Russia 2018 | Perché Putin si è candidato da indipendente

Di Pietro Figuera Per la prima volta, il Presidente russo non si è candidato sotto l’ombrello del partito Russia Unita, ma da indipendente. Abbiamo chiesto le motivazioni di questa scelta (e più in generale il momento politico che sta vivendo Putin) a Mauro De Bonis, giornalista e redattore di Limes.

Il primo marzo, a meno di tre settimane dalle elezioni presidenziali, Vladimir Putin terrà un discorso alle camere congiunte, durante il quale dovrebbe illustrare i suoi piani (da rieletto) per il futuro. Un’azione evidentemente correlata al calendario elettorale. Sarà un momento importante o un passaggio come altri, dato che Putin ha già usufruito di tale tribuna una dozzina di volte?

«Sarà certamente un momento importante, soprattutto se questo sarà il suo ultimo discorso da candidato alla presidenza della Federazione. Se dovrà cioè convincere i più scettici a fidarsi ancora della sua gestione del paese. I temi da affrontare sono tanti e molti dolorosi, come una situazione economica non più rosea come un tempo, quando la crescita del benessere era stato il fiore all’occhiello del leader del Cremlino. Altri possono essere sbandierati come un vanto, dal riconquistato peso strategico in Medio Oriente, e non solo, al ritorno a casa della Crimea. Altri ancora possono servire per stringere il popolo ancora intorno al suo leader: parliamo del sentimento sempre più diffuso di accerchiamento che i russi avvertono in questi anni, con il fronte europeo sempre più ostile e quello orientale che si appresta a diventarlo.

Sarà interessante inoltre se Putin confermerà la sua uscita di scena alla scadenza del prossimo mandato nel 2024, quando avrà 72 anni. Questo significherà che nei prossimi sei anni di presidenza il leader russo dovrà scovare e far crescere il suo successore, se non lo ha già fatto, e realizzare la promessa di modernizzare e far funzionare a dovere economia e istituzioni sociali.

Stiamo comunque ragionando su qualcosa che deve ancora accadere, come, se pur scontata, la sua quarta elezione a presidente».

Com’è noto, il presidente russo in questa tornata ha deciso di ricandidarsi come indipendente, rinunciando così all’iter semplificato previsto per i candidati appartenenti ai partiti già presenti nella Duma. Una mossa ridondante, o forse dettata dalla volontà di seguire il trend anti-establishment ormai diffuso su scala globale?

«Il suo partito Russia Unita non naviga proprio in buone acque e lo scarso apprezzamento popolare per l’operato del governo ha probabilmente spinto Putin a tenersi a distanza. Una decisione che può essere stata presa anche per rafforzare la sua immagine di leader super partes.

L’infallibilità del leader supremo è un dogma da secoli presente nella società russa. Anche ai tempi di Stalin, tra i sovietici era diffusa la convinzione che il segretario del partito comunista fosse tenuto all’oscuro delle decisioni più ingiuste e controverse. Un retaggio in qualche modo persistente, data l’attuale disparità tra gli indici di gradimento verso Putin e verso il governo presieduto da Medvedev? O si tratta piuttosto di una situazione contingente, dovuta allo scarso appeal mediatico del primo ministro e al simultaneo successo personale del Presidente?

«Putin ha rappresentato, e rappresenta, per la maggioranza dei russi l’uomo che ha salvato la Federazione da una catastrofica resa all’Occidente dopo la caduta dell’Unione Sovietica. Di aver tirato fuori il paese dalle sabbie mobili in cui si era impantanato negli anni ’90, di averlo fatto tornare a contare nel mondo e soprattutto di aver alzato il tenore di vita di buona parte della popolazione. È stato e sarà difficile per chiunque prendere il suo posto».

La decisione del Levada Center di non pubblicare più i risultati dei sondaggi relativi alle prossime presidenziali è stata chiaramente presa in seguito a pressioni politiche, oltre che per rispettare la legge sull’influenza di agenti stranieri nella politica interna russa. Anche se Putin non ha nulla da temere dai suoi avversari, questo evento potrebbe dimostrare un certo nervosismo. Le incognite provengono soltanto dall’astensionismo?

«I timori sono certamente legati a una possibile significativa diserzione dei seggi elettorali. E a un calo di consensi per il presidente uscente. Si teme inoltre che le proteste fin qui registrate nelle maggiori città russe possano ripetersi e che la generazione nata a cavallo e subito dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica decida di prendere in mano le redini del proprio futuro ed essere più rappresentata in campo politico. Per questo si è anche fatto di tutto per escludere dalla corsa presidenziale il blogger Naval’nyj, figura certamente controversa che non avrebbe avuto chance di vincere la consultazione, ma che catalizza i malumori di quella fetta di elettorato frustrata dalla consapevolezza di non riuscire a vedere un cambio nella leadership del paese».