Il giorno della memoria economica tedesca

Nel Mein Leben (“La mia vita”) pubblicato nel 1925 e poi unificato con il Mein Kampf (“La mia lotta”) nel 1933, Hitler spiega come il suo odio e pregiudizio nei confronti degli ebrei non derivasse da un qualcosa di irrazionale verso coloro che lui aveva sempre considerato come tedeschi (sebbene con un credo diverso) ma da un più lungo processo di valutazione interiore. Egli, infatti, maturò nel tempo la convinzione secondo cui il popolo ebraico fosse un popolo a sé stante, con interessi diversi da quelli dei tedeschi.

Questa convinzione può essere ricondotta alla situazione politica, economica e sociale in cui versava la Germania durante gli anni venti e i primi anni trenta del ‘900. In quel periodo, infatti, gli ebrei erano circa lo 0,9% della popolazione complessiva e si erano ritagliati ruoli di primo piano in alcuni settori dell’economia e della finanza. Anche se erano assenti nel campo dell’agricoltura e dell’artigianato, non lo erano nelle attività commerciali e dei servizi, oltre ad essere ben rappresentati nelle attività di carattere industriale.

In particolar modo tra il 1919 e il 1923, le imprese commerciali ebraiche cominciarono a crescere e, secondo lo studioso Alfred Marcus, nel 1930 le imprese nel commercio dei metalli erano per il 57,3% di proprietà ebraica, così come per il 41% nel settore dei rottami ferrosi, per il 39,4% nel commercio al dettaglio per il 60,9% nell’abbigliamento femminile.

Nel settore bancario e finanziario la presenza ebraica era evidente, in particolare all’interno della Deutsche Bank und Discontogesellschaft, che nel 1929 aveva entrambi i direttori del consiglio di amministrazione ebrei, mentre nella Darmastädter Lind Nationalbank erano di origine ebraica quattro dei dodici membri del consiglio di amministrazione, il presidente del consiglio, due assistenti e cinque membri del consiglio direttivo.

Anche nella Dresdner Bank e nella Berliner Handelsgesellschaft vi era una forte presenza ebraica, così come nella borsa: in quella di Berlino, su 36 membri del consiglio di amministrazione 25 erano ebrei e nel 1930, su 1474 clienti della borsa valori, 1200 erano ebrei. Tutto questo potere concentrato nelle mani di un piccolo gruppo, oltre a non essere nell’interesse generale, offriva a quest’ultimo occasioni di guadagno semplice di natura prettamente speculativa.

Tale struttura economica era rafforzata dal reddito, conseguentemente elevato, di questo gruppo. Inevitabilmente, queste condizioni avrebbero provocato enormi tensioni nel paese, anche in assenza di errori o reati da parte di alcuni esponenti della comunità ebraica nelle posizioni chiave dell’economia: bisogna ricordare che vi furono, in quel periodo, numerosi casi di bancarotta fraudolenta, usura, aggiotaggio e corruzione che coinvolgevano politici conniventi di origine ebraica.

Questo potere così concentrato nelle mani di pochi generò astio ed inimicizia con la popolazione tedesca e, in questo contesto, Hitler cominciò a maturare l’idea che non fossero quel popolo virtuoso che professavano di essere. Tale idea fu rafforzata dal fatto che gli ebrei erano invischiati in alcune attività illegali (ad esempio, la prostituzione viennese) ma soprattutto dalla scoperta di un’importante influenza sulla stampa, sul teatro, sulla cultura ed anche sul partito socialdemocratico attraverso i sindacati.

Fu così che Hitler realizzò che la “Nazione Germanica“, da lui immaginata, non si sarebbe potuta mai realizzare finché l’influenza così forte che avevano gli ebrei vi si fosse opposta, condizionando il volere delle masse. Non bisogna dimenticare, infatti, che anche nel mondo della cultura era presente una forte componente ebraica, specialmente nelle università di Berlino, Breslavia e Francoforte, in particolare nelle facoltà di Legge, Medicina e Filosofia.

Nelle sue farneticazioni, Hitler si convinse che fosse necessario produrre idee diverse che trasmettessero messaggi di speranza per i lavoratori, legati alla patria e al senso di appartenenza ad un grande popolo, facendo leva sull’orgoglio nazionale e sulla costruzione di un futuro migliore e di una grande Germania.

La crisi del 1929 e la convinzione che la finanza (da lui definita predatoria e controllata dagli ebrei) fosse in grado di sottomettere e devastare economicamente ogni paese al mondo, non fecero altro che rafforzare la sua idea.

In tal senso basta ricordare il boicottaggio economico contro la Germania da parte dei dirigenti delle principali organizzazioni ebraiche mondiali che, avendo intuito le manovre antisemite della Germania nazista, cercarono con il loro potere economico di mettere in ginocchio la già precaria economia tedesca nella speranza di abbattere il nuovo regime di Hitler. In risposta a questo, Hitler in persona replicò al boicottaggio ebraico in un discorso del 28 Marzo 1933, in cui il governo tedesco annunciava il contestuale boicottaggio dei negozi tedeschi ebraici in Germania.

Oggi quest’ordine viene ricordato come un puro atto di aggressione verso gli ebrei, sebbene le circostanze che lo hanno determinato fossero legate alla tragica situazione economica in cui versava la Germania nel 1933 e che i dirigenti delle principali organizzazioni ebraiche internazionali volevano sfruttare per rovesciare il regime nazista. L’economia tedesca era in ginocchio a seguito della fuga dei capitali americani provocata dalla crisi del ’29, c’erano circa tre milioni di tedeschi assistiti dallo Stato e sei milioni di disoccupati a causa dell’iperinflazione degli anni venti e della deflazione che la seguì. Sull’onda di questa situazione, lo scopo del boicottaggio ebraico era quello di portare alla caduta del regime nazista in Germania.

Tutto questo convinse Hitler che non ci fosse alcuna possibilità d’integrare gli ebrei nella futura Nazione tedesca da lui immaginata. Le idee che avevano già iniziato ad esprimersi nel 1923 presso l’Università di Monaco (prima cattedra tedesca di “Igiene razziale” in cui lavorò Josef Mengele) iniziarono a diffondersi, alimentando la ruota dell’odio che tutti noi oggi conosciamo.

Gli ebrei erano descritti come una “stirpe bastarda, totalmente avulsa dal contesto europeo, caratterizzati dalla sorprendente capacità di entrare nella mente degli altri uomini e guidarli secondo il loro volere”, dunque non in linea con il pensiero hitleriano. Ciò che ne seguì è la tragica storia di sterminio che tutti noi conosciamo, che dovremmo continuare a ricordare e che speriamo non venga mai dimenticata. Ciò che accadde durante quel periodo storico è la dimostrazione di come l’intolleranza si accanisca contro chi riesce a intuirla, smontarla, esporla, in tutta la sua meschina stupidità e crudeltà.


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