Platini, ex Presidente dell’UEFA (in carica dal 2007 al 2015) che, nel 2011, specificava che il Fair Play Finanziario era «Un obiettivo con implicazioni di ampia portata come il benessere generale del calcio, purché tutti i club giochino secondo le regole, soddisfino i criteri e raggiungano un bilancio sostenibile, in modo che passione faccia rima con ragione».

Il suo obiettivo, quindi, era ed è quello di equilibrare le differenze sportive tra i club nelle competizioni europee, portando ad una maggiore competitività economico-finanziaria tra le squadre di Champions ed Europa League. Dal 2011 quindi, i club che si qualificano per le competizioni UEFA devono dimostrare di non avere debiti insoluti verso altri club, giocatori e autorità sociali/fiscali per tutta la stagione.

Michel Platini ex Presidente Uefa

Entrando più nel dettaglio, gli obiettivi principali che si prefigge il Fair Play Finanziario sono: 1) dare al sistema finanziario delle società un ordine e una razionalità; 2) stimolare l’auto-sostenibilità delle società, soprattutto a lungo termine; 3) stimolare la crescita delle infrastrutture; 3) stimolare la crescita dei settori giovanili; 4) incoraggiare la società a competere soltanto entro i propri introiti; 5) accertarsi che le società onorino gli impegni finanziari nei tempi prestabiliti; 6) diminuire le pressioni sulle richieste salariali e sui trasferimenti; 7) limitare gli effetti dell’inflazione nel mondo calcistico.

Semplicemente i club devono dimostrare di aver pagato i conti con una logica che porti al raggiungimento di un sistema di autofinanziamento, secondo il principio dell’auto-sostenibilità delle società, soprattutto a lungo termine come richiamato in precedenza. Dal 2013, sono state introdotte delle modifiche per cui i club devono rispettare anche i requisiti di break-even che, in ambito economico, significa il pareggio tra entrate e uscite totali tipiche di un’impresa o a un singolo progetto d’investimento, ma in questo caso il riferimento è alle società di calcio.

Si richiede, quindi, ai club stessi di bilanciare le spese con i ricavi e ridurre di conseguenza i debiti per la sostenibilità dei loro bilanci. Da giugno 2015, la UEFA ha aggiornato i protocolli, rivolgendosi a circostanze specifiche che includono l’incoraggiamento a investimenti sempre più sostenibili, mantenendo il controllo delle spese effettuate.

In particolare, la UEFA si riferisce a situazioni che includono club che richiedono una ristrutturazione d’impresa, che affrontano shock economico-finanziari e che operano con problemi strutturali non strettamente legati al club stesso. In questo modo e per la prima volta, il lavoro della CFCB (l’organo che ha notificato la notizia dell’esclusione alla Champions League al Manchester City) viene ampliato per includere anche quelle squadre che non si sono qualificate per le competizioni UEFA per club, ma che anticipano e hanno intenzione di parteciparvi nel futuro.

Lo stadio del Manchester City: l’Etihad Stadium

Riassumendo, il controllo delle società da parte l’Organo di Controllo Finanziario del Club (CFCB) della UEFA, viene effettuato su tre punti fondamentali: 1) nessuna presenza di debiti arretrati verso altre società, dipendenti e/o autorità; 2) fornitura di informazioni finanziarie che riguardano il futuro; 3) obbligo di pareggio del bilancio;

Michel Platini e altri dirigenti UEFA si sono più volte soffermati sul punto 3, ritenendo fondamentale che le società non investano più di quanto non permettono gli introiti. «Il problema non è l’aumento degli incassi, ma quello dei costi, che finiscono per superare i primi. Per questo abbiamo sviluppato le regole di fair play finanziario, che premiano le società gestite in modo corretto.

Sostanzialmente, tali regole dicono: Non puoi spendere più di quanto guadagni. Ridaranno una maggiore razionalità al calcio e premieranno coloro che rispettano le regole e adottano un modello di impresa sostenibile» così Gianni Infantino, ex segretario generale UEFA. Dopo l’introduzione nel 2011, il regolamento sul Fari Play Finanziario ha visto numerosi interventi di riallineamento e modifica in corso d’opera. 

Ad oggi, le società possono avere una perdita fino a 5 milioni di euro in più rispetto a quanto guadagnano in ciascun periodo di valutazione (tre anni) da parte della CFCB, più altre deroghe speciali fino al 2018 per perdite da 45 a 30 milioni, qualora il debito stesso abbia una copertura tempestiva e totale tramite contributo/pagamento diretto da parte del proprietario del club o di una parte comunque correlata al club stesso, come gli azionisti di riferimento.

È facile comprendere la motivazione della sanzione per il Manchester City per il mancato rispetto dei vincoli di bilancio connessi ad una sopravvalutazione dei ricavi da sponsorizzazione, come descritto precedentemente nella nota della camera di giudizio dell’UEFA Club Financial Control Body.

Concludendo, nel corso degli anni il fair play finanziario è stato oggetto di critiche, in quanto si ritiene che esso abbia, aumentato invece che ridotto la distanza tra i club in possesso di grandi risorse economiche. Ad ogni modo, le regole, se non rispettate, prima o poi adempiono la loro funzione e, come ha detto Michel Platini, ci saranno sempre società più ricche di altre: «tutto quello che vogliamo è che i club, più o meno ricchi, non spendano più di quanto guadagnano e che raggiungano la parità di bilancio, unico metodo certo affinché sopravvivano».

E i risultati si sono visti, perché la tendenza delle squadre di spingersi sempre più verso il pareggio di bilancio e l’autofinanziamento ha dato dimostrazione che i profitti non diminuiscano, anzi hanno raggiunto i 600 milioni complessivi a sei anni dalla nascita del Fair Play Finanziario.


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